La cellula procariota, quindi i procarioti, sono uno dei due domini della classificazione tassonomica degli esseri viventi, insieme agli eucarioti. Addentriamoci nel mondo procariota, analizzando analogie e differenze rispetto ai loro “cugini” filogeneticamente più evoluti.
IN BREVE
Indice
I DUE DOMINI TASSONOMICI: PROCARIOTI ED EUCARIOTI
Tutti gli organismi viventi possono essere divisi in organismi pluricellulari e unicellulari. Mentre gli organismi pluricellulari sono formati da più cellule eucariote, gli organismi unicellulari possono essere formati o da una cellula eucariota o da una cellula procariota. Queste due tipologie di cellule sono le uniche esistenti nonostante l’enorme complessità degli organismi viventi. La cellula eucariota, quella che caratterizza tutti gli organizzi organismi pluricellulari, è quella evolutivamente superiore e anche dal punto di vista filogenetico più recente. La cellula procariote invece è quella evolutivamente più semplice. Abbiamo numerose caratteristiche simili e differenti tra le 2 tipologie cellulari: cerchiamo di analizzarle una per una.
LE CARATTERISTICHE DELLA CELLULA PROCARIOTA
Logicamente (e anche un po’ didatticamente) non possiamo descrivere le qualità e le strutture della cellula procariota senza fare paragone con quella eucariota. Vediamo adesso tutte le possibili caratteristiche differenti nei due tipi di cellule, dal genoma agli elementi citoplasmatici, passando per i processi vitali della cellula stessa.
A livello del DNA
La differenza più evidente tra i 2 tipi di cellule è sicuramente a livello nucleare. Nella cellula eucariota il DNA è organizzato in cromosomi (strutture lineari), contenuti in un nucleo ben definito e delimitato da una membrana nucleare. Questa membrana inoltre è provvista di pori nucleari che consentono il traffico di molecole in entrata ed in uscita. Ad esempio, i trascritti di mRNA escono dal nucleo per essere tradotti in proteine dai ribosomi: il processo di trascrizione e traduzione avvengono in luoghi ben distinti. Nella cellula procariote invece, non abbiamo un nucleo ben definito in quanto non vi è traccia di una membrana nucleare. Ciò significa che il DNA è a diretto contatto con il citoplasma e forma una struttura chiamata a nucleoide (fatta eccezione per i Planctomycetes, batteri acquatici, provvisti di una doppia membrana che circonda il nucleoide).
In più nelle cellule procariote il DNA, solitamente, non è organizzato in cromosomi ma in molecole circolari DNA (ed eventualmente elementi accessori di DNA sparsi nel citoplasma). Fanno eccezione gli streptomiceti, che posseggono un genoma a struttura lineare con sequenze simil-telomeriche alle estremità.
Un ulteriore caratteristica a livello genetico è l’organizzazione dei geni. Negli organismi procarioti, a differenza degli eucarioti, i geni sono organizzati in operoni policistronici. Ciò significa che, durante la trascrizione in una cellula procariota, non viene mai trascritto un singolo gene da solo ma un gruppo di 2 o più geni che sono sotto il controllo dello stesso promotore e che sono correlati funzionalmente tra di loro.
L’organizzazione citoplasmatica
Solitamente le cellule e procariote sono più piccole (1 µm) rispetto a quelle eucariote (20 µm) e anche più semplici a livello subcellulare. Infatti nella cellula eucariota oltre al nucleo possiamo riconoscere diversi distretti subcellulari o meglio chiamati organelli. Tra questi abbiamo ad esempio:
- i mitocondri
- il reticolo endoplasmatico liscio
- il reticolo endoplasmatico rugoso
- l’apparato del Golgi
- i lisosomi
- il centrosoma
- i plastidi (nelle cellule vegetali)
Nella cellula procariota invece sono assenti queste strutture; per lo più possiamo trovare alcuni distretti detti corpi di inclusione che altro non sono che compartimenti subcellulari dotati di membrana, che raccolgono e accumulano molecole di varia natura. Possono essere:
- granuli di riserva di polisaccaridi
- granuli di riserva di polifosfati
- carbossisomi (micro compartimenti che posseggono l’enzima rubisco fondamentale per la fissazione dell’anidride carbonica, quindi posseduto dai batteri autotrofi).
- magnetosomi (organelli contenenti magnetite che funziona quasi come una bussola per l’organismo stesso, migliorandone l’orientamento e la motilità)
- vescicole gassose in alcuni casi (funzionano come organo di galleggiamento e quindi consentono alla cellula di spostarsi verticalmente nella colonna d’acqua)
- granuli di zolfo
Un’altra componente presente in alcuni casi nelle cellule procariote e che invece manca nelle cellule eucariote è uno strato di rivestimento che circonda la superficie cellulare come ad esempio la capsula o il cosiddetto strato S. La capsula non è altro che un rivestimento di polisaccaridi facilmente visualizzabile in microscopia ottica con colorazione negativa utilizzando l’inchiostro di china (che non penetra la capsula ma la marca esternamente).
Le capsule possono contenere grandi quantità di acqua e possono essere formati da più unità di disaccaridi ripetuti o eteropolisaccaridi. Inoltre la capsula si rivela fondamentale per la sopravvivenza (in caso d infezione) di alcuni patogeni dell’uomo. Ad esempio, lo Streptococcus pneumoniae o Neisseria meningìtidis possono utilizzare la capsula per nascondersi dalle nostre cellule immunitarie. Lo strato S invece è un rivestimento formato da sub-unità proteiche, organizzate in modo cristallino, con uno spessore di 5-25 nm. Molto stesso sono proteine insolubili in acqua che possono essere glicosilate in piccola percentuale. La funzione di questo strato S e essenzialmente di protezione.
Infine, alcune cellule procariote possono essere dotati di un flagello, filamenti proteici cavi che permettono al microrganismo di muoversi. La struttura flagellare è divisa in 3 componenti: corpo basale, uncino e filamento. Nel corpo basale possiamo trovare il rotore e lo statore del motore del flagello; l’uncino è una struttura flessibile che fa da ponte tra il corpo e il filamento, struttura tubulare di 20 µm di diametro formata da numerosissime sub-unità di flagellina.
La replicazione cellulare
Nella cellula eucariota la divisione cellulare avviene mediante mitosi, un meccanismo molto complesso, ben regolato e provvisto di crossing over, evento che aumenta la variabilità genetica del nuovo individuo. Nella cellula procariota solitamente la divisione cellulare avviene per scissione binaria, in cui semplicemente il DNA viene replicato e ogni cellula figlia ne riceverà una copia. Inoltre nella cellula procariota non è stato ancora riconosciuto una modalità di riproduzione sessuale.
La traduzione
In entrambe le cellule, sia in quella eucariota che in quella procariota abbiamo i ribosomi, organuli formati da 2 sub-unità una maggiore e una minore. I ribosomi che si occupano della sintesi proteica, ovvero leggono il mRNA e lo traducono in proteine. In questo caso la differenza sta nelle sub-unità ribosomali:
- quello eucariota è 80S (formato da una sub-unità grande 60S ed una sub-unità piccola 40S)
- quello procariota è 70S (formato da una sub-unità grande 50S ed una sub-unità piccola 30S).
BATTERI E ARCHEA: I DUE REGNI DELLA CELLULA PROCARIOTA
All’interno del dominio procariote possiamo distinguere 2 regni: batteri e archea (o archeobatteri). Anche in questo caso abbiamo differenze e similitudini tra queste 2 tipologie di cellula procariota.
La membrana plasmatica
Una differenza tra le più evidenti è sicuramente la natura della membrana plasmatica. Nei batteri così come negli eucarioti abbiamo un doppio strato fosfolipidico (quindi contenente esteri). Nella membrana degli archeobatteri abbiamo lunghissimi eteri anche ad elevato numero di atomi di carbonio.
Nella struttura fosfolipidica abbiamo un acido grasso esterificato con d-glicerolo ed il fosfato legato con il carbonio C3. Negli archeobatteri abbiamo lunghe catene isoprenoidi con un gruppo alcolico legato al l-glicerolo attraverso un legame etereo ed il gruppo fosfato legato al carbonio C1. Inoltre la membrana lipidica degli archeobatteri può essere formata da dieteri (o tetraeteri) ovvero lunghe catene alifatiche formate da circa una ventina (o quarantina) di atomi di carbonio con alle due estremità due molecole di glicerolo. Ciò significa che abbiamo una vero e proprio monostrato lipidico che consente a chi la possiede di resistere ad altissime temperature. In alcuni casi, per conferire ancora più resistenza, negli archea ipertermofili abbiamo le lunghe catene alifatiche “farcite” con anelli ciclo-pentanici (a 5 atomi di carbonio).
La traduzione nella cellula procariota: una “grande piccola” differenza
Un’altra differenza molto interessante la possiamo evidenziare a livello traduzionale, cioè della sintesi proteica. Nei batteri infatti il primo amminoacido di una catena polipeptidica è sempre la formil-metionina che è un aminoacido “atipico” con il gruppo amminico bloccato dall’acido formico, attraverso un legame peptidico. Negli archea invece, così come (curiosamente) negli eucarioti, il primo aminoacido semplicemente la metionina. È curioso notare come la tripletta di start nella trascrizione sia sempre la stessa (AUG) ma codifichi per 2 aminoacidi diversi a seconda dell’organismo in cui ci troviamo.
La teoria endosimbionte: come dalla cellula procariota è nata quella eucariota
Abbiamo detto come la cellula eucariota sia filogeneticamente più antica rispetto a quella eucariota. Ma come è nata la cellula eucariota? Al giorno d’oggi non abbiamo una certezza inconfutabile sull’origine della “nostra” cellula, ma le teorie più accreditate sono quelle endosimbiontiche. La teoria endosimbionte propone che la prima cellula eucariota si sia formata attraverso una relazione di simbiosi interna tra un organismo ospite e un altro ospitato. Già Lynn Margulis (biologa americana) nel 1967 propose che i mitocondri, i plastidi fotosintetici e le ciglia fossero stati acquisiti da procarioti consentendone l’evoluzione. Si crede che l’ “host” sia stato un archea, in quanto il processo di sintesi proteica e le proteine che vi partecipano è molto più vicino agli eucarioti rispetto ai batteri.
Più recentemente inoltre è stato proposto un modello di endogenosimbiosi, secondo il quale sia avvenuto un vero e proprio trasferimento del nucleo o parte del materiale genetico alla cellula ospite. Questa teoria non è in contrasto con la precedente, ma complementare. In questo modo, attraverso l’integrazione di DNA esterno nel genoma dell’ospite, si potrebbe spiegare come perossisomi o ciglia siano componenti prive di DNA al loro interno, al contrario di mitocondri e plastidi.
Fonte
- Biologia dei microrganismi
Gianni Dehò – Enrica Galli - Endogenosymbiosis: from hypothesis to empirical evidence towards a Unified Symbiogenetic Theory (UST).
Pubmed