Siamo sempre stati abituati a collocare il termine hacker, o hacking, in ambito tecnologico. Non tutti sanno, però, che è possibile hackerare anche il corpo umano. Scantinati e garage che si trasformano in veri e propri laboratori di ricerca. Ecco cos’è il biohacking.
IN BREVE
Indice
BIOHACKING COS’È
Come tutti sappiamo, è possibile hackerare un computer, un’e-mail o un sito web. Oltre l’universo del web e dei dispositivi digitali, però, esiste un altro tipo di hacking: il biohacking.
Il biohacking è essenzialmente una pratica in grado di cambiare la chimica e la fisiologia del nostro corpo, attraverso la conoscenza scientifica e l’autosperimentazione. Il biohacking, però, è un campo in continua evoluzione che contiene numerosi diversi settori al suo interno. Si va da uno stile di vita collegato ad una dieta equilibrata, in grado di migliorare il funzionamento del proprio corpo, al semplice indossare dispositivi elettronici capaci di monitorare i dati fisiologici. Ma il biohacking non si ferma qui in quanto invade, letteralmente, territori governati dall’ingegneria genetica. Le possibilità che permettono di ottenere risultati notevoli su diversi aspetti, in relazione al nostro corpo, quindi, sono molteplici. Biohacking, quindi, è quando si hackera un sistema biologico al fine di raggiungere un livello più prestante. Utilizzando la tecnologia che abbiamo a disposizione oggi e tramite un approccio coscienzioso e ponderato, è possibile incrementare le proprie prestazioni.
Dalla tecnologia indossabile a quella incorporata
Per tecnologia incorporata ci si riferisce a tutti i tipi di interventi fatti sul corpo umano per migliorarne prestazioni e salute. Esistono diverse tecnologie incorporate (o biohack) attualmente in fase di sviluppo o già disponibili sul mercato: tatuaggi elettronici o biostamp, pillole per le password, chip di memoria, magneti impiantati e GPS incorporati nel corpo umano sono alcuni degli esempi. Le persone, al giorno d’oggi, hanno i mezzi per gestire la propria biologia utilizzando tecniche mediche, nutrizionali, fisiche ed elettroniche. L’idea alla base del biohacking è che ciò che mettiamo nel nostro corpo ha un grande impatto su come ci sentiamo, quindi se vogliamo risultati migliori dal nostro corpo (riduzione dello stress, miglioramento della memoria e della concentrazione, superiori prestazioni e produttività), occorre fornire “input” migliori al nostro corpo.
Molti vedono il biohacking come una naturale progressione ed estensione di innovazioni moderne come le tecnologie indossabili. La tecnologia indossabile viene tipicamente utilizzata per tenere traccia della salute e della forma fisica, un fenomeno comunemente denominato Quantified Self. Le tecnologie incorporate non riguardano un futuro distopico poiché fanno già parte delle nostre vite: lenti a contatto, apparecchi acustici, pacemaker, protesi bioniche e molto altro. Esistono già diverse tecnologie in grado di impiantare chip RFID che possono fungere da chiavi di accesso agli appartamenti, sistemi di pagamento, abbonamenti di trasporto pubblico e database che contengono informazioni personali come password, gruppo sanguigno, allergie e via dicendo. Three Square Market è la prima azienda americana ad aver impiantato, ai propri dipendenti, microchip che permettono loro di entrare nell’edificio, accedere ai computer e acquistare snack. L’elenco delle innovazioni in questo settore si sta ampliando sempre di più con occhi bionici (lenti telescopiche in grado di ingrandire e rimpicciolire le immagini e capacità di visione notturna), interfacce cervello-computer (BCI) per controllare droni, bambini designer modificati attraverso l’editing genetico e trapianti di organi stampati in 3D.
DIY bio: biologia fai-da-te
La DIY bio (Do-it-yourself biology, biologia fai-da-te) è un movimento sociale biotecnologico in continua crescita in cui individui, comunità e piccole organizzazioni studiano la biologia utilizzando gli stessi metodi degli istituti di ricerca tradizionali. La DIY bio viene intrapresa principalmente da individui con una formazione di ricerca approfondita tramite università o aziende, che saranno i mentori di altri biologi fai-da-te con poca, o nessuna, formazione in materia. Intorno al mondo della DIY bio, oltre al biohacking, si usano termini come: wetware hacking, riferito a modifiche effettuate per vivere una vita psicoattiva; biopunk, che descrive il lato nichilistico della società biotecnologica concentrandosi sulla manipolazione genetica; grinder, ovvero le persone che si muovono in questo campo e che sposano appieno la filosofia del biohacking.
Il termine “biohacking”, come il concetto di biologia fai-da-te, era conosciuto già nel 1988 ed è entrato a far parte delle comunità di programmatori di San Francisco già nel 2005, attraverso dimostrazioni di esperimenti di base. Sempre nel 2005 Rob Carlson scrisse su Wired: “L’era della biologia da garage è alle porte. Vuoi partecipare? Prenditi un momento per comprarti un laboratorio su eBay” e nel 2008 Jason Bobe e Mackenzie Cowell fondarono l’organizzazione DIY bio. L’intento del movimento di DIY bio è quello di rivedere l’idea che debba essere un accademico specializzato a dare un contributo significativo alla comunità, per consentire, così, a un gran numero di piccole organizzazioni e individui di partecipare alla ricerca e allo sviluppo, con la diffusione della conoscenza. La DIY bio tenta di mettere a disposizione gli strumenti e le risorse necessarie a chiunque, inclusi i non professionisti, per condurre esperimenti di ingegneria biologica. Uno dei primi pezzi, di questi laboratori “open source”, è stato il Dremelfuge del biohacker irlandese Cathal Garvey: un portaprovette stampato in 3D collegato a uno strumento rotante, Dremel, in grado di far girare le provette ad alta velocità, sostituendo le centrifughe costose. Molti altri dispositivi come i termociclatori per la PCR sono stati ricreati a prezzi molto più bassi.
ZAYNER E L’AUTOSPERIMENTAZIONE
Josiah Zayner è un biohacker, famoso per le sue diverse auto-sperimentazioni e il suo voler rendere l’ingegneria genetica pratica e accessibile a un pubblico laico, come la tecnologia CRISPR. Ha conseguito una laurea in biologia vegetale presso la Southern Illinois University e un dottorato di ricerca in biofisica presso l’Università di Chicago. Prima di conseguire il dottorato di ricerca, ha conseguito un Master in biologia cellulare e molecolare presso l’Appalachian State University. All’inizio, trovò lavoro come ricercatore presso il Mountain View, il centro di ricerca di biologia sintetica spaziale della NASA in California. Successivamente, però, non trovò soddisfacente il lavoro scientifico svolto dalla NASA e, dopo essersi licenziato nel 2016, lanciò una campagna di crowdfunding per fornire CRISPR kit al grande pubblico, per permettere alle persone di sperimentare la modifica del DNA batterico. Sempre nel 2016 fondò The ODIN, che tuttora vende biohacking kit per consentire al pubblico di sperimentare a casa, il cui principale consulente dell’azienda è George Church, professore di genetica alla Harvard Medical School e direttore del The Personal Genome Project.
Come si legge sul sito, Zayner è ritenuto il leader del movimento del biohacking e crede nell’importanza di lasciare che il grande pubblico partecipi alla sperimentazione scientifica, piuttosto che lasciarla confinata ai laboratori. Il biohacker americano, è stata la prima persona conosciuta ad aver utilizzato la tecnologia CRISPR per tentare di modificare i propri geni. Tentò, inoltre, un trapianto di microbioma corporeo su sé stesso, incluso un trapianto fecale (di cui avevamo discusso, precedentemente, parlando del morbo di Crohn), per sperimentare l’ingegneria del microbioma e per vedere se potesse trattare i suoi problemi di salute gastrointestinali. Il microbioma delle feci del donatore è stato trapiantato con successo nell’intestino di Zayner secondo il sequenziamento del DNA eseguito sui campioni. Sempre nel 2016, Zayner creò una birra fluorescente ingegnerizzando il lievito per contenere la proteina fluorescente verde delle meduse. The ODIN, rilasciò biohacking kit per consentire alle persone di creare il proprio lievito fluorescente ingegnerizzato, che è stato accolto con alcune controversie poiché la Food and Drug Aministration (FDA) ha dichiarato che la proteina fluorescente verde può essere vista come un additivo colorante.
IL BIOHACKING È LEGALE?
Molte attività di biohacking crescono in una sorta di zona grigia in quanto vengono disapprovate da organismi come la FDA, ma non sono ancora del tutto illegali. Dopo che la FDA rilasciò la sua dichiarazione esortando le persone a stare lontano dalle trasfusioni di sangue: una startup statunitense, Ambrosia, con sede a San Francisco, proponeva, al prezzo di 8 mila dollari, trasfusioni di “plasma giovane” per combattere l’invecchiamento, senza, però, alcuna valenza scientifica. Questa, però, non è stata la prima incursione della FDA nel biohacking: nel 2016, l’agenzia si è opposta alla vendita di kit da parte di Zayner per produrre birra fluorescente. E dopo essersi iniettato il CRISPR, la FDA ha rilasciato un avviso in cui si afferma che la vendita di biohacking kit di modifica genetica fai-da-te da utilizzare sugli esseri umani è illegale. Zayner ha ignorato l’avvertimento e ha continuato a vendere la sua merce. Nel 2019 è stato, per un periodo, indagato dal Department of Consumer Affairs della California, accusato di praticare medicina senza licenza.
I biohacker affermano che una regolamentazione restrittiva sarebbe una risposta controproducente al biohacking stesso perché guiderà la pratica sottoterra. Dicono che è meglio incoraggiare una trasparenza scientifica in modo che le persone possano porre domande su come fare qualcosa in sicurezza, senza timore. Secondo Ellen Jorgensen, biologa molecolare di New York, che guida il movimento Do-it-yourself biology, la maggior parte dei biohacker è attenta alla sicurezza, generando e adottando un proprio codice etico.
“All’inizio del movimento DIY bio, abbiamo lavorato moltissimo con Homeland Security. E già nel 2009, l’FBI ha contattato la comunità fai-da-te per cercare di costruire ponti” – Ellen Jorgensen
Poi, però, nel 2009, il Consiglio per la sicurezza nazionale cambiò radicalmente le prospettive, pubblicando la strategia nazionale per contrastare le minacce biologiche, che abbracciavano “l’innovazione e l’accesso aperto alle intuizioni e ai materiali necessari per promuovere iniziative individuali“, anche in “laboratori privati in scantinati e garage“. Anche se ci fossero regole chiare in grado di disciplinare tutte le attività di biohacking, non ci sarebbe un modo semplice per impedire alle persone di perseguirle a porte chiuse.
“Questa tecnologia è disponibile e implementabile ovunque, non ci sono mezzi fisici per controllare l’accesso ad essa, quindi cosa significherebbe regolarla?” – Rob Carlson
L’ETICA INTORNO AL BIOHACKING
In un articolo pubblicato su Biotechnology Healthcare, David B. Nash, della Thomas Jefferson University, riflette sul biohacking e sulla sua pericolosità. Descrive il biohacking come il poter armeggiare il DNA di diversi organismi esistenti al fine di crearne di nuovi, ed essere in grado di svolgere questo tipo di attività nel proprio garage di casa. Un’altra riflessione viene fatta sui costi: “Il costo del sequenziamento del DNA è sceso da circa 1$ per coppia di basi, a metà degli anni ’90, a un decimo di centesimo oggi, come anche il costo della sintesi della molecola è diminuito”.
Cosa significa questo per noi, oggi, e per l’industria biotecnologica di domani? Mentre il prezzo scende, gli amatoriali aumentano. Diversi gruppi sono già al lavoro per trovare modi per duplicare a casa le tecniche utilizzate dai laboratori governativi e dalle grandi aziende. Un “luogo” per conoscere il biohacking è DIY bio, un’organizzazione che si riunisce negli Stati Uniti e nel Regno Unito con quasi 800 accaniti lettori della sua newsletter regolare (questo nel 2010).
I biohacker sono “aiutati” da aziende e registri esistenti, inclusa una banca genetica chiamata The Registry of Standard Biologic Parts. Esistono sequenze standardizzate di DNA disponibili in commercio chiamati biobricks. Il piano aziendale di Ginko BioWorks, società di sintesi genica, include un tentativo di fornire l’equivalente di componenti elettronici con proprietà note nel campo del biohacking. Ciò che effettivamente può essere creato con questi biobricks è lasciato all’immaginazione dell’acquirente. Ad esempio, un team della National Yang-Ming University, a Taiwan, ha concepito un batterio in grado di svolgere il lavoro di un rene danneggiato. All’Imperial College, a Londra, si sta lavorando a un “biofabbricatore” in grado di costruire diversi tipi di materiali biologici. Ai tempi, si scoprì che i biohacker ora si riunivano regolarmente a livello internazionale in una riunione organizzativa chiamata International Genetically Engineered Machine Competition, o iGem, che di solito si tiene presso il Massachusetts Institute of Technology.
Cosa significa questo per l’industria della biotecnologia? “Questi stessi armeggiatori potrebbero minacciare le aziende biotecnologiche più tradizionali. Dobbiamo iniziare a prestare maggiore attenzione alla sfera del biohacking.”, scrisse Nash.
Fonte
- Beware biohacking?
Biotechnology Healthcare - Biohacking
Cell - From synthetic biology to biohacking: are we prepared?
Nature