Nata per andare oltre il modello standard, la teoria delle stringhe propone soluzioni e nuove sfide. Dall’interazione gravitazionale alla supersimmetria, alle extradimensioni e ai mondi paralleli, ma anche tanti limiti e tante critiche. In quest’articolo proveremo a darne una panoramica per quanto possibile completa.
IN BREVE
Indice
Chi ha visto la sitcom americana “The Big Bang Theory”? Vi siete sempre chiesti cosa studiasse Sheldon Cooper nella serie? Ecco, il suo lavoro per la maggior parte delle stagioni riguarda un’importante teoria moderna, la teoria delle stringhe.
La teoria delle stringhe si sviluppa negli anni ’70, affondando le sue radici alla fine del decennio precedente in un articolo dell’italiano Gabriele Veneziano. Tuttavia questa teoria venne accantonata fin quando negli anni ’80 non ci si rese conto che poteva rappresentare una teoria più completa del modello standard. Questa viene chiamata “prima rivoluzione delle superstringhe“. Da allora numerosi modelli sono stati sviluppati a partire da quell’idea, finché non ci si rese conto un decennio più tardi che questi rappresentavano solo diversi limiti di una stessa teoria detta M-teoria. Questa fu la “seconda rivoluzione delle superstringhe“.
Sottolineiamo, innanzitutto, come le teorie fisiche vengano espresse tramite la matematica: il linguaggio universale delle scienze. Proveremo quindi a esporre i concetti fondamentali di quest’affascinante teoria senza scendere troppo nel dettaglio di una matematica estremamente avanzata.
ORIGINE E SPIEGAZIONE DELLA TEORIA DELLE STRINGHE
Il percorso che ha portato il mondo della fisica, ma in generale la comunità scientifica, alla formulazione di una nuova teoria è stato lungo e complicato. A questi livelli non si può parlare solo di fisica, poiché le spiegazioni che si cercano di fornire riguardano fenomeni di ogni campo di studio. Tutte le branche delle scienza possono essere utili alla formulazioni di una teoria universale come è quella delle stringhe.
Le grandi unificazioni nella storia della fisica
Nel corso del tempo, lo sviluppo della fisica è stato contrassegnato da unificazioni di eventi in cui sono stati riconosciuti diversi fenomeni correlati a teorie che sono state aggiustate per riflettere tale riconoscimento. Una delle più significative di queste unificazioni è avvenuta nel XIX secolo. Per un po’ di tempo l’elettricità e il magnetismo sembravano essere fenomeni fisici indipendenti. I notevoli esperimenti di Cavendish furono eseguiti nel periodo dal 1771 al 1773, a cui seguirono le indagini di Coulomb, che furono completate nel 1785. Queste opere fornivano una teoria dell’elettricità statica, o elettrostatica. La successiva ricerca sul magnetismo, tuttavia, ha iniziato a rivelare connessioni con l’elettricità: nel 1819, Oersted scoprì che la corrente elettrica su un filo può deviare l’ago di una bussola posto nelle sue vicinanze. Poco dopo, Biot e Savart (1820) e Ampère (1820-1825) stabilirono le regole secondo le quali le correnti elettriche producono un campo magnetico. Un passo cruciale è stato condotto da Michael Faraday (1831) che ha mostrato come i campi magnetici variabili generano campi elettrici. Le equazioni che descrivevano tutti questi risultati erano ora disponibili, ma, in effetti, incoerenti. Fu James Clerk Maxwell (1865) a costruire un insieme coerente di equazioni aggiungendo un nuovo termine a una delle equazioni. Non solo questo termine rimuoveva le incongruenze, ma portava anche alla formulazione delle onde elettromagnetiche. Per questa grande intuizione, le equazioni dell’elettromagnetismo (o l’elettrodinamica) sono ora chiamate equazioni di Maxwell. Queste equazioni unificano elettricità e magnetismo in un insieme coerente, elegante ed esteticamente piacevole. L’unificazione non era facoltativa.
Un’altra unione fondamentale di due tipi di fenomeni si è verificata alla fine degli anni ’60 circa un centinaio di anni dopo il lavoro di Maxwell. Questa unificazione ha rivelato il profondo legame tra forze elettromagnetiche e forze responsabili di interazioni deboli. Per apprezzare il significato di questa unificazione è necessario prima rivedere i principali sviluppi avvenuti in fisica dai tempi di Maxwell. Un importante cambiamento di paradigma è stato innescato dalla teoria speciale di Albert Einstein, nella quale si trova una sorprendente unificazione concettuale delle nozioni separate di spazio e tempo. A differenza dall’unificazione delle forze, la fusione di spazio e tempo in uno spazio-tempo, rappresentava un nuovo riconoscimento della natura dell’area in cui fenomeni fisici hanno luogo. La meccanica newtoniana fu sostituita dalla meccanica relativistica e le idee più vecchie del tempo assoluto furono abbandonate. Inoltre la massa e l’energia hanno dimostrato di essere grandezze profondamente legate.
Un cambiamento ancora più drammatico fu sviluppato da Erwin Schrödinger, Werner Heisenbe Paul Dirac e altri, quando la teoria quantistica venne riconosciuta essere la struttura corretta per descrivere fenomeni microscopici. Nella meccanica quantistica gli osservabili classici diventano operatori. Se due operatori non riescono a commutare, i corrispondenti osservabili non possono essere misurati simultaneamente. La meccanica quantistica è una struttura più che una teoria. Sono state riconosciute quattro forze fondamentali in natura, diamogli un’occhiata
Le interazioni fondamentali
La forza di gravità è conosciuta fin dall’antichità, ma fu descritta per la prima volta con precisione da Isaac Newton. La gravità ha subito una profonda riformulazione con la teoria della relatività generale di Albert Einstein, la quale è una teoria classica della gravitazione, poiché non è formulata come una teoria quantistica.
La seconda forza fondamentale è la forza elettromagnetica. Come abbiamo discusso sopra, la forza elettromagnetica è ben descritta dalle equazioni di Maxwell.
La terza forza fondamentale è la forza debole (weak interaction). Questa forza è responsabile del processo del decadimento beta, in cui un neutrone decade in un protone, un elettrone e un anti-neutrino. In generale, i processi che coinvolgono i neutrini sono mediati da forze deboli. Mentre il decadimento beta nucleare era noto dalla fine del diciannovesimo secolo, il riconoscimento che una nuova forza fosse in gioco non aveva preso piede fino alla metà del ventesimo secolo: il suo valore è misurato dalla costante di Fermi. Le interazioni deboli sono molto più deboli delle interazioni elettromagnetiche.
Infine la quarta forza è la forza forte (strong interaction). Questa forza entra in gioco nel tenere uniti i costituenti del neutrone, il protone, i pioni e molti altre particelle subnucleari. Questi costituenti, chiamati quark, sono tenuti così saldamente legati da non essere osservati isolatamente.
Il primo passo verso le stringhe
Ora possiamo capire perché la teoria delle stringhe è la miglior candidata per tentare un’ulteriore grande unificazione nella storia della fisica: essa unifica tutte le forze in modo coerente. La teoria si basa sull’idea che esistano dei filamenti di energia, “stringhe”, unidimensionali che possono essere aperti o chiusi e dai quali, attraverso le loro interazioni e vibrazioni, si formano la materia, le radiazioni e lo spaziotempo. Quest’ipotesi venne ai tre fisici Nambu, Nielsen e Susskind, in maniera indipendente l’uno dall’altro, un decennio dopo che Gabriele Veneziano si rese conto che gli effetti dell’interazione nucleare forte potevano essere spiegati grazie a una famosa funzione, la Funzione Beta, studiata nel XVIII secolo dal matematico svizzero Eulero. Gli esperimenti fino ad allora condotti con gli acceleratori mostravano una proprietà dello spin delle particelle che fu spiegato con l’idea che queste potessero essere costituite da particelle elementari più piccole tenute insieme da un determinato tipo di forza. L’intensità di questa forza ne rendeva impossibile una completa descrizione tramite la Teoria Quantistica dei Campi o i famosi diagrammi di Feynman, in quanto era difficile determinare l’ampiezza di probabilità dei processi, una misura molto importante in fisica delle particelle e in meccanica quantistica. Tuttavia, le proprietà matematiche della Beta di Eulero individuavano con un buona precisione alcune caratteristiche dei diagrammi di Feynman. Le peculiarità della funzione indicavano però che questo modo di affrontare la questione potesse essere figlia di una teoria più grande e complessa. L’incredibile precisione della funzione nel descrivere gli effetti delle forze nucleari fu dunque spiegata con l’introduzione di stringhe vibranti unidimensionali.
LA TEORIA DELLE STRINGHE COME TEORIA DEL TUTTO
Quando si sviluppa una teoria matematica si parte da un assunto e poi se ne studiano le proprietà per capire quali possono essere le implicazioni. Tra le varie implicazioni della teoria delle stringhe c’è quella di prevedere il gravitone, ossia il bosone mediatore dell’interazione gravitazionale. Infatti perché la teoria funzioni devono esistere dei determinati tipi di stringhe chiuse vibranti che possono essere visti come particelle di spin 2 senza massa e senza carica elettrica, esattamente come il gravitone.
Il fatto che questa teoria comprenda anche la gravità potrebbe essere un passo decisivo verso l’unificazione delle quattro interazioni fondamentali. La bassa intensità della forza gravitazionale a livello quantistico e gli ostacoli per introdurre una formalizzazione matematica del bosone nei modelli teorici sono i principali problemi per cui è pressoché impossibile con gli attuali mezzi a disposizione poter rivelare e studiare il gravitone.
La possibilità di poter dunque unificare la teoria di Einstein con la meccanica quantistica, come già detto, fa della teoria delle stringhe una candidata per il ruolo di “teoria del tutto”.
Limiti del Modello Standard
Il modello standard (MS) è, ad oggi, la teoria migliore che abbiamo per spiegare tre delle quattro interazioni fondamentali e le particelle ad esse connesse. Infatti, le verifiche sperimentali delle predizioni fatte dal MS sono tutte in soddisfacente accordo con la teoria. Tuttavia questo modello presenta dei limiti nonostante l’accuratezza dei risultati sperimentali e risulta dunque essere incompleto in alcuni punti. In particolare prevede ben 19 parametri arbitrari, non prevede la materia scura e la massa dei neutrini e, infine, non comprende la quarta interazione fondamentale, quella gravitazionale. Il problema della massa dei neutrini, dimostrata dall’esperimento Super-Kamiokande nel 1998, viene risolto aggiungendo ulteriori 9 parametri che si vanno ad aggiungere agli altri già presenti. Questi 28 parametri ci suggeriscono l’esistenza di altri fenomeni fisici che non sono ancora stati teorizzati o scoperti. Questi potrebbero spiegare il cosiddetto fenomeno della rottura spontanea di simmetria, grazie alla quale è spiegato perché le interazioni forte, debole ed elettromagnetica, si unifichino ad alte energie. L’inclusione dell’interazione gravitazionale passa per la formulazione di una cosiddetta teoria del tutto che riesca a conciliare la meccanica quantistica con la relatività generale, la famosissima teoria di Einstein. Inoltre questo tipo d’interazione gioca un ruolo fondamentale nelle osservazioni che hanno portato alle ipotesi sull’esistenza della materia oscura. Proprio limiti del MS hanno fatto sì che si cercasse una teoria più ampia che potesse risolvere questi problemi. Una di queste è la teoria delle stringhe.
SVILUPPI
Ciò che la teoria delle stringhe ha sviluppato è qualcosa di molto innovativo che permette di osservare l’universo e le sue leggi in modo originale. Scopriamo nei prossimi paragrafi quali sono gli sviluppo principali della teoria.
La supersimmetria e le superstringhe
Come sappiamo, le particelle si dividono in due famiglie: i fermioni e i bosoni. La teoria delle stringhe prevede che per ogni fermione esista un suo bosone simmetrico di uguale massa e viceversa. Questa relazione è chiamata supersimmetria. Tuttavia queste particelle simmetriche non sono ancora state rivelate. Inizialmente quest’ipotesi fu formulata prima della teoria delle stringhe ma ci si rese conto in seguito che unendo le teorie la matematica del modello si semplificava e molte incongruenze fisiche scomparivano. Questa prese il nome teoria delle stringhe supersimmetrica o teoria delle superstringhe.
Tuttavia la supersimmetria rimane ancora un’ipotesi teorica. Si pensa che queste particelle supersimmetriche siano esistite nei primi istanti di vita dell’universo per poi, in seguito al suo raffreddamento, decadere in altri tipi di particelle o collassare in stati energetici più bassi. Se così fosse ci vorrebbero enormi quantità di energia per produrle e rivelarle negli acceleratori.
Le stringhe vibranti identificate come particelle ad altissima energia potrebbero perdere quest’energia e tramutarsi in stringhe vibranti viste come particelle ad energia più bassa.
Un solo universo con tre dimensioni?
Tra i vari risultati derivanti dalla matematica della teoria uno dei più sorprendenti e stimolanti è quello che la teoria delle stringhe non funziona nello spaziotempo con sole tre dimensioni spaziali (larghezza, lunghezza e profondità) oltre quella temporale, ossia in un universo come quello in cui siamo immersi e di cui abbiamo percezione. Nelle teorie “classiche” il numero di dimensioni dell’universo sono arbitrarie e devono essere inserite a priori. La teoria delle stringhe prevede che il principio di invarianza di Lorentz, secondo cui le leggi della fisica non dipendono dal sistema di riferimento in cui si trovano, sia soddisfatto solo in un certo numero di dimensioni, quindi in questo modello è possibile calcolarle tramite gli sviluppi matematici dei suoi fondamenti. La teoria delle superstringhe prevede 10 o 11 dimensioni.
C’è bisogno dunque di altre dimensioni, ma dove sono? I ricercatori seguono attualmente due piste per trovare una possibile spiegazione.
- La prima è che queste 10 o 11 dimensioni aggiuntive siano compattate, ossia sono ripiegate su loro stesse, originando effetti fisici su scale troppo piccole per averne percezione o per essere osservate sperimentalmente. In 10 dimensioni, le 6 extra provengono dai cosiddetti spazi di Calabi-Yau, oggetti matematici a 3 dimensioni immaginarie (6 reali) che assieme alla struttura quadrimensionale di cui abbiamo percezione costituiscono la geometria dell’universo. In 11 dimensioni, questi oggetti matematici (costituiti dalle 7 dimensioni extra) vengono chiamati varietà G2.
- La seconda ipotesi è che noi viviamo in uno spazio a 3 dimensioni più una temporale immersi nell’iperspazio a 11 dimensioni che costituisce l’Universo. Quest’ipotesi ammette la presenza di infiniti possibili universi paralleli che, come il nostro, sarebbero immersi nell’iperspazio.
D-brane e relazioni di dualità
In questo piccolo paragrafo entriamo un po’ nello specifico della teoria per ampliare il quadro degli sviluppi che possono essere approfonditi tra le fonti citate sul fondo dell’articolo.
Diverse versioni della teoria includono stringhe aperte e stringhe chiuse, immaginate le prime come dei pezzi di spago liberi e le seconde come dei pezzi di spago a cui unite le estremità formando linee chiuse. Ecco nel caso delle stringhe aperte i fisici hanno introdotto nuovi oggetti di cui è utile ricordarsi visti i risultati che si stanno ottenendo nel mondo fisico. Stiamo parlando di oggetti estesi su cui sono collocate le stringhe aperte e sono conosciuti come D-brane. Di solito il numero dopo la lettera D indica la dimensione della brana che noi indicheremo genericamente con la lettera p. Ad esempio una D0-brana rappresenta un punto, una D1-brana rappresenta una stringa a una dimensione o così via. Quindi una Dp-brane è un oggetto esteso con dimensioni spaziali p.
Nella teoria delle stringhe bosoniche, dove il numero di dimensioni spaziali è 25, una brana D25 è una brana che riempie lo spazio. La lettera D in Dp-brane sta per Dirichlet. In presenza di una D-brane, i punti finali delle stringhe aperte devono essere posizionati sulla brana. Questo requisito impone un numero di condizioni al contorno di Dirichlet sul movimento degli punti finali di stringhe aperte. Le brane con dimensioni spaziali p sono genericamente chiamate p-brane. l volume del mondo di a p-brane è (p+1) -dimensionale, di queste dimensioni, una è la dimensione temporale e le altre p sono dimensioni spaziali. Questo è un argomento ricco con importanti implicazioni per il problema di costruire modelli fisici realistici usando stringhe. Inoltre, lo studio delle D-brane e dei campi gravitazionali che producono ha portato a sorprendenti nuove intuizioni nello studio di teorie.
Inizialmente gli sviluppatori delle stringhe ritenevano che ci fossero 5 tipi diversi di superstringhe: tipo I (aperte e chiuse), tipo IIA e tipo IIB (entrambe chiuse), e le due teorie di stringhe eterotiche. Come già detto nell’introduzione, questa visione è stata superata poiché ci si rese conto un decennio più tardi che questi rappresentavano solo diversi limiti di una stessa teoria più ampia. Ciò comportava che le singole teorie delle 5 superstinghe dovessero essere collegate tra loro da relazioni intercambiabili a rappresentazione di uno stesso fenomeno. Le trasformazioni che legano le diverse teorie sono dette dualità. Queste trasformazioni riescono a confrontare diversi fenomeni prima considerati scollegati e in particolare creano una dualità tra scale grandi e piccole. Questa trasformazione particolare è chiamata T-dualità e relaziona la superstringhe di tipo IIA e tipo IIB. Come potete intuire ogni relazione tra superstringhe prende un nome specifico di dualità, ad esempio tra quelle di tipo I e la eterotica SO32 si definisce una S-dualità.
LA TEORIA DELLE STRINGHE È UN BUCO NELL’ACQUA?
Nonostante l’enorme portata delle conseguenze delle possibili applicazioni della teoria delle stringhe, dopo più di 40 anni di lavori rimane ancora solo un’ipotesi. I detrattori e le critiche, fondate, non mancano.
Una teoria per essere accettata come tale dev’essere falsificabile e riproducibile. Che vuol dire? Secondo il principio di falsificabilità popperiano partendo dai principi base di una teoria deve poter esistere un esperimento che confuti le sue deduzioni qualora questa fosse erronea. Il problema della teoria delle stringhe è che non facendo questa alcuna predizione sui fenomeni osservabili manca del principio di falsificabilità. Inoltre non avendo ancora ottenuto alcun risultato sperimentale manca anche del principio di riproducibilità, fondamentale per una teoria scientifica.
Un altro problema da non sottovalutare è che la teoria delle stringhe descrive circa \(10^{500}\) universi possibili, con diverse leggi e costanti fisiche. Questo deriva dal fatto che per lo sviluppo matematico di questa teoria si utilizzano dei metodi perturbativi che in questo modello comportano un altissimo grado di approssimazione. A questo gli studiosi ovviano utilizzando un approccio antropologico, ossia considerando solo gli universi le cui caratteristiche permettono lo sviluppo dell’essere umano in quanto noi stessi siamo la più evidente riprova del fatto che esistiamo in un universo che ha permesso la nostra nascita ed evoluzione.
Le critiche alla teoria sono innumerevoli e perpetrate da uomini di enorme spessore scientifico. Il fatto che in più di 40 anni non abbia prodotto evidenze sperimentali falsificabili e che non predica alcun fenomeno osservabile lascia nella comunità scientifica un’aria di profondo scetticismo. Tra chi la addita oramai come fede piuttosto che come teoria e tra chi la accusa di aver “sprecato” il tempo di tre generazioni di fisici, anche Sheldon Cooper, seppur nella finzione di una sticom, abbandona il suo lavoro di una vita scoraggiato dai mancati risultati.
Le ricerche che potrebbero provarla
Se la teoria che descrive l’universo delle stringhe è molto complessa per la nostra comprensione, lo è ancora di più la realizzazione di esperimenti per dimostrarla. Nel corso degli anni sono state ideate diverse procedure e una di queste non poteva coinvolgere l’acceleratore di particelle LHC che si trova al CERN. Ciò che si cerca di fare dei laboratori svizzeri è di creare collisioni tra le particelle subatomiche così da poter osservare quelle di cuoi la teoria delle stringhe ipotizza l’esistenza. La speranza di alcuni scienziati risiede anche nel fatto di osservare un passaggio di una qualche particella in un altro universo. Cosa vuol dire? Molte teorie ipotizzano gli universi paralleli e quella delle stringhe è una di queste: ciò che ci permette di visualizzare è l’esistenza di diverse membrane. Proprio su una di queste membrane dovrebbe poggiare il nostro universo, ma potrebbero esistere diverse membrane tra le quali è possibile comunicare. Un eventuale “migrazione” di una particella dalla nostra membrana ad un’altra potrebbe essere osservabile mediante una perdita di energia misurabile nel nostro universo. Al CERN si portano avanti diverse ipotesi tra cui quella appena descritta, ma una simile osservazione richiederebbe quantità di energia che ad oggi non si può adoperare.
Date le notevoli difficoltà di verificare le teoria, causate dai problemi energetici e dalla scala ridotta dei fenomeni, mediante fenomeni osservabili sulla Terra, gli scienziati cercano di trovare prove anche nello spazio che ci circonda. Un gruppo di ricerca della statunitense Towson University ha iniziato a studiare la teoria delle stringhe passando da scale microscopiche a scale macroscopiche. Invece di considerare il moto delle particelle si è preso in considerazione il moto dei pianeti. Gli scienziati in generale cercano di fare è misurare in maniera precisa la posizione di alcuni oggetti del Sistema Solare. Ciò potrebbe rivelare leggere discrepanze con ciò che è predetto dalla teoria della relatività generale, ma in linea con quanto previsto dalla teoria delle stringhe.