Le società classificano spesso le persone in razze umane. Queste distinzioni hanno avuto un enorme impatto nella storia dell’uomo, con conseguenze sociali, politiche ed economiche anche molto rilevanti. Le razze umane possiedono quindi un significato culturale, con effetti visibili anche nel presente, ma queste distinzioni hanno un fondamento scientifico? Le razze umane esistono? La risposta è no, e in questo articolo spiegheremo il perché.
IN BREVE
Indice
La comunità scientifica ha raggiunto ad oggi una conclusione in merito all’esistenza di razze umane. Ma prima di questo traguardo fu proprio la scienza a creare il concetto di razza che causò un impatto molto forte nell’ideologia dell’epoca.
STORIA DEL CONCETTO DI RAZZA UMANA
Sicuramente una visione razziale delle diverse popolazioni conosciute, esiste da sempre nell’antichità, tuttavia il concetto biologico di razza ha radici più recenti. L’idea nasce durante il colonialismo e per tutto il ‘700, periodo nel quale l’esistenza delle razze umane fu perlopiù accettata, e la comunità scientifica era impegnata a comprendere secondo quali definizioni potessero essere classificate. Rilevante fu l’intervento di Johann Friedrich Blumenbach che suggerì 5 varietà secondo diversità craniali, definendo tra queste la razza caucasica, considerata quella superiore. Nonostante i sistemi di classificazione fossero discordanti tra i vari esponenti, l’esistenza delle razze umane fu il punto d’accordo e si affermò nell’epoca.
Durante il corso dell’800, i dibattiti sulle razze umane cominciano ad intersecarsi con questioni politiche, e si afferma sempre più l’ideologia di una razza superiore che debba dominare sulle altre. É proprio da queste ideologie che prendono piede le giustificazioni per lo schiavismo ed i domini imperiali. Il culmine viene raggiunto dalla Germania nazista, che mostrò a tutto il mondo che conclusioni si potessero raggiungere in nome della “razza superiore”. Da questa violenza genocida cominciò ad affermarsi una rivoluzione morale di massa contro qualsiasi forma di razzismo. In concomitanza con questi eventi culturali, la genetica di popolazione cominciò a dare risposte piuttosto chiare in merito, e ad oggi la questione si può dire conclusa, ed ora spiegheremo perché.
RAZZE O SOTTOSPECIE?
Innanzitutto la questione sulle razze umane necessita una premessa nella terminologia. Il termine “razza” è usato dalla comunità scientifica solamente come termine zootecnico, per nominare gruppi di una stessa specie, i cui accoppiamenti sono selezionati artificialmente, con alto tasso di isolamento (viene artificialmente impedito l’accoppiamento tra razze diverse, il cane ne è un esempio). Il termine corretto biologico per indicare una classificazione all’interno della stessa specie è sottospecie. Ora che abbiamo riformulato la questione delle razze umane, possiamo chiederci: quanto, la specie umana, è predisposta a sviluppare delle sottospecie? Per rispondere a questa domanda dobbiamo tenere presenti due fattori principali che aumentano la probabilità di una differenziazione genetica sostanziale all’interno della stessa specie. L’età della specie in questione ed il mescolamento genetico negli accoppiamenti.
VARIABILITÀ GENETICA DELL’UMANITÀ
La nostra specie, ossia l’homo sapiens, è veramente giovane: l’età si identifica approssimativamente con 300’000 anni, confrontata ad una media che si aggira tra 1 e 10 milioni di anni. Alcuni animali denominati “fossili viventi” proprio in virtù della loro longevità, possono perfino superare ampiamente 100 milioni di anni. Inoltre, si stima che siamo rimasti in Africa per la maggior parte di questo tempo. L’umanità discende quindi da antenati comuni molto recenti, e questo previene la manifestazione di differenze genetiche sostanziali.
Tuttavia, non sarebbe stata impossibile l’insorgenza di sottospecie se ipoteticamente, usciti dall’Africa, ci fossimo divisi per moltissimo tempo in due aree geograficamente isolate tra loro. Infatti è probabile che in questo caso avremmo sviluppato differenze genetiche rilevanti, come quelle relazionate all’ambiente, diverso a seconda del gruppo. Una situazione del genere è piuttosto comune e le sottospecie non sono poi così rare in natura. Ciononostante, questo non è il nostro caso: l’umanità è caratterizzata da continue migrazioni e rimescolamenti genetici nella storia. Per questo le potenziali differenze che potevano affermarsi nel poco tempo di vita dell’homo sapiens, sono state pressoché annullate da questi flussi genici tra le popolazioni.
La conseguenza dei flussi genici tra le popolazioni e la giovinezza della specie è la fortissima somiglianza genetica tra individui. Lo studio della genetica ha infatti evidenziato come ciascuno di noi condivida il 99,9% del DNA con qualsiasi altro individuo, di qualsiasi continente. A rimarcare l’omogeneità tra le varie popolazioni, è importante anche sottolineare che ciascuna popolazione contiene in media il 90% di quella variabilità genetica. Questo vuol dire che potremmo somigliare più a qualcuno dall’altra parte del mondo che al nostro migliore amico.
COMUNI CRITERI DI DISTINZIONE IN RAZZE UMANE
Ora possiamo comprendere che distinguerci in razze umane, spesso con implicazioni complesse come quelle comportamentali, sia del tutto fuori luogo. Proviamo a prendere in esame alcuni criteri comuni di distinzione.
Il colore della pelle
Primo tra tutti è probabilmente il colore della pelle. Se tutte le differenze che noi percepiamo sono il risultato della diversa azione di un numero esiguo di geni, il colore della pelle è invece dovuto alla diversa concentrazione di una singola molecola. Una differenza totalmente irrilevante se non per la maggiore protezione ai raggi UV, che fornisce un vantaggio evolutivo nelle zone geografiche del mondo con maggiore esposizione ai raggi ultravioletti della luce solare.
E’ fondamentale anche capire come tutte queste differenziazioni, come il colore della pelle, le sopracitate differenze craniali e, come vedremo, i tratti somatici, non si manifestino come presenza o assenza di certe caratteristiche, ma come gradiente. Come si può stabilire, in uno spettro di colori, dove finisce un colore e ne inizia un altro? Allo stesso modo è impossibile definire dei confini per identificare razze, come la razza caucasica o altri scartati tentativi di classificazione.
Il viso
Un altro criterio di distinzione piuttosto evidente è il viso. La discriminazione in base al volto trova fondamento nel nostro percorso evolutivo. La nostra specie è infatti molto sociale fin dalle sue origini. Era perciò fondamentale cogliere i dettagli del viso alla base della comunicazione emotiva dell’uomo, così come saper distinguere un volto di un nemico da quello di un individuo del proprio gruppo. Ci siamo evoluti quindi sviluppando delle capacità sensazionali per distinguere un volto dall’altro, amplificando nel nostro cervello tutte le differenze del caso. Un’altra curiosità riguarda degli studi neurologici che hanno evidenziato come, la vista di una persona che non riteniamo del nostro gruppo, provoca una prima reazione eccessiva a livello del sistema nervoso. Questa, nonostante sia compensabile da una successiva elaborazione, costituirebbe il fondamento dei tipici comportamenti razzisti.
DIBATTITO SUL TERZO ARTICOLO DELLA COSTITUZIONE
Il terzo articolo della costituzione italiana afferma che: “tutti i cittadini hanno pari dignità sociale e sono eguali davanti alla legge, senza distinzione di sesso, di razza, di lingua, di religione, di opinioni politiche, di condizioni personali e sociali” . Se sappiamo con certezza che le razze umane non esistono, non dovremmo togliere il termine razza dalla costituzione? Su questa domanda nasce un dibattito recente che vede diverse posizioni. Un pensiero a favore dell’eliminazione del termine, suggerisce una sostituzione con la parola “etnia”, che indica un raggruppamento umano distinto per caratteri culturali e linguistici. Sicuramente questa espressione è scientificamente più corretta. Tuttavia il pensiero di molti giuristi è che il termine “razza” debba esser mantenuto. Questo perché la costituzione, oltre al suo valore giuridico, è anche un manifesto politico e l’inserimento di questa parola è una conseguenza delle leggi razziali, come monito per il futuro. Inoltre, ancora oggi l’idea delle razze umane è una realtà culturale presente, ed è quindi importante rimarcare l’uguaglianza sociale di queste, anche se prive di un significato biologico.
Fonte
- Biological Races in Humans
Pubmed - The neuroscience of race
Pubmed - Sul concetto di razza umana
Dipartimento di Biologia e Biotecnologie “L. Spallanzani” – Università degli Studi di Pavia - Nascita ed evoluzione del concetto di razza tra genetica, storia e diritto.
Frida – Università degli Studi di Torino