Per molto tempo la sinestesia è stata una semplice curiosità psicologica ma oggi, grazie alle nuove tecniche di imaging, è possibile studiare gli effettivi cambiamenti che questa genera nel cervello delle persone sinestetiche. Qual è il significato di sinestesia e come percepisce il mondo un sinestetico?
IN BREVE
Il termine sinestesia deriva dal greco syn-aisthanestai, che significa “percepire insieme” ed è spesso associata al mondo letterario come figura retorica. In ambito medico-neuroscientifico ci si riferisce invece ad una particolare condizione psichica che può essere di natura fisiologica (soprattutto nei giovani), temporanea (in seguito all’assunzione di particolari droghe come LSD) o patologica (causata da lesioni cerebrali o delle strutture nervose periferiche) caratterizzata dalla possibilità di percepire sensazioni attribuite a sistemi sensitivi differenti, come ad esempio vedere i suoni. Lo stimolo induttivo che scatena la sinestesia può essere tanto di natura sensoriale (un suono o un sapore) quanto di natura concettuale (un mese, un giorno, una lettera).
Per molti anni la valutazione della sinestesia è stata una semplice curiosità psicologica tanto da essere erroneamente stimata (1:25000) nella popolazione mondiale. Grazie al sempre maggiore interesse da parte della comunità scientifica nei confronti di questa condizione, è stato calcolato che circa 1:200 nasce con questa mutazione, con variazioni di prevalenza sulla base del tipo di sinestesia. Per anni si è poi pensato che questa condizione avesse una forte familiarità e fosse fortemente legata al sesso femminile ma studi condotti su gemelli monozigoti hanno invece sottolineato che non soltanto essa è legata ad una genetica più complessa ma che può addirittura saltare le generazioni, così da perdere il suo carattere di dominanza trasmessa tramite il cromosoma X.
Quanti tipi di sinestesia esistono?
I sinestetici vedono e percepiscono il mondo in maniera insolita. Esistono vari tipi di sinestesie, tra le quali il più diffuso è certamente la sinestesia grafema-colore. Nei soggetti che sperimentano questa forma, un determinato numero o una determinata lettera (soprattutto le vocali) viene associato ad un determinato colore. Anche in questo gruppo esistono tuttavia delle differenze poiché esso comprende sia soggetti che vedono effettivamente la lettera colorata (sinestetici projector), sia quelli che sanno che ad una determinata lettera/numero corrisponde un determinato colore senza però avere a possibilità di figurare mentalmente quest’associazione (sinestesici associator).
Quella spazio-temporale rientra tra le forme di sinestesia non indotte da un senso ma da un concetto: il tempo. Le rare persone che vivono quest’esperienza è come se percepissero la “geografia del tempo” immaginando i mesi dell’anno come un cerchio che ruota in senso orario in modo tale che il mese corrente si trovi in una determinata posizione (ad esempio al centro), quello precedente davanti e quello successivo dietro. In questo modo è molto più semplice per i sinestetici spazio-temporali richiamare specifiche date o eventi. Sembra inoltre che essi siano maggiormente abili nella manipolazione spaziale e nella rotazione mentale di oggetti.
Un altro tipo di sinestesia è quella tattile a causa della quale vedere qualcuno che viene toccato o ferito in un determinato punto del corpo provoca nel sinestetico sensazioni simili al soggetto che sta osservando. La forma lessicale-gustativa, invece, è caratterizzata dal fatto che la lettura di determinate parole genere nel sinestetico specifici sapori, spesso molto forti. Quella uditivo-movimento permette di dare suoni a immagini in movimento, come ai flash luminosi che fluttuano su uno schermo o come le immagini che compongono un film muto.
Una delle tipologie più affascinati tra le sinestesie rimane comunque quella uditivo-visiva in cui l’esperienza musicale diventa colorata e che, in base alle caratteristiche intrinseche di un determinato soggetto, può essere temporaneamente stimolata anche dall’utilizzo di droghe allucinogene come l’LSD, dando origine al fenomeno della pseudo-sinestesia.
Il ruolo dell’LSD nella sinestesia
Per pseudo-sinestesia si intende una temporanea esperienza sinestetica per lo più associata all’utilizzo di droghe psicolabili, in cui si ripristina la normale percezione nel momento stesso in cui termina l’effetto della droga stessa. L’LSD (Dietilamide dell’Acido Lisergico) e la psilocibina (contenuta in alcuni funghi e nei tartufi che pare avere anche effetti antidepressivi e ansiolitci) vengono definite sostanze allucinogene o psichedeliche perché, avendo la capacità di superare la barriera emato-encefalica, agiscono direttamente a livello cerebrale aumentando l’interconnessione neuronale e favorendo la sovrapposizione sensoriale tipica della sinestesia.
Tuttavia oltre ad essere temporanea questa forma indotta (rispetto a quella congenita) è anche variabile: inizialmente ad un determinato suono potrebbe essere attribuito ad esempio il colore blu mentre in un secondo momento lo stesso suono potrebbe diventare giallo.
Anatomia di un cervello sinestetico
La sinestesia può essere riassunta in due parole: iperconnettività e cross-attivazione. Esistono connessioni molto più attive e sviluppate in un cervello sinestetico rispetto a quello del resto della popolazione e, la cosa veramente importante, è che non soltanto queste si accompagnano ad un maggiore spessore e concentrazione di materia grigia nelle aree maggiormente coinvolte nei processi sinestetici (ovvero quelle sensoriali per il processamento delle sensazioni, il lobo parietale per l’attenzione e l’associazione e il lobo frontale per i processi cognitivi) ma anche ad una maggiore comunicazione in tutte le aree del cervello e non soltanto in quelle direttamente interessate alla definizione di un determinato tipo di sinestesia.
A favore di questo studio è stata pubblicata la storia di una paziente avente un particolare tipo di sinestesia, definita gustativo-tonale. Questa donna sentiva particolari gusti in relazione all’ascolto di determinati intervalli tonali. Studi di imaging (Diffusion tensor imaging, DTI) hanno evidenziato non soltanto una maggiore concentrazione di sostanza grigia nell’area gustativa (insula) e nella corteccia uditiva ma anche una maggiore attività neuronale nelle suddette aree e una migliore connessione delle stesse con il lobo parietale e temporale.
Le basi neurofisiologiche della sinestesia
A differenza di quanto accade in altre condizioni di eccezionalità clinica come l’orecchio assoluto, molti studi hanno evidenziato che il cervello dei sinestetici è diverso da quello del resto della popolazione non soltanto dal punto di vista anatomico e fisiologico delle aree attivate durante il processo di elaborazione dello stimolo induttivo, ma in esso vi sono alterazioni anche in aree non direttamente correlate alla definizione dell’esperienza sinestetica. Il progressivo interesse da parte del mondo scientifico per la sinestesia coincide con l’avvento delle più sofisticate tecniche di imaging che hanno permesso di valutare gli effetti che un determinato stimolo produce nel cervello dei sinestetici.
La metodica PET (o tomografia ad emissione di positroni) così come la RMN funzionale hanno evidenziato il contemporaneo afflusso sanguigno nella corteccia uditiva e nell’area fusiforme del colore in tutti quei soggetti che “sentono” i colori e che hanno cioè una forma di sinestesia cromo-uditiva. Inoltre, grazie all’utilizzo del binomio elettroencefalografia-evento stimolante è stato possibile definire tre modelli che cercano di spiegare il meccanismo neurofisiologico alla base di questa patologia: due basati sulla differenza temporale con cui avviene l’attivazione di aree sensoriali diverse e uno basato soprattutto sulla connessione anatomo-fisiologica tra l’area limbica (responsabile della genesi delle sensazioni) e la corteccia cerebrale (sede della coscienza degli eventi).
Il primo modello prende il nome di modello a due fasi di attivazione e di iper-legame ed ha avuto un riscontro particolarmente positivo soprattutto nei sinestetici che riconducono una determinata lettera ad un colore ben specifico (grafemi-colore). Le tecniche di imaginig hanno evidenziato, per questo modello, una simultanea stimolazione dell’area posteriore temporale (sede della definizione dei grafemi) e l’area V4 (sede del processamento dei colori) nel cervello dei sinestetici. Normalmente, infatti, tra queste aree oltre ad esserci una minore connessione, vige una latenza di attivazione per cui, cioè, lo stimolo visivo di un segno non può essere sovrapposto a quello di un colore perché la percezione per quest’ultimo si definisce in un secondo momento.
Il secondo modello, detto di disinibizione del feedback, parte dal presupposto che le connessioni delle varie aree cerebrali nel cervello dei sinestetici siano normali ma quello che li rende “speciali” è la presenza di un feedback inibitorio anomalo delle aree corticali visive, cosicché il sinestetico possa contemporaneamente rappresentare nel suo cervello grafemi e colori.
Il terzo modello è quello che ha come protagonista il sistema limbico (ipotesi di mediazione limbica), area del cervello che racchiude i pensieri più reconditi e le sensazioni più istintive di ognuno. Secondo questa teoria il cervello dei sinestetici è dominato da forti e attive connessioni tra l’ippocampo e la corteccia neuro-sensoriale. In questo modo la sinestesia si genererebbe da una maggiore consapevolezza delle proprie sensazioni e sarebbe influenzata dal vissuto di ognuno, il che spiegherebbe anche perché in alcuni soggetti predomini la forma grafemi-colore ed in altri quella udito-colore. Uno studio interessante ha poi dimostrato che affinché essa si possa è necessaria la permanenza dello stimolo induttivo (per esempio la vista di una lettera): infatti se un numero o una lettera vengono mostrati per un breve lasso di tempo in modo tale che possano essere processati mentalmente ma non permangano alla vista, la sinestesia viene eliminata.
Grazie a tecniche di imaging come l’elettroencefalografia e la magnetoencefalografia è stato inoltre possibile studiare e definire la sequenza temporale che intercorre tra l’acquisizione dello stimolo induttivo e la sovrapposizione sensoriale. È stato scoperto che i sinestetici non soltanto elaborano più precocemente uno stimolo induttore ma lo fanno anche per un periodo più lungo rispetto al normale. Questo significa che nella sinestesia c’è sicuramente un’alterazione sia nella fase sensitiva dello stimolo (fase precoce) che in quella cosciente (fase tardiva). Resta ancora da chiarire in che modo queste due fasi sono alterate e recenti studi clinici si stanno muovendo in questa direzione.
Savantismo: la strana connessione tra sinestesia e autismo
Dal momento che tanto la sinestesia quanto l’autismo si basano sulla presenza di una sensibilità sensoriale atipica sono stati condotti molti studi per valutare una possibile relazione tra le due condizioni. Un recente studio ha sottoposto un gruppo di soggetti un particolare test normalmente usato nella diagnostica dell’autismo, il Glasgow Sensory Questionnaire (GSQ) con cui è stato possibile dimostrare che la sinestesia, nonostante non sia associata a deficit intellettivi (QI<70) o all’incapacità di relazione sociale, possa rientrare, in alcuni casi, nell’intervallo diagnostico dell’autismo. In altre parole, in entrambe le patologie è possibile avere una variazione della sensibilità sensoriale sia in up (e quindi avere una maggiore capacità di discriminazione sensoriale, una maggiore sensibilità ai suoni o al tatto e una migliore percezione dei dettagli) o in down (e avere quindi una minore risposta agli stimoli). In quest’ultimo caso però l’iposensibilità sensoriale sarebbe relativa soltanto agli stimoli sensoriali-motori, il che spiegherebbe la presenza di determinati tic anche nei sinestetici (come ad esempio lo sfarfallio delle mani). Resta da valutare se la sensibilità sensoriale sia l’unico punto di contatto tra autismo e sinestesia.
Ad avvalorare questi studi esiste una particolare condizione che prende il nome di savantismo e che, per le sue caratteristiche, pare sia comune a molte personalità geniali. La peculiarità di questa patologia è la coesistenza nella stessa persona di gravi deficit cognitivi con lo sviluppo di abilità speciali, come la sinestesia. È come se i soggetti affetti da questa sindrome siano in grado di utilizzare e manipolare buona parte degli stimoli provenienti dal mondo esterno per focalizzare il loro obbiettivo: per risolvere un calcolo aritmetico, ad esempio, sono capaci di figurare nella loro testa l’intera sequenza, in una specie di sistema spaziale ed intuitivo che sconvolge i modelli classici di risoluzione. Non a caso, infatti, colui che detiene il record europeo di memoria delle cifre del Pi greco (22.514) è Daniel Tammet, un savant sinesteta. Raccontando la sua esperienza egli afferma di muoversi in un paesaggio immaginario in cui riesce a visualizzare i numeri del Pi greco in sequenza e nel declamarli non fa altro che leggerli.
La sinestesia ha iniziato a stuzzicare l’interesse degli scienziati soltanto negli ultimi anni e, seguendo questa strada, tra qualche tempo sarà probabilmente possibile capire che tipo di utilità e correlazione possa avere con l’arte e con la creatività.