L’effetto Warburg si definisce come quella condizione caratteristica delle cellule cancerose di preferire una fermentazione lattica a una respirazione aerobia che sfrutta la fosforilazione ossidativa mitocondriale. Questa è una causa o una conseguenza dell’insorgenza dei tumori?
IN BREVE
Indice
EFFETTO WARBURG: DI COSA SI TRATTA?
L’effetto Warburg è descritto da quella condizione che è stata osservata nelle cellule cancerose e in molte cellule fatte crescere in vitro di sfruttare la fermentazione del glucosio piuttosto che una respirazione cellulare aerobia anche laddove l’ossigeno sia abbondante. Heinrich Warburg è stato un medico e fisiologo tedesco vissuto fra la seconda metà del 1800 e la prima metà del 1900 che aveva mostrato particolare interesse nella ricerca sul cancro. Considerando la grande inefficienza della fermentazione rispetto alla respirazione aerobia, inizialmente l’ipotesi di Warburg, oggi rivista, sosteneva che la causa della tumorigenesi fosse da ricercare nell’incapacità delle cellule cancerose di produrre respirazione aerobia e di ricorrere, quindi, alla fermentazione. Questa condizione avrebbe condotto all’insorgere del tumore e veniva quindi considerata la causa alla base dello sviluppo del cancro. Proprio per questo motivo divenne nota anche come “teoria del cancro di Warburg”. Le cellule colpite da questa insufficienza respiratoria mitocondriale sarebbero state responsabili della genesi tumorale. Oggi si crede che l’effetto Warburg sia più una conseguenza che non una causa della tumorigenesi. Apparentemente le cellule cancerose fermentano il glucosio mantenendo lo stesso livello di respirazione antecedente al processo di carcinogenesi e quindi l’effetto Warburg verrebbe definito semplicemente come l’osservazione del fatto che le cellule cancerose mostrano glicolisi con secrezione di lattato e quindi svolgono una respirazione anaerobia per fermentazione lattica piuttosto che una respirazione aerobia anche se in presenza di quantità sufficienti di ossigeno.
OTTO HEINRICH WARBURG E LA RICERCA SUL CANCRO
Otto Warburg fu un brillante fisiologo e medico tedesco vissuto fra il 1883 e il 1970. Si laureò in scienze naturali specializzandosi in chimica alla Albert-Ludwigs-Universität Freiburg perfezionando poi i suoi studi chimici e biochimici a Berlino. Portò avanti e concluse, inoltre, gli studi di medicina e nel 1912 fu abilitato per la facoltà di fisiologia di Heidelberg. Dal 1931 al 1953 fu direttore del Kaiser Wilhelm Institute, ora Max Planck Institute, per la fisiologia cellulare a Berlino. Warburg è ricordato essenzialmente per i suoi studi di ricerca sul cancro e la tumorigenesi, con particolare attenzione alla condizione mitocondriale di respirazione anaerobia riscontrata nelle cellule cancerose. Proprio da questi studi nacque l’ipotesi di Warburg, anche conosciuta come teoria del cancro di Warburg.
Gli studi sulle cellule cancerose e l’ipotesi di Warburg
Warburg dedicò molte delle sue ricerche alla tumorigenesi. Aveva osservato una differenza fondamentale fra le cellule cancerose e quelle sane: la velocità di flusso della glicolisi. Questa osservazione si rivelò assolutamente corretta. Oggi sappiamo che le cellule tumorali presentano livelli di attività glicolitica fino a 200 volte maggiori di quelle sane. Ma perché? Negli anni ‘20-’30 del 1900, Warburg interpretò i dati raccolti e spiegò che per poter spiegare questa condizione si doveva immaginare un elevato consumo locale di ossigeno che quindi ne avrebbe generato una carenza nelle cellule tumorali con conseguente innalzamento dei livelli di attività glicolitica. Nelle cellule tumorali, a quanto pare, non si verifica, infatti, l’effetto Pasteur responsabile del rallentamento della glicolisi in presenza di una adeguata quantità di ossigeno. Sebbene Warburg avesse attribuito a questa condizione ambigua la causa dell’insorgenza del cancro, oggi sappiamo che questa ipotesi è poco corretta. Le cause della tumorigenesi sono da ricercare nelle mutazioni che possono colpire oncogeni e oncosoppressori, attivando i primi e limitando l’espressione dei secondi, mentre l’effetto Warburg costituirebbe più una conseguenza e non una causa della tumorigenesi. Detto ciò, l’effetto Warburg non è però da sottovalutare. Può essere, infatti, utilizzato come importante fattore diagnostico biomedico nel riconoscimento di un tumore, può essere utile nella valutazione dell’efficacia di un trattamento specifico e per l’esatta localizzazione della massa tumorale attraverso tecniche di imaging mediate da un radiotracciante, come il fluorodeossiglucosio, ad esempio attraverso PET, la tomografia a emissione di positroni.
L’effetto Warburg: cause e conseguenze
Negli studi oncologici, quindi, l’effetto Warburg viene definito come quella condizione per cui le cellule cancerose preferiscono una respirazione anaerobia per fermentazione lattica piuttosto che una respirazione aerobia che sfrutta la fosforilazione ossidativa. Quindi il prodotto finale a partire dalla metabolizzazione del piruvato glicolitico di queste cellule è il lattato. Warburg aveva quindi ipotizzato che la causa della tumorigenesi fosse da ricercare in disfunzioni mitocondriali e nell’incapacità di alcune cellule di condurre una respirazione cellulare aerobia sfruttando una fosforilazione ossidativa. È stato studiato che una “glicolisi aerobia” (così l’aveva definita Warburg inizialmente), e quindi un processo di fermentazione lattica in presenza di ossigeno, conduce a una minor produzione di ATP rispetto alla fosforilazione ossidativa ma al contempo permette di produrre una serie di metaboliti addizionali che potrebbero essere implicati nei processi di proliferazione cellulare favorendola. Oggi sappiamo che più che una delle cause della tumorigenesi, l’effetto Warburg costituisce una delle conseguenze delle mutazioni in oncogeni e oncosoppressori direttamente responsabili dell’insorgenza del cancro. Gli studi sull’effetto Warburg sono tutt’ora in atto poiché nessuno sembra essere ancora riuscito a darne una spiegazione molecolarmente utile alla sua reale comprensione. L’effetto Warburg potrebbe essere una conseguenza del danneggiamento della massa mitocondriale cellulare causata dal cancro, o un adattamento della scarsità di ossigeno disponibile alle cellule tumorali, o il risultato dell’induzione del processo apoptotico che agisce direttamente sul mitocondrio o potrebbe essere direttamente collegato a una irregolare proliferazione cellulare. In caso di tumore ai reni, ad esempio, l’effetto Warburg sembra essere dovuto alla presenza di mutazioni nell’oncosoppressore Von Hippel-Lindau (VHL) che ne renderebbero gli alleli ipermorfi massimizzando l’attività glicolitica e attivando un’isoforma della piruvato chinasi. Una mutazione nel gene TP53, inoltre, in genere colpisce il metabolismo energetico cellulare e aumenta il tasso di glicolisi in caso di cancro al seno. Le ipotesi e le osservazioni sono molte, alcune ambigue e apparentemente contrastanti. Quello che è certo è che l’effetto Warburg dovrebbe essere inteso più come una conseguenza che non una causa della tumorigenesi, ma sembra ci sia ancora molto da chiarire circa i suoi aspetti molecolari più fini e la sua insorgenza.
UTILITÀ DELL’EFFETTO WARBURG
Per quanto ci sia ancora molto da comprendere sull’effetto Warburg, sia circa la sua insorgenza sia circa la condizione intracellulare che genera in sua conseguenza, questa condizione caratteristica delle cellule cancerose si presenta di grande utilità a livello diagnostico.
Tomografia a emissione di positroni
La tomografia a emissione di positroni, indicata anche spesso con la sigla PET, dall’inglese Positron Emission Tomography è una tecnica diagnostica medica di medicina nucleare che permette di produrre bioimmagini utili a livello diagnostico anche e soprattutto in caso di sospetto di cancro. Questa tecnica differisce dalla risonanza magnetica poiché l’immagine che si ottiene attraverso RM fornisce informazioni circa l’aspetto morfologico del tessuto in esame mentre mentre la PET permette di ottenere mappe fisiologiche che analizzano il corretto funzionamento cellulare e tissutale. La tomografia a emissione di positroni costituisce un tipo di scintigrafia: attraverso la scintigrafia, infatti, si sfruttano radionuclidi per produrre immagini. Questi sono utili poiché essendo, un radionuclide, un atomo fortemente instabile, questo tende a diventare più stabile attraverso un processo di decadimento radioattivo che quindi gli permette di emettere energia sotto forma di radiazioni. La maggior parte dei radionuclidi rilasciano protoni ad alta energia in forma di raggi gamma o di particelle come i positroni. Un positrone è, infatti, un antielettrone e quindi l’antiparticella dell’elettrone. Presenta stessa massa e stesso spin dell’elettrone ma ha carica uguale e opposta +1. Con la tomografia a emissione di positroni, una sostanza potenzialmente metabolizzata dal nostro organismo, come il glucosio, viene marcata con un radionuclide costituendo quello che prende il nome di tracciante radioattivo. Il tracciante si accumulerà in tessuti specifici del corpo e in genere più il tessuto sarà attivo circa il consumo della molecola marcata (nel nostro caso il glucosio) più verrà accumulato tracciante e questo potrà essere osservato in base al maggior numero di radiazioni emesse. La tecnica PET sfrutta uno scanner capace di analizzare i tessuti da molteplici angolazioni diverse contemporaneamente. Ciò permette di generare una serie di immagini bidimensionali a colori, le tomografie. Le immagini quindi mostrano i diversi livelli di intensità di attività tessuto-specifica in base alle diverse intensità di colorazione e permettono l’identificazione di tessuti anomali.
Fonte
- The Warburg effect: 80 years on
ReasearchGate - The Warburg Effect: Why and How Do Cancer Cells Activate Glycolysis in the Presence of Oxygen?
ReasearchGate