I Pilastri della Creazione sono una regione dell’universo dove nascono nuove stelle. Le meravigliose immagini prodotte dal telescopio spaziale Hubble e James Webb hanno reso famosa questa particolare struttura dell’universo, permettendoci di osservare uno spettacolo della natura che potrebbe scomparire tra circa tre milioni di anni.
IN BREVE
I Pilastri della Creazione, le stelle e l’uomo
Sin dall’alba della civiltà, l’uomo ha guardato il cielo notturno chiedendosi cosa fossero quei puntini luminosi, così ha cominciato a cercare un senso: alcuni gruppi di stelle sembravano formare dei disegni stilizzati che venivano associati a varie divinità. Gli umani hanno a lungo guardato le stelle per capire se gli Dei fossero dalla loro parte prima di importanti battaglie, o prima di fare il primo passo verso una persona amata. Oltre ad assegnare significati mistici alle stelle, i marinai le utilizzarono per orientarsi durante le navigazioni notturne. Ai giorni nostri sappiamo bene che quei puntini luminosi non possono influenzare in nessun modo l’esito di battaglie sanguinarie o esami universitari; tuttavia, continuiamo a guardare verso lo spazio con la stessa curiosità dei nostri antenati.
Oggi, rispetto alle antiche civiltà, sappiamo bene cos’è una stella: delle enormi sfere di gas che, attraverso reazioni di fusione nucleare, producono energia. Sostanzialmente gli atomi di idrogeno si fondono insieme per formare atomi di elio, così facendo viene emessa luce, che viaggia per migliaia e migliaia di anni prima di raggiungere i nostri occhi e permetterci di sognare mondi lontani o fare speculazioni sul risultato della prossima partita di serie A.
Tuttavia, le stelle non sono lì da sempre ma hanno un loro ciclo vitale: nascono, evolvono ed infine muoiono, creando supernove e buchi neri (sapevate qual è il buco nero più grande dell’universo? Leggete l’articolo su TON 618 per saperne di più). Queste gigantesche masse di plasma però non sono distribuite a caso all’interno dell’universo, ma nascono all’interno di precise regioni ricche di gas e polvere dove può innescarsi la formazione di una stella.
La regione di formazione stellare più famosa è all’interno della Nebulosa Aquila ed è nota con il nome di “Pilastri della Creazione”. È stato il telescopio spaziale Hubble a catturare la prima immagine di questo suggestivo angolo di universo nel 1995 (mostrata nella foto in alto “Pilastri della Creazione Hubble”). Dato l’enorme successo delle immagini e l’enorme contributo scientifico, lo stesso telescopio ha investigato nuovamente questa regione attraverso una strumentazione più performante montata dagli astronauti negli anni successivi. In seguito, anche il telescopio James Webb ha osservato i Pilastri, mostrandoci dettagli inimmaginabili.
La foto del 1995 è in realtà frutto della combinazione di 3 immagini differenti, ognuna delle quali cattura la luce emessa da atomi diversi: il rosso deriva dalla ionizzazione di atomi di zolfo, il verde dell’idrogeno e il blu dell’ossigeno. L’immagine è stata ottenuta nello spettro della luce visibile, al contrario di osservazioni successive eseguite nello spettro degli infrarossi.
Pilastri della Creazione cosa sono
I Pilastri della Creazione fanno parte della Nebulosa Aquila (nella costellazione del Serpente), sono chiamati così perché qui nascono nuove stelle. Questa struttura, che assomiglia ad una mano con tre dita, è formata da nubi di gas (principalmente idrogeno molecolare H2) e polvere. La sua forma è dovuta ad un fenomeno chiamato fotoevaporazione, che suggerisce la natura violenta del processo.
Immaginate di essere in una calda giornata d’estate e di star mangiando un cono gelato con della panna montata sopra: all’improvviso arriva una raffica di vento e pioggia che vi rovina il gelato, spazzando via tutta la panna e parte del gelato sottostante. La fotoevaporazione funziona più o meno così, con la nostra nube di gas e polveri che viene pian piano erosa dalla radiazione ultravioletta emessa da stelle vicine. Tale processo spazza via le porzioni meno dense della nebulosa lasciando parzialmente intatte quelle più dense a forma di pilastri. La presenza di questa radiazione ultravioletta è però anche la ragione per cui siamo in grado di osservare i Pilastri della Creazione, in quanto permette alle nubi di idrogeno, ossigeno e zolfo di brillare ed essere osservate dai nostri telescopi.
Questa particolare forma conica è abbastanza comune nelle regioni di formazione stellare ed è visibile anche nel caso della Nebulosa Cono, considerata un lontano parente dei Pilastri della Creazione. Questi distano 6500 anni luce dalla Terra e sono davvero enormi: il pilastro più grande, quello più a sinistra nell’immagine in alto, è lungo ben 4 anni luce, significa che la luce impiega 4 anni per viaggiare dalla base alla punta del pilastro. Per paragone la luce del Sole impiega circa 8 minuti per raggiungere la Terra.
In alto si può osservare la foto Pilastri della Creazione che mostra questo particolare oggetto spaziale fotografato dal telescopio Hubble nel 2014 con strumenti aggiornati. Dal paragone della foto del 1995 (Pilastri della Creazione Hubble) con quella del 2014, è evidente l’avanzamento tecnologico che ha permesso di osservare nuovi dettagli dei Pilastri. Gli astronomi hanno potuto osservare che all’interno delle nubi di gas e polveri si formano dei globuli molto densi, rinominati EGGs (Evaporating Gaseous Globules) che possono andare incontro a due diversi destini: vita o morte. Gli EGGs possono sia diventare delle stelle neonate oppure possono emergere dalle nubi di gas e soccombere alla fotoevaporazione. Dal confronto delle immagini è stato anche osservato un getto di materiale, probabilmente espulso da una stella di neoformazione, ad una velocità di circa 725 000 km/h.
I Pilastri della Creazione Webb e VLT
6 anni più tardi, nel giorno di Natale del 2021, venne lanciato il nuovo telescopio spaziale James Webb, destinato a catturare delle nuove e sorprendenti immagini dei Pilastri della Creazione e di altri oggetti spaziali. A differenza del suo predecessore Hubble, James Webb compie delle osservazioni nello spettro degli infrarossi, mostrando l’universo sotto un punto di vista alternativo. L’immagine in basso (“Pilastri della Creazione James Webb”) mostra il confronto tra le immagini ottenute da Hubble (a sinistra) e quelle ottenute da Webb (a destra). La foto di James Webb è stata realizzata nel 2022 e mostra i Pilastri con una definizione mai vista prima.
Dal confronto si può notare che i pilastri ritratti da Webb appaiono semi trasparenti, in modo da mettere in bella vista le stelle di neoformazione all’interno della nube, come dei piccoli globi rossi. Nell’immagine di Webb, si può notare che sulla punta del pilastro centrale e di quello immediatamente a destra, sono presenti delle forme sinuose rosse che assomigliano a delle colate laviche. In realtà non si tratta di roccia fusa, ma è frutto dell’interazione tra il materiale espulso dalle stelle a velocità supersonica e il gas che compone questa meravigliosa culla spaziale.
L’immagine in basso dei Pilastri della Creazione HD, è stata ottenuta grazie al Very Large Telescope utilizzando un particolare strumento chiamato MUSE (Multi Unit Spettroscopic Explorer). Questa tecnologia ha permesso di ricostruire i Pilastri della Creazione in 3D mostrando la loro orientazione nello spazio e permettendo di ricostruire l’evaporazione dei pilastri con maggior dettaglio. Calcolando la velocità con cui procede tale evaporazione e tenendo in considerazione la quantità di gas e polveri che costituiscono i Pilastri, gli astronomi sostengono che questo spettacolo dell’universo esisterà soltanto per altri tre milioni di anni, un battito di ciglia dal punto di vista cosmico. Questo però rende ancora più belli ed affascinanti i Pilastri della Creazione e ci ricorda quanto siamo fortunati di poter osservare questo esclusivo spettacolo naturale.
Ma a che servono tutte queste immagini diverse? Anche se all’occhio del grande pubblico queste osservazioni possono apparire come un passatempo dalla scarsa utilità pratica, bisogna ricordarci che tutta la tecnologia sviluppata per le osservazioni e l’esplorazione spaziale trova applicazione anche nella vita di tutti i giorni per scopi medici e civili come bracci robotici, navigatori satellitari, fotocamere digitali e molto altro. Inoltre, capire come si formano, evolvono e muoiono le stelle permette di far chiarezza anche sul funzionamento del nostro Sole e di conseguenza sull’impatto nella vita di noi piccoli esseri umani.
Fonte
- Pillars of Creation Revealed in 3-D, NASA Hubble Mission Team, 2015.
NASA - NASA’s Webb Takes Star-Filled Portrait of Pillars of Creation, NASA Webb Telescope Team, 2022.
NASA - 2014 Hubble WFC3/UVIS Image of M16, NASA, ESA, and the Hubble Heritage Team, 2015.
HUBBLESITE - Hubble: Pillars of Creation are also Pillars of Destruction, Dr. Tony Phillips, 2015.
NASA - Gas Pillars in the Eagle Nebula (M16): Pillars of Creation in a Star-Forming Region, NASA, ESA, STScI, J. Hester and P. Scowen, 1995.
HUBBLESITE - Star basics, NASA.
NASA