Il glifosato è il principio attivo degli erbicidi a base di glifosato (GlyBH) ed è stato ampiamente utilizzato negli ultimi 40 anni nell’ipotesi che gli effetti collaterali fossero minimi. Ma quali sono realmente i rischi per la salute umana e per l’ecosistema?
IN BREVE
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Il glifosato (N-fosfonometilglicina) è uno degli erbicida più utilizzati in agricoltura e agisce inibendo la 5-enolpiruvil-shikimato-3-fosfato sintasi (EPSPS), enzima che partecipa alla biosintesi degli amminoacidi aromatici fenilalanina, tirosina e triptofano, attraverso la via shikimato nei batteri, funghi e piante. Questo enzima non è presente nelle cellule umane o animali. Tuttavia, negli ultimi anni, sono aumentate le preoccupazioni a livello mondiale in merito ai potenziali effetti negativi del glifosato sulla salute derivanti dal suo uso su larga scala.
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La recente attenzione mediatica sul glifosato e il conseguente allarmismo sono nati dai pareri contrastranti sulla possibile cancerogenicità di tale erbicida, rilasciati dalle principali agenzie internazionali che si occupano di valutare i pericoli e i rischi di qualsiasi sostanza, chimica e non. Partiamo dall’Agenzia Europea per le Sostanze Chimiche (ECHA), che ha elaborato un parere scientifico sulla classificazione armonizzata del glifosato, da utilizzare come base decisionale dalla Commissione Europea. Il 15 marzo 2017 il comitato di valutazione dei rischi dell’ECHA ha affermato che le prove scientifiche per classificare il glifosato come cancerogeno non rispondevano ai criteri specificati nel regolamento CLP (Classification, Labeling and Packaging), confermando in tal modo la conclusione dell’Autorità Europea per la Sicurezza Alimentare (EFSA) pubblicata nel novembre 2015, e sostenendo che il glifosato non ha dimostrato di essere cancerogeno, mutageno o di influenzare negativamente la riproduzione, ma può causare gravi danni agli occhi ed esercitare tossicità sul biota acquatico. Nello studio dell’ECHA, però, non sono state prese in considerazione le proprietà tossicologiche e la potenziale esposizione dell’acido amminometilfosfonico (AMPA), principale metabolita del glifosato.
Questa valutazione era contraria a quella dell’Agenzia Internazionale per la Ricerca sul Cancro (IARC), che ha classificato il glifosato nella sua monografia come probabile cancerogeno per l’uomo (gruppo 2A, secondo la classificazione di IARC). L’EFSA è responsabile della valutazione dei soli principi attivi dichiarati dei pesticidi, come il glifosato, ma non dei formulanti, basandosi principalmente, ma non solo, sugli studi normativi dei produttori. L’IARC, d’altro canto, basa le sue decisioni sugli studi epidemiologici effettuati dopo l’uso delle formulazioni complete, con la clausola che tutti gli studi considerati devono essere pienamente disponibile al pubblico dominio.
Il programma di monografie dell’IARC identifica le sostanze chimiche, farmaci, miscele, esposizioni professionali, stili di vita ed abitudini personali, agenti fisici e biologici che causano il cancro nell’uomo e ha valutato circa 1000 agenti dal 1971. Le monografie sono scritte da gruppi di lavoro (WG) di esperti scientifici internazionali, per un periodo di circa 12 mesi, che termina in un incontro di otto giorni. Il gruppo di lavoro valuta tutte le informazioni scientifiche disponibili pubblicamente su ciascuna sostanza e, attraverso un processo trasparente e rigoroso, decide in che misura le prove scientifiche supportano il potenziale di tale sostanza di causare il cancro negli esseri umani.
Il WG dell’IARC ha concluso che il glifosato è un “probabile cancerogeno per l’uomo”, inserendolo nella categoria IARC 2A sulla base di prove sufficienti di cancerogenicità negli animali, prove limitate di cancerogenicità nell’uomo e prove evidenti di due meccanismi cancerogeni. Il WG ha trovato un’associazione tra linfoma non Hodgkin e glifosato sulla base delle prove umane disponibili, aumento significativo del numero di cellule cancerose negli animali da laboratorio per i tumori renali rari ed emangiosarcoma e tumori benigni in due studi sui ratti. Infine, il WG ha concluso che ci sono forti prove di genotossicità e stress ossidativo per il glifosato, derivanti da ricerche pubblicamente disponibili, compresa la scoperta di danni al DNA, nel sangue periferico, di esseri umani esposti.
Tuttavia la tesi sostenuta dall’IARC è stata respinta dall’EFSA, la principale agenzia dell’Unione europea per le valutazioni dei rischi in materia di sicurezza alimentare, che nel novembre del 2015 ha fornito la relazione di valutazione del rinnovo (RAR) per il glifosato, preparata dallo Stato membro relatore, l’Istituto Federale Tedesco per la valutazione dei rischi. L’EFSA ha concluso che “è improbabile che il glifosato sia cancerogeno per l’uomo e che le prove non supportano la classificazione come potenziale carcinogenico”. L’EFSA ha definito i risultati scientifici ottenuti sull’uomo “molto limitati” e ha quindi respinto qualsiasi associazione del glifosato con il cancro, senza una chiara spiegazione o giustificazione, ignorando anche importanti prove di genotossicità umana. L’EFSA ha confermato che il glifosato induce stress ossidativo, ma successivamente, dopo aver scartato tutti gli altri risultati di possibile cancerogenicità, ha respinto anche questa conclusione sostenendo che lo stress ossidativo da solo non è sufficiente per l’etichettatura cancerogena.
Glifosato ed agricoltura
Il glifosato è ampiamente usato in agricoltura in molti paesi, essendo parte fondamentale del sistema di produzione che utilizza la tecnologia di coltivazione GM HT (genetically modified herbicide tolerance). La tecnologia dei semi GM HT consente l’irrorazione “over the top” delle colture GM HT con il glifosato, che ha come obiettivo sia l’erba che le erbacce a foglia larga, senza danneggiare il raccolto stesso. Il numero di paesi che hanno adottato le colture HT biotech è passato da tre nel 1996 a tredici nel 2015. Gli Stati Uniti hanno aperto la strada all’uso di questa tecnologia nella produzione agricola, rappresentando il 43% delle piantagioni totali nel 2015.
La coltura GM HT è stata principalmente una tecnologia agronomica a basso costo, che ha fornito agli agricoltori un aumento della produttività attraverso una combinazione di miglioramenti della resa e di riduzione dei costi. Questo cambiamento nel sistema di produzione ha ridotto i livelli di emissioni di gas ad effetto serra, derivanti dalla riduzione del consumo di carburante del trattore e dal sequestro di carbonio aggiuntivo del suolo.
Piccole applicazioni non agricole (<10% dell’uso globale di GlyBH) includono il controllo delle infestanti in linee ferroviarie, parchi e giardini domestici. I vasti giacimenti di semi geneticamente modificati di soia, mais, colza e cotone tolleranti il glifosato negli Stati Uniti, Argentina e Brasile contribuiscono fortemente alle elevate quantità di GlyBH applicate ogni anno in tutto il mondo. In Europa, i GlyBH si applicano principalmente ai cereali (grano, segale, orzo e avena), semi oleosi (semi di colza, semi di senape e semi di lino), frutteti e vigneti.
Residui di glifosato negli alimenti
Per quanto riguarda i residui di glifosato negli alimenti, nell’UE verrà effettuato un aggiornamento completo della valutazione del rischio alimentare che copre tutti gli usi ed i residui attesi sui prodotti alimentari importati. Nel frattempo, alcuni ricercatori hanno raccolto informazioni sui dati di biomonitoraggio umano ed hanno concluso che le esposizioni correnti sono ben al di sotto dei valori dei riferimenti tossicologici; l’esposizione dei cittadini europei sembra essere inferiore a quella degli americani.
A complemento di queste stime, di seguito viene descritta una valutazione indicativa dell’esposizione del consumatore basata sui dati di monitoraggio dell’UE per i residui di glifosato negli alimenti. La valutazione copre oltre 10.000 campioni di diversi tipi di alimenti analizzati tra il 2012 e il 2014. Gli Stati membri hanno concentrato le attività di controllo principalmente su coltivazioni rilevanti per il consumo umano, dove era prevista la presenza del glifosato, come i cereali (quasi 4000 campioni), seguiti da frutta, verdura, legumi e semi oleosi. Il glifosato è stato rilevato nel 6,3% dei campioni, principalmente nei cereali (l’11,7% dei campioni analizzati conteneva residui superiori al limite di quantificazione), ma anche nelle lenticchie, nei semi di lino e nell’uva da tavola. I limiti legali sono stati superati nello 0,2% dei campioni analizzati per il glifosato.
La vera natura dei formulanti
Il glifosato non viene mai usato da solo in agricoltura, ma mescolato con i formulanti, composti principalmente da vari distillati o derivati ossidati del petrolio, che facilitano la penetrazione del principio attivo attraverso le superfici cerose delle piante trattate. Gli erbicidi più noti, come quelli della linea Roundup, contengono spesso il tensioattivo POEA (ammina di sego etossilata), che è significativamente più tossico del glifosato. La tossicità delle formulazioni nelle cellule umane varia considerevolmente a seconda della concentrazione (o dell’omologo) del POEA. Tuttavia, il fatto che la composizione dei formulanti sia considerata informazione commerciale riservata, non consente agli scienziati di descrivere il loro meccanismo d’azione, né sugli organismi non bersaglio né sulle piante. Sono dichiarati inerti dai produttori perché non sono considerati direttamente responsabili dell’attività erbicida, ma molti studi stanno dimostrando il contrario.
La tossicità dei formulanti nei pesticidi è stata ben documentata per anni e sono stati rilevati in grandi quantità nell’ambiente e nel cibo. Il loro assorbimento da parte di organismi e il trasferimento placentare nel siero e nel cervello sono stati dimostrati. La valutazione di una formulazione dovrebbe considerare la tossicità dei formulanti a lungo termine. Tuttavia solo le loro proprietà tossiche oculari e dermiche sono attualmente incluse nel regolamento. Ciò ha importanti conseguenze normative, in quanto il valore di dose giornaliera accettabile (DGA) per gli erbicidi a base di glifosato è definito dalla soglia di tossicità calcolata sul solo principio attivo, senza tener conto dei formulanti.
Inoltre, nelle formulazioni si aggiunge la presenza di metalli pesanti che possono provenire dalla contaminazione delle formulazioni a causa del loro processo di fabbricazione. Possono anche essere aggiunti intenzionalmente come nanoparticelle nei pesticidi o come prodotti chimici; questo è stato il caso dell’arsenico che da decenni è considerato anche un pesticida. Il suo uso come antiparassitario è stato bandito in tutto il mondo perché presente nelle acque sotterranee e nel cibo, creando grande preoccupazione. I livelli ammissibili nell’acqua potabile sono stati ridotti a 10 ppm (valore delle linee guida dell’OMS) in quasi tutti i paesi del mondo, negli ultimi due decenni. La tossicità e gli effetti di perturbazione endocrina sono documentati per l’arsenico, cromo, nichel, piombo e cobalto.
Perdita della biodiversità: come si può risolvere il problema?
L’agricoltura intensiva che utilizza fitofarmaci, come il glifosato, sta portando alla perdita di biodiversità, inasprita dal basso numero di specie coltivate, dalla rotazione ridotta delle colture, dallo scambio limitato di semi tra le aziende agricole, dal drenaggio dei suoli, dal consolidamento del paesaggio oltre che da un maggiore uso di pesticidi.
Le erbe infestanti, infatti, sono parte della biodiversità dell’agroecosistema. Sebbene queste erbe siano comunemente considerate parassitarie, possono offrire notevoli vantaggi all’agroecosistema supportando una gamma di organismi come i decompositori, predatori, impollinatori e parassitoidi. Se la flora e gli artropodi associati sono diminuiti in termini di abbondanza e diversità, ciò influenzerà l’intera catena alimentare, compresi i piccoli mammiferi e gli uccelli delle zone agricole.
Per molti anni la scienza e lo sviluppo agricolo si sono concentrati sulla fornitura di tecnologie per aumentare la produttività a livello di azienda agricola, piuttosto che considerare gli impatti sulla biodiversità ed il rapporto tra agricoltura e cambiamenti climatici. Un’attenzione maggiore deve essere indirizzata verso approcci nuovi e di successo già esistenti per ripristinare la fertilità del suolo e per mantenere una produzione agricola sostenibile.
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Fonte
- Distribution of glyphosate and aminomethylphosphonic acid (AMPA) in agricultural topsoils of the European Union.
PubMed - Toxicity of formulants and heavy metals in glyphosate-based herbicides and other pesticides.
PubMed - The contribution of glyphosate to agriculture and potential impact of restrictions on use at the global level.
PubMed - Herbicide resistance and biodiversity: agronomic and environmental aspects of genetically modified herbicide-resistant plants.
PubMed - Glyphosate toxicity and carcinogenicity: a review of the scientific basis of the European Union assessment and its differences with IARC
NCBI - Pesticides and public health: an analysis of the regulatory approach to assessing the carcinogenicity of glyphosate in the European Union.
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