Il disturbo borderline è uno dei più complessi disturbi della personalità e tra oscillazioni dell’umore e paura dell’abbandono è capace di influenzare sia chi ne soffre sia i suoi famigliari e affetti in maniera significativa. Le terapie sono generalmente di tipo farmacologico e psicoterapeutico, con miglioramenti che possono arrivare soltanto a distanza di anni. Uno studio sembrerebbe far luce sui meccanismi neurobiologici dietro questo disturbo, e la risposta sembrerebbe celata in un’alterazione dell’amigdala e dell’ippocampo.
IN BREVE
Indice
DISTURBO BORDERLINE DI PERSONALITÀ: COS’È?
Il Disturbo Borderline di personalità (DBP) è classificato dagli Psichiatri come un disturbo di personalità caratterizzato da una continua oscillazione tra positivo e negativo della propria visione di sé, delle proprie relazioni interpersonali, da una forte impulsività, da tendenze autolesioniste e da una marcata paura dell’abbandono. Si manifesta generalmente durante l’adolescenza, sebbene in questa fase sia difficile da diagnosticare in quanto può essere facilmente confuso con disturbi di entità più lieve o con disturbi dell’umore. Generalmente la prima diagnosi si ha dopo i 18 anni. La vita del soggetto borderline è sicuramente complessa, in quanto ogni emozione, persino quello più facili da gestire, vengono percepite come amplificate, e talvolta possono palesarsi vere e proprie manie di persecuzione ingiustificate, date dalla tendenza, tipica del disturbo, a non fidarsi delle altre persone. Viene diagnosticato per il 75% in individui di sesso femminile.
Comportamenti tipici
Tipica del borderline è, oltre alla paura estrema dell’abbandono, l’incapacità ad essere costante nei propri obiettivi di vita, in quanto la sua determinazione risente pesantemente degli sbalzi d’umore e dell’alternanza di idealizzazione e svalutazione nei confronti della vita, degli affetti, e delle proprie idee. Infatti non è raro notare in pazienti affetti da questo disturbo l’improvviso attaccamento a persone che considerano “salvifiche” nei loro confronti, mostrando quindi un’estrema idealizzazione, salvo poi svalutare quelle stesse persone in brevissimo tempo, arrivando persino ad odiarle, talvolta momentaneamente, talvolta in maniera permanente. Questo accade in quanto il borderline è costantemente portato a vivere per estremi: esistono solo il bianco ed il nero, nessuna via di mezzo. Un’altra caratteristica tipica del disturbo è la dissociazione del soggetto, ossia lo sviluppo di una nuova personalità che soppianti la precedente, con conseguente cambiamento di idee, di opinioni e di modo di porsi. Questo fenomeno può accadere anche in risposta all’idealizzazione di una nuova conoscenza, per ricevere le attenzioni della quale, il borderline ne assume in toto il pensiero. Non è raro che il soggetto borderline possa arrivare a creare falsi ricordi ed autosuggestioni come meccanismo di risposta a stress emozionali. Sono noti diversi casi giudiziari in cui le presunte vittime avevano segnalato episodi di violenza o maltrattamenti rivelatisi poi falsi.
COME SI DIAGNOSTICA IL DISTURBO BORDERLINE DI PERSONALITÀ
La diagnosi deve essere fatta da uno Psichiatra dopo un’attenta valutazione della storia del paziente e attenti colloqui individuali. Il DSM, il Manuale diagnostico e statistico dei disturbi mentali, arrivato oggi alla sua quinta edizione e redatto dall’American Psychiatric Association, stabilisce 9 sintomi tipici del disturbo borderline di personalità, almeno 5 dei quali devono essere presenti nel soggetto affinché si arrivi ad una diagnosi precisa. Questi criteri sono:
- Instabilità nelle relazioni interpersonali, con oscillazione tra idealizzazione e svalutazione dell’altro
- Sforzi disperati per evitare l’abbandono, vero o presunto
- Instabilità nella percezione di sé
- Impulsività e conseguenti comportamenti dannosi (droghe, sessualità promiscua, relazioni con sconosciuti, bisogno compulsivo di beni materiali, alcol)
- Autolesionismo e pensieri suicidari (non è raro vedere cicatrici e tagli sul corpo del borderline, autoinflitti in quanto spesso il dolore è l’unico strumento con cui si convincono di poter ovviare alla loro sofferenza emozionale)
- Percezione di vuoto esistenziale
- Impossibilità a controllare la propria rabbia
- Dissociazione in relazione al forte stress
RIPERCUSSIONI SULLA QUALITÀ DELLA VITA
Sembrerebbe che nei soggetti affetti dal disturbo borderline di personalità, senza adeguato trattamento o una cura adeguata, i sintomi di instabilità inizino a regredire spontaneamente dopo i 40/50 anni di età, con una quasi totale guarigione entro 10 anni dalla regressione sintomatica per la metà degli interessati. C’è però da considerare che l’aspettativa di vita media del soggetto borderline è di 20 anni più bassa di chi non è affetto da tale problematica. Questo avviene perché il tasso di suicidio tra i borderline è del 5/10% dei casi clinici, e una percentuale che va dal 40% all’85% dei malati mette in atto tentativi di suicidio multipli nel corso della propria vita, che spesso hanno esiti fatali. Nei soggetti che hanno sofferto di disturbo borderline con almeno 60 anni di età, il tasso di suicidi è quasi totalmente azzerato.
Relazioni affettive
I rapporti affettivi con un soggetto affetto da DBP sono estremamente complessi da mantenere, soprattutto in assenza di sostegno da parte di strutture specializzate. Non è raro infatti assistere ad escandescenze improvvise che precipitano in stati d’animo di estrema calma nel giro di poche ore, o addirittura minuti. In amore, il paziente DBP tende a legarsi in maniera estrema al suo partner durante la fase di idealizzazione, manifestata sotto forma di attaccamento estremo e fobia dell’abbandono, gelosia morbosa, progetti di vita prematuri, e allo stesso tempo ad esserne deluso in maniera altrettanto estrema durante la fase di svalutazione, che può inizialmente avvenire a fasi alterne, e infine in maniera definitiva. E’ importante in questo non colpevolizzare la persona affetta dal disturbo in quanto le oscillazioni emotive non dipendono dalla sua volontà ma da pulsioni incontrollabili che hanno origine nella sua psiche come meccanismo di risposta a traumi subiti.
Disturbo borderline di personalità e maternità
È da menzionare come le donne affette da DBP hanno elevata difficoltà a gestire la maternità, in quanto i picchi ormonali che si raggiungono durante la gravidanza vanno ad aggiungersi alla già pre-esistente condizione di stress perenne: questo si traduce in alta possibilità di aborti spontanei, ingestione di sostanze dannose e sensazione di corpo estraneo. Non è raro, per giunta, che dopo il parto le donne borderline possano provare dissociazione nei confronti del bambino, sensazione tipica della depressione post-partum, e arrivare persino a fargli del male.
SI PUÒ GUARIRE?
Si può guarire dal disturbo borderline di personalità? Difficile dare una risposta univoca. Il concetto di “guarigione” in Medicina indica l’uscita totale dallo stato di malattia, ma se si parla di disturbi mentali la situazione è più complessa. Nel caso del DBP il paziente deve affrontare anni di terapia prima di vedere qualche miglioramento significativo, e deve aspettarsi di essere costantemente soggetto a ricadute, con conseguenze sui propri affetti e sulla propria carriera. Il trattamento odierno si dirama in due vie complementari, quella psicoterapeutica e quella farmacologica.
La terapia psicoterapeutica comprende:
- Terapia dialettico-comportamentale: Sessioni di psicoterapia settimanali, in cui il soggetto deve imparare tecniche di gestione dello stress e tentare di controllare i propri comportamenti impulsivi.
- Training emozionale: Terapia di gruppo in cui i soggetti parlano dei flussi emotivi percepiti durante esperienze sia positive che negative. L’obiettivo è cercare di realizzare l’irrazionalità dei loro pensieri negativi.
Per quanto riguarda l’aspetto farmacologico, si usano in maggioranza:
- Stabilizzanti dell’umore: riducono depressione, ansia e tendenze impulsive
- Antipsicotici di seconda generazione: agiscono sulle distorsioni del pensiero e sull’insorgenza di paranoie nel soggetto
- Inibitori della ricaptazione della serotonina: mantenendo un’elevata quantità di serotonina a livello sinaptico, si ha un’innalzamento del tono dell’umore per ridurre l’ansia o la depressione.
I rischi del disturbo borderline di personalità
È di estrema importanza precisare come i trattamenti, siano essi psicoterapeutici o farmacologici, devono essere somministrati esclusivamente da persone di competenza. Si è visto che il paziente borderline tende ad affidare se stesso, il suo futuro e le sue speranze ad una persona momentaneamente idealizzata, credendo sia tutto ciò di cui ha bisogno per sentirsi appagato. Nella maggioranza dei casi, la persona idealizzata si convince in qualche modo del suo ruolo salvifico, di essere unica, e di poter tirare fuori il borderline dalla sua situazione. La realtà è diversa, e tendenzialmente autodistruttiva per entrambi i soggetti coinvolti, in quanto da un lato si avrà l’annullamento del soggetto idealizzato, dall’altro il borderline continuerà a soffrire la sua condizione.
CAUSE E RUOLO DELL’AMIGDALA
Le cause del disturbo borderline di personalità sono generalmente multifattoriali, e comprendono sia fattori psicologici che biologici. Nel caso dei fattori psicologici, abbiamo generalmente esperienze traumatiche durante l’infanzia, come ad esempio abbandono da parte dei genitori, violenze subite dentro o fuori del nucleo famigliare, vita a contatto con genitori alcolizzati/drogati o affetti anch’essi da disturbi mentali. Parlando di fattori biologici, c’è innanzitutto da dire che sembrerebbe trattarsi di un disturbo ereditario. Infatti si è visto come i parenti di primo grado di un borderline hanno una probabilità 5 volte maggiore di sviluppare anch’essi questo disturbo. Ma quindi c’è una vera e propria causa organica? La risposta sembra essere affermativa, secondo uno studio pubblicato nel 2016 da un team di neuroscienzati. Tramite uno studio di neuroimaging condotto su un campione di 281 soggetti borderline messi a confronto con 293 soggetti sani è emerso come l’amigdala sinistra e l’ippocampo destro avessero un volume nettamente inferiore nelle persone affette dal disturbo. Non è tutto: sembrerebbe inoltre che vi fosse un’attenuata attivazione delle regioni prefrontali del cervello.
Erosione dell’amigdala
L’amigdala è la parte del cervello che regola la paura e l’aggressività. Dimensioni ridotte di questo complesso cerebrale si traducono in una sua iperattività, e di conseguenza in emozioni espresse con un’intensità fuori dal normale. L’ippocampo è invece coinvolto nella risposta emozionale a stimoli visivi. Sue alterazioni ci restituiscono quindi sintomi tipici del borderline come diffidenza e percezione alterata delle intenzioni altrui, che risulta in una paura costante del prossimo. Infine, la corteccia prefrontale ha un ruolo specifico nel controllo degli impulsi istintivi. Una sua bassa attività causa perciò il comportamento teso agli estremi tipico del disturbo, come il rifugiarsi in droghe, alcol, istinti suicidi e promiscuità relazionale e/o sessuale, anche in giovane età. Sembra inoltre elevato il livello di cortisolo presente nel sangue dei soggetti, indicando quindi una sua eccessiva produzione in risposta a elevati periodi di stress. Esso è prodotto dall’asse ipotalamo-ipofisi-surrene, e sembrerebbe giocare un ruolo nell’erosione in età di sviluppo dell’amigdala, contribuendo al suo minor volume.
L’OSSITOCINA COME POSSIBILE CURA
Pare quindi che il trattamento del disturbo borderline di personalità dovrà essere in futuro più orientato nel curare le cause biologiche del fenomeno oltre a quelle psicologiche. In particolare si è visto come la somministrazione di ossitocina possa aiutare a regolare il corretto funzionamento dell’asse ipotalamo-ipofisi-surrene, traducendosi quindi in una minore produzione di cortisolo e di conseguenza in un minore livello di stress biochimico a livello dell’amigdala (il cortisolo infatti sembrerebbe, come detto, avere un ruolo nella sua “erosione” e quindi nelle minori dimensioni).
Si attendono ulteriori studi che possano confermare o smentire questi dati, nell’augurio di poter fornire cure più efficaci a chi soffre di questa condizione.
DISTURBO BORDERLINE DI PERSONALITÀ NEL CINEMA
Difficilmente un disturbo così complesso potrebbe non esercitare alcun fascino nella letteratura, nelle belle arti e nella cinematografia. Il dottor Eric Bui, Psichiatra e professore all’Università di Tolosa, in Francia, ha dichiarato che dopo aver visionato “Star Wars: L’Attacco dei Cloni” e “Star Wars: La Vendetta dei Sith”, ha potuto stabilire come il protagonista, Anakin Skywalker, rispettasse la maggioranza dei criteri ritenuti indice di diagnosi del disturbo borderline di personalità. Innanzitutto l’infanzia traumatica, con la vita da schiavo e la separazione dalla madre in giovane età. Successivamente la morte della stessa. Vi è poi l’amore folle per Padmé Amidala e i conseguenti sforzi per prevenirne il presunto decesso, apparso in sogno al protagonista. Per non parlare poi dell’alternanza di sentimenti verso i Jedi, e in particolare il suo mentore, Obi-Wan Kenobi: passa dall’essere come un padre all’essere ritenuto da Anakin la causa dei suoi mali in pochi passaggi. Infine lo sviluppo di una nuova identità, Darth Vader, che va a soppiantare la precedente. Per questa serie di motivi, e per la sua forte attrattiva verso il pubblico mainstream, il personaggio di Anakin Skywalker viene spesso utilizzato nelle Università di Medicina come modello per il DBP.
Fonte
- Neurobiology of borderline personality disorder
Researchgate - Neurobiology and BPD
PsychiatricTimes - Anakin Skywalker and borderline personality disorder
PubMed