I viaggi astrali sono esperienze psichiche, di origine controversa, in cui il soggetto percepisce di staccarsi dal proprio corpo e osservarsi da fuori. Ecco uno sguardo neurologico su questo incredibile fenomeno.
IN BREVE
Il concetto di sé è qualcosa di particolare per l’uomo. Infinite opinioni nate da millenni di filosofia, teologia, psicologia e, più recentemente, neuroscienze, si sono interrogate sulla natura di questa entità, di cui risulta difficile perfino trovare una definizione. Se mettiamo da parte i condizionamenti della psicanalisi e il concetto di ego, tutto quello che possiamo dire sul sé è che si definisce in contrapposizione all’ambiente esterno. Solo questo. Non lo si può ridurre né al pensiero né alla personalità. A dirla tutta, non si può nemmeno indicare come semplice parte cosciente o istintiva. In casi come questo la semantica proprio non aiuta.
Lasciando perdere le discussioni lessicali, un altro problema irrisolto è quello del rapporto fra sé e corpo fisico. Anche se per gli esseri viventi di trova unità spaziale fra i due, qualsiasi considerazione successiva (esiste una parte immortale? Quali sono i limiti della percezione? È possibile stabilire contatti interiori fra persone?) manca di sufficienti prove scientifiche per intavolare un dibattito, o anche solo una vera argomentazione. Come misurare dati sul sé?
È forse proprio questa difficoltà ad affrontare l’argomento in maniera scientifica a essere responsabile dell’aura di fascino e mistero che avvolge un mitico fenomeno da film horror: l’uscita del sé dal proprio corpo o, per usare il termine più conosciuto, i viaggi astrali. Ne avremo sentito parlare fin troppe volte nelle trasmissioni di pseudo o fantascienza, specialmente riguardo a cosiddette situazioni di premorte. Il caso classico è quello di pazienti in gravi condizioni che, dopo essere sopravvissuti grazie a un delicato intervento chirurgico, testimoniano di aver assistito all’operazione in terza persona, fluttuando con la parte cosciente in un angolo della stanza mentre osservavano l’equipe di medici indaffarata sul corpo.
Più che il caso classico, questo è il caso tipicamente usato da film e programmi tv per romanzare un’esperienza di cui effettivamente si sa molto poco. I viaggi astrali, o esperienze extracorporee (in inglese OBE, out-of-body experiences), sono fenomeni psicologici in cui il soggetto percepisce di uscire dai confini corporei, fluttuare a mezz’aria e vedere il proprio corpo da un punto di vista esterno.
Secondo Olaf Blanke, professore presso il Laboratorio di Neuroscienze Cognitive dell’EPFL di Losanna, una esperienza extracorporea si definisce come la manifestazione in contemporanea di tre diversi fenomeni: depersonalizzazione, ovvero l’impressione di proiettarsi al di fuori del proprio corpo, prospettiva visuale-spaziale distanziata ed elevata, e autoscopia, visione di se stessi da una posizione esterna. Blanke in particolare distingue l’esperienza dei viaggi astrali da quella dell’allucinazione autoscopica, che si verifica quando un individuo vede un doppio di sé nello spazio che gli sta intorno, ma senza uscire dal proprio corpo e mantenendo il punto di vista abituale. Infine, un terzo caso individuato dal ricercatore è chiamato in inglese heautoscopy, e si configura come una sorta di via di mezzo fra OBE e allucinazione autoscopica: il soggetto vede ancora un doppio di sé nello spazio extrapersonale, però non è in grado di stabilire se la propria coscienza è all’interno del corpo o proiettata al di fuori.
Ma quali sono le cause di questi fenomeni? Le origini dei viaggi astrali sono un argomento estremamente dibattuto, se non controverso. Benché esperienze simili siano state registrate per migliaia di anni (i primi riferimenti a esperienze extracorporee risalgono perfino all’antico Egitto), la difficoltà nel registrare dati oggettivi sulle OBE ha sempre generato scetticismi e perplessità degli studiosi riguardo al valore scientifico delle proiezioni astrali, tanto che i più increduli hanno spesso bollato il fenomeno come suggestione onirica.
Oggi, studi più accurati confermano che non è vero: i viaggi astrali non sono sogni, anche se può capitare che si verifichino durante la fase ipnagogica (appena prima di addormentarsi) o ipnopompico (appena prima di svegliarsi) del sonno. È un dato che rivela molte somiglianze con un’altra esperienza legata a questi stadi psichici, la paralisi nel sonno.
L’esperienza extracorporea appare lucida e reale a chi la sperimenta, mentre nei sogni le immagini mantengono quella patina di irrealtà per cui, a un livello profondo, siamo coscienti di assistere a una ricostruzione mentale. Inoltre, molte OBE hanno luogo in momenti di veglia, in concomitanza con situazioni di altissimo stress psichico: un esperimento, guidato ancora da Olaf Blanke e pubblicato sulla rivista di neurologia Brain, ha messo in luce come quattro pazienti dei sei analizzati avessero vissuto viaggi astrali scatenati da crisi epilettiche, e due soffrissero di emicranie ricorrenti. In aggiunta, sembrerebbero esserci delle correlazioni tra esperienze extracorporee e individui che hanno subito danni alla regione occipitale del cervello.
Non solo. Sono stati registrati anche altri eventi scatenanti, che spaziano da gravi crisi psicotiche a stati mentali indotti dal consumo di droghe, soprattutto allucinogeni come la ketamina. Esistono anche metodi per indurre attivamente le proiezioni extracorporee (che sarebbero poi quelli generalmente adottati durante gli esperimenti), principalmente stimolazione elettrica del cervello e uso di opportune frequenze binaurali come strumento di supporto. (Non prendetela per una guida su come fare un viaggio astrale: ascoltare ore e ore di frequenze non vi porterà a nulla, e non si conoscono tecniche accertate per scatenarlo volontariamente su se stessi.)
Chiarita l’origine neurologica dei viaggi astrali, ecco un altro dettaglio interessante: durante una OBE può capitare che la copia parasomatica (il corpo che si vede) abbia dettagli nell’aspetto che non coincidono alla realtà, come abiti diversi da quelli realmente indossati durante la crisi, o che, pur vedendone solo la schiena, si abbia la certezza che la visione sia di se stessi, pur senza le prove visive per dirlo. Queste testimonianze suggeriscono che il riconoscimento di sé durante il viaggio astrale sia qualcosa di indipendente dal senso della vista, ma altri tipi di percezione.
Qualche dato più certo ce lo danno gli esperimenti riguardo alle aree del cervello che si pensano essere responsabili delle proiezioni extracorporee. Le rilevazioni di Blanke non hanno registrato predominanza dell’attività un emisfero rispetto all’altro. Invece, a essere coinvolta maggiormente sembra essere la regione occipitale (la parte posteriore del cervello), e in particolare la giunzione temporoparietale. Conosciuta con la sigla inglese di TPJ (temporoparietal junction), si tratta della zona di congiunzione fra lobo parietale e lobo temporale, ed è specialmente importante per la sua centralità nei processi di riconoscimento e distinzione sé-ambiente esterno.
Non solo. La giunzione temporoparietale sarebbe responsabile di una serie di processi di percezione visiva: elaborazione dei dati sensoriali, riconoscimento del corpo e delle sue parti, valutazione dello spazio esterno e della propria posizione. Tutti elementi che entrano in gioco durante l’esperienza extracorporea. Quindi, anche se non sappiamo perché avvengano i viaggi astrali, uno dei colpevoli è svelato: la TPJ contribuisce a innescare proiezioni extracorporee.
Per quanto importante, questo non è che un solo tassello di un argomento ancora vasto e oscuro. La difficoltà a catalogare il fenomeno, insieme all’aura di misticismo e paranormale che lo circonda, rende i viaggi astrali un tabù spesso bollato come sogno o superstizione. Ma non sono né l’uno né l’altro. C’è chi legge in questi fenomeni il segno dell’esistenza di una percezione più profonda, chi un brutto scherzo del cervello di fronte a stimoli eccessivi. In ogni caso, i viaggi astrali esistono. E chiedono di essere studiati.
Fonte
- Out‐of‐body experience and autoscopy of neurological origin
Brain - Esperienze fuori del corpo: una prospettiva di ricerca
AutoRicerca - Out-of-body experience, heautoscopy, and autoscopic hallucination of neurological origin
Brain Research Reviews