Sapevi che l’Anoressia Nervosa è un disturbo psichiatrico a tutti gli effetti? E, più importante, sapevi che è uno dei disturbi psichiatrici con il più alto tasso di mortalità? Le conseguenze dell’anoressia nervosa sono molte e non riguardano soltanto la sfera psichica. Al contrario, le conseguenze più gravi di questo disturbo sono da ricercare sul piano medico e sono dovute principalmente alla denutrizione. Scopriamo insieme cos’è, nella pratica, l’anoressia nervosa e come deve essere affrontata.
IN BREVE
Indice
I SINTOMI “FIRMA” DELL’ANORESSIA NERVOSA
Nell’anoressia nervosa, così come in altri disturbi, sono presenti alcuni sintomi che possiamo definire sintomi “firma” in quanto la distinguono dagli altri disturbi, specialmente dagli altri DCA. Vediamo insieme quali sono.
L’Indice di Massa Corporea
Il sintomo primario dell’anoressia nervosa, secondo il DSM-V ed altri manuali diagnostici, è senza dubbio la grave riduzione dell’Indice di Massa Corporea (IMC, in inglese Body Mass Index o BMI) che si trova consistentemente e per lunghi periodi di tempo al di sotto della soglia del normopeso. La soglia di normopeso è stata individuata dalla World Health Organization (WHO) tra il 18.5 e il 24,9: si calcola l’IMC dividendo il peso corporeo per il quadrato dell’altezza, quindi un adulto alto 1,75 m è considerato normopeso se il suo peso corporeo oscilla più o meno tra i 57 e i 76 chilogrammi. Il margine è piuttosto ampio, perché in base alla propria costituzione (quindi densità delle ossa, massa muscolare, ecc.) il peso forma può notevolmente variare. Però, nel caso dell’anoressia, l’IMC è un grande “campanello d’allarme” perché può scendere di molto sotto la soglia del normopes. Per rendere l’idea, un adulto alto 1,75 m ha un IMC di 15 se il suo peso corporeo è di 45 chili. Nelle strutture dedicate al trattamento dei disturbi della nutrizione e dell’alimentazione troviamo pazienti con livelli di gravità estremi che possono raggiungere persino IMC al di sotto del 14. Questo comporta una grande fragilità dell’organismo, che si manifesta attraverso problemi cardiocircolatori (es. versamenti pericardici), sistemici (es. osteoporosi), ormonali (es. amenorrea, ipertricosi), alcuni dei quali molto gravi e potenzialmente fatali.
La Restrizione
L’altro sintomo “firma” dell’anoressia restrittiva è appunto la restrizione alimentare: mangiare poco, mangiare solo alcuni cibi, mangiarli sconditi, mangiarli sminuzzati, fino a non mangiarli proprio. Persone affette da anoressia nervosa possono arrivare a digiunare per giorni e giorni, fino a che l’unico intervento possibile diventa un ricovero in pronto soccorso con alimentazione tramite sondini naso-gastrici o flebo. La restrizione alimentare è un sintomo molto complesso, ed è la manifestazione di una patologia che varia da un individuo all’altro, rendendo difficoltoso il trattamento di questo disturbo (che affronteremo più nel dettaglio tra poco). E fino a qui, probabilmente, le informazioni non sono nuove. L’anoressia è un disturbo sempre più conosciuto e le immagini che saltano in mente sono senza dubbio quelle di una persona così magra da dar l’impressione che le ossa le possano forare la pelle da un momento all’altro. Ci sono però altri sintomi “classici” dell’anoressia che sono forse meno conosciuti.
Gli altri sintomi
Tra i sintomi “classici”, ma meno conosciuti, dell’anoressia nervosa abbiamo l’iperattività volta a massimizzare il consumo di calorie. Individui con anoressia nervosa tenderanno a sedersi raramente, e anche quando lo faranno una parte del loro corpo (spesso le gambe, o i piedi) continuerà a muoversi, come fosse un tic nervoso. Tenderanno a camminare quando sono al telefono, ininterrottamente, per lunghi minuti. Tenderanno a fare moltissimi addominali con l’intento sì di bruciare calorie, ma anche di enfatizzare l’assenza di pancia. Non è raro che queste persone si rovinino i tendini nell’iperattività, o mostrino lividi o calli sulla schiena per gli addominali. L’iperattività fa parte delle cosiddette condotte compensatorie, che includono anche il vomito auto-indotto e l’uso di lassativi per eliminare il cibo dal corpo. Nonostante le condotte compensatorie siano spesso ricondotte alla bulimia nervosa, sono a volte messe in atto anche da persone che soffrono di anoressia. In effetti, esistono due tipologie distinte di anoressia nervosa: la prima, detta anoressia restrittiva, è caratterizzata appunto da restrizione (diete ferree) e dall’assenza di condotte compensatorie; la seconda, detta anoressia purgativa (binge-purge in inglese) o anoressia atipica, comprende anche la messa in atto di condotte compensatorie ed abbuffate, che per la maggior parte sono soggettive (per una persona che soffre di anoressia nervosa, un pasto completo e adeguato può essere percepito come “troppo” e quindi come un’abbuffata). Le condotte autolesive sono frequenti, così come sintomi d’ansia, ossessivo-compulsivi e depressivi, nonché l’uso e abuso di sostanze. È quasi onnipresente il dismorfismo corporeo (detto anche dismorfofobia). Riassumendo, l’anoressia si presenta come un quadro psicopatologico molto complesso la cui pericolosità non risiede soltanto nella sfera psicologica ma, al contrario, intacca biologicamente il corpo e talvolta in maniera irreversibile.
LE FAQ SULL’ANORESSIA: QUANDO, COME, PERCHÉ
Quando si parla di anoressia nervosa, alcune domande vengono poste con una discreta frequenza. Cerchiamo di dare una risposta quanto più chiara possibile, riassumendo quello che sappiamo su questa malattia. È importante tenere presente che si stanno ancora svolgendo molte ricerche e che alcune delle dinamiche sottostanti non sono ancora state del tutto chiarite.
Quando insorge l’anoressia nervosa?
Nonostante esistano casi precoci e tardivi, l’epidemiologia ci insegna che la maggior parte degli esordi si verifica tra l’adolescenza e la prima età adulta, nell’arco tra i 15 e i 25 anni. La tardiva richiesta d’aiuto rende piuttosto difficile stabilire con certezza l’età d’esordio. Come è risaputo, l’anoressia nervosa colpisce principalmente individui di sesso femminile (la proporzione è di circa 10 a 1), per tanti motivi che sono tuttavia per la maggior parte ipotetici. Si pensa che una grande influenza la abbiano i mass media e gli standard di bellezza tipici delle società occidentali industrializzate: nei paesi in via di sviluppo il tasso di incidenza di questa patologia è decisamente più basso e talvolta inesistente. In ogni caso, negli individui di sesso femminile, il momento del menarca sembra avere una grande importanza nell’esordio dei disturbi della nutrizione e dell’alimentazione, specie per quanto riguarda l’anoressia nervosa.
Come insorge l’anoressia nervosa?
Non è sempre facile rispondere a questa domanda. La maggior parte dei pazienti con anoressia o bulimia nervosa posticipa di molto la richiesta d’aiuto, e raramente la muove in autonomia. I disturbi della nutrizione e dell’alimentazione – specie l’anoressia – sono spesso egosintonici, ovvero in sintonia con i bisogni dell’Io. Questo significa che la malattia risponde, in modo sicuramente disfunzionale e dannoso, a delle domande, richieste o desideri psichici, molto spesso inconsci, che altrimenti resterebbero senza risposta. In altre parole, fornisce alle persone uno strumento per far fronte a problematiche sottostanti che altrimenti si rivelerebbero troppo dolorose da affrontare. Queste problematiche possono essere traumi non elaborati, violenze, abusi, o angosce di altro tipo, e variano ampiamente da una persona all’altra – è comunque possibile individuare temi ricorrenti, che non è adeguato affrontare qui. Nonostante le difficoltà, si possono individuare alcuni sintomi prodromici (ovvero precedenti all’insorgenza conclamata) dell’anoressia. Tra questi, abbiamo diete frequenti, incremento dell’attività fisica, estrema attenzione ai valori nutritivi degli alimenti (specie le calorie), pensiero costantemente rivolto al cibo (è possibile che a pazienti con anoressia nervosa piaccia cucinare, molto spesso dolci; Irene di Masterchef Italia 10 può essere un esempio di questa caratteristica), sopravvalutazione dell’importanza della magrezza (il pensiero che la magrezza faccia acquistare “valore”, o di non valere niente se non si è estremamente magri).
Perché insorge l’anoressia nervosa?
Trovare una risposta a questa domanda è ancora più difficile di quanto non lo fosse per la precedente. Le cause sono molteplici e, nonostante esistano denominatori comuni, è difficile individuare eventi, caratteristiche di personalità o strutture sociali che se presenti portino inevitabilmente al disturbo. Come per la maggior parte dei disturbi mentali, vale il modello biopsicosociale. I disturbi, in altre parole, derivano da complesse interazioni di fattori biologici, genetici, sociali e psicologici che non sempre possono essere del tutto identificate e delineate. Quel che è certo è che subire traumi importanti, come abusi sessuali o maltrattamenti, può aumentare di molto il rischio di sviluppare questa malattia; altrettanto certo è che non tutti coloro che subiscono maltrattamenti sviluppano poi un disturbo alimentare: ogni individuo è diverso dall’altro e trova le sue strategie per fronteggiare i propri eventi traumatici. Le dinamiche familiari giocano un grande ruolo nello sviluppo dei disturbi dell’alimentazione e della nutrizione, motivo per cui spesso si sceglie di adottare una terapia familiare durante il trattamento – anche se questa strada non è sempre percorribile. Altri fattori di rischio possono essere individuati in professioni e occupazioni che incoraggiano la magrezza (per es. la danza classica o il lavoro di modella/o) e la presenza di disturbi d’ansia e ossessivi in parenti di primo grado. Esistono anche caratteristiche che sono state riscontrate in un gran numero di pazienti con anoressia nervosa e che quindi potrebbero avere un ruolo nell’esordio. Tra questi, il perfezionismo, l’alessitimia (l’incapacità di riconoscere le proprie emozioni), la disregolazione emotiva (la mancanza di adeguate strategie di regolazione delle emozioni) e la scarsa consapevolezza enterocettiva (ovvero l’incapacità di riconoscere ed interpretare i segnali che derivano dal proprio corpo).
COME SI AFFRONTA L’ANORESSIA NERVOSA?
Se si soffre di anoressia nervosa, il primo passo è la richiesta d’aiuto al sistema sanitario nazionale. Come accennato precedentemente, le richieste d’aiuto vengono generalmente poste molto in ritardo, anche di anni, rispetto all’esordio del disturbo; questo peggiora notevolmente la prognosi. Varie ricerche evidenziano come il riconoscimento precoce di un disturbo, e quindi il suo trattamento nelle prime fasi o addirittura nelle fasi prodromiche, porti a tassi di guarigione notevolmente più alti e, a volte, possa prevenire del tutto lo sviluppo di una patologia completa.
A chi mi rivolgo?
L’Istituto Superiore di Sanità (ISS) mette a disposizione un numero verde per la richiesta d’aiuto specifico per disturbi della nutrizione e dell’alimentazione, principalmente anoressia nervosa, bulimia nervosa e disturbo da alimentazione incontrollata; potete trovare il link alla pagina e al numero verde tra le fonti di questo articolo. L’ISS ci dice che a rispondere al telefono non è soltanto un medico o uno psicologo, ma diversi professionisti specializzati nel trattamento e nella diagnosi dei disturbi alimentari. Il che ci porta al prossimo punto: il trattamento dei disturbi alimentari deve reggersi sul lavoro di équipe multidisciplinari che possano trattare con successo i diversi aspetti del disturbo. Abbiamo quindi lo psicoterapeuta, lo psichiatra, il medico nutrizionista, il dietista, l’educatore; tutte figure professionali indispensabili al trattamento completo e approfondito di questa classe di disturbi. In Italia esistono numerose strutture specializzate nel trattamento dei disturbi alimentari, molte delle quali sono di tipo residenziale. Questa tipologia di strutture offre diversi vantaggi nel trattamento dei disturbi alimentari, tra cui l’allontanamento dalle dinamiche familiari (che, come accennato, possono essere collegate all’insorgenza del disturbo) e la possibilità di rieducare i pazienti ad un’alimentazione adeguata e regolare pasto dopo pasto, aiutati dalla presenza di una rete di supporto che li faccia sentire al sicuro nello sperimentare le proprie sensazioni interne. I vantaggi di una struttura residenziale non finiscono qua, ma sono così tanti che ci si potrebbe scrivere un libro.
Alcune scuole di psicoterapia si sono rivelate più efficaci di altre nel trattamento dei disturbi alimentari, prima fra tutte la terapia cognitivo-comportamentale. Questo orientamento psicoterapeutico risulta particolarmente versatile in quanto fornisce obiettivi “standard” da raggiungere, favorendo così il superamento graduale della malattia. Tra le tecniche cognitivo-comportamentali, una molto interessante è quella del diario alimentare: al paziente viene chiesto di compilare un diario con tutte le informazioni relative ai pasti, inclusi dettagli sulle quantità di cibo. Inoltre, viene chiesto al paziente di inserire all’interno del diario i pensieri negativi legati al pasto e le emozioni provate prima e dopo, che verranno poi analizzate con il terapeuta durante le sedute. In generale, si tende ad assegnare dei “compiti” da portare a termine a casa, per poter migliorare passo passo. Specie per quanto riguarda le terapie di orientamento psicodinamico o psicoanalitico, non è sempre facile certificare i miglioramenti o le guarigioni. Non sempre sono presenti obiettivi o traguardi prefissati che possano stabilire con certezza se una terapia abbia funzionato o meno. In ogni caso, e per ogni orientamento, i tassi di ricaduta e cronicizzazione nell’anoressia sono molto alti, ed è importante tenere a mente che una psicoterapia da sola non sempre riesce a risolvere il problema. Come già detto, è fondamentale che l’approccio alla cura sia seguito da équipe multidisciplinari. Inoltre, i genitori (o i caregiver primari) vengono tirati in ballo quando possibile, tramite sedute di psicoterapia familiare (quindi in gruppo) o tramite interventi mirati esclusivamente ai genitori. Si adotta questa strategia sia per aiutare i genitori nella gestione del figlio o della figlia che per cercare di modificare le dinamiche disfunzionali che renderebbero più difficile la guarigione.
Alcune raccomandazioni
È importante tenere a mente che questo disturbo è molto pericoloso, anche per via degli alti tassi di tentativi di suicidio associati. È quindi di fondamentale importanza, se ci si rende conto di soffrire di questo disturbo o se si hanno rapporti con qualcuno che ne soffre, rivolgersi al Sistema Sanitario Nazione, alle Unità Sanitarie Locali o a psicoterapeuti privati, che sapranno guidare la persona sulla via della guarigione. Si può guarire da questi disturbi, e prima ci si rivolge ad un aiuto esperto più sono alte le probabilità di migliorare e recuperare la propria vita. L’anoressia nervosa si presenta inizialmente come un’amica, dandoci l’impressione di aiutarci a riprendere il controllo sulla nostra vita, ma ha la terribile tendenza a prendere infine il controllo su di noi. Non lasciarsi sconfiggere dal mondo che ci circonda è fondamentale, ma occorre scegliere bene gli alleati.
Fonte
- DSM-5
American Psychiatric Association, 2013 - PDM-2
Lingiardi & McWilliams, 2016 - The case for early intervention in anorexia nervosa: theoretical exploration of maintaining factors (Treasure & Serpell, 2011)
Cambridge University Press - Staging of Mental Disorders: Systematic Review (Cosci & Fava, 2013)
Karger – Psychotherapy and Psychosomatics