Anthony Levandowski: ecco uno dei patron delle driverless car. Persino Google e Uber hanno fatto a gara per accaparrarsi la sua creatività e genialità. E pensare che tutto cominciò grazie a una telefonata di sua madre.
“Mia madre mi chiamò e mi disse che c’era una gara di robots e che sarebbe stata interessante per farmi conoscere.” così ricorda Anthony Levandowski. Quella gara era la prima di tre grandi eventi organizzati dal settore ricerca del Pentagono (DARPA) nel 2004, per la competizione di auto senza conducente a lunga distanza. “Ero entusiasta, di sicuro questo è il futuro pensai.” Così grazie all’aiuto dei suoi amici ingegneri dell’Università della California, a Berkley, Levandowski costruì “Ghostrider”, una moto da 90 cavalli dell Yamaha, modificata con sensori di movimento, telecamere e GPS per permettere la guida senza conducente. Aveva scelto un due ruote perché credeva che le squadre con maggior supporto finanziario non avrebbero avuto problemi a costruire self-cars su quattro ruote.

“Mi aspettavo che quel problema sarebbe stato risolto il giorno della gara”. Dice Anthony Levandowski. “Si è trattato di un errore di calcolo, perché dopo 12 anni si pone ancora il problema.” Nessuna delle decine di veicoli concorrenti finì la competizione, nemmeno Ghostrider, che si trova ora in Smithsonian, arrivò in finale. Ma tuttavia Levandowski trovò la sua vocazione. “Non sapevo dove stavo andando ma sentivo che quella strada avrebbe definitivamente cambiato le cose.” E nel 2016 il cambiamento non si è fatto attendere. Uber ha da poco annunciato che a fine mese le self-cars porteranno a spasso i clienti a Pittsburgh. E chi potrà mai essere il capo-progetto con milioni di dollari di finanziamento per l’automatizzazione dei trasporti e della consegna di prodotti e servizi a lunga distanza?
Niente di meno che Anthony Levandowski. ” Nel giro di 30 anni, ogni singola macchina sarà autonoma. Questo è del tutto evidente.”, dice Levandowski che era l’ingegnere responsabile della prima self-car di Google.
“Ma ci vorrà ancora molto tempo prima che questa tecnologia sia onnipresente. Si tratta di una di quelle cose che sopravvalutiamo nel breve, ma sottovalutiamo nel lungo periodo“.