Per neve marina si intende quella pioggia di particolato organico e inorganico che si ritrova presso le profondità oceaniche. Questa costituisce una fonte trofica molto importante per gli organismi che popolano i fondali.
IN BREVE
Indice
NEVE MARINA: DI COSA SI TRATTA?
Presso le profondità oceaniche, la neve marina costituisce una pioggia continua di particolato organico e inorganico che cade dagli strati superiori della colonna d’acqua. Si tratta di un mezzo importante nell’esportazione di biomassa, e conseguentemente energia potenziale contenuta in essa, dalla zona fotica agli ultimi strati di quella afotica. Non appena gli animali e i vegetali che abitano la superficie degli oceani muoiono, questi decadono sui fondali marini nello stesso modo in cui le foglie degli alberi si accumulano al suolo in autunno. La neve marina in realtà comprende anche materia fecale, sabbia, fuliggine e altre polveri inorganiche. Il particolato che compone la neve marina è stato così chiamato per l’aspetto che assume, come fosse compost di fiocchi che pian piano possono ingrandirsi prima di raggiungere il fondale accumulando una maggiore quantità di particelle organiche e inorganiche. Il percorso che compiono questi “fiocchi” è lungo e varia in base alla profondità del bacino e alle correnti: in alcuni casi il particolato della neve marina può impiegare anche settimane prima di raggiungere il fondale. La neve marina costituisce il nutrimento per molte creature che abitano le profondità oceaniche: alcune di queste filtrano l’acqua e ne ricavano le particelle di cui si cibano, altre dissodano la neve marina direttamente dal fondale. Gli scienziati del National Oceanic and Atmospheric Administration (NOAA) hanno misurato la quantità di materiale utilizzabile nella neve marina e hanno scoperto che questa presenta una grande abbondanza di carbonio e azoto, utili alla nutrizione degli scavengers che abitano i fondali. La piccola percentuale di materiale non consumato in acqua poco profonde viene incorporata in quella massa melmosa che ricopre il fondo dell’oceano, dove viene ulteriormente decomposta attraverso l’attività biologica degli organismi che vi vivono. Circa i tre quarti del fondo oceanico sono coperti da questa densa e liscia melma.
COMPOSIZIONE DELLA NEVE MARINA
La neve marina si compone per lo più di materiale organico, fra cui animali morti o morenti, fitoplancton, protisti, batteri e materia fecale, ma anche, in parte, di particolato inorganico. Raggiungendo profondità sempre maggiori, questo particolato si accumula e i fiocchi che lo compongono possono ingrandirsi sia a grazie a processi abiotici, come semplici processi zavorra, che a processi biotici, come ad esempio per la presenza di sostanze extrapolimeriche, polimeri naturali essudati come prodotti di scarto principalmente di fitoplancton e batteri. Il muco secreto dallo zooplancton marino, per lo più composto da salpe, appendicolarie e pteropodi, costituisce uno degli altri componenti degli aggregati di neve marina. Questi aggregati crescono nel tempo e possono raggiungere diversi centimetri di diametro, viaggiando per settimane prima di raggiungere i fondali oceanici. La neve marina si forma spesso in corrispondenza delle fioriture algali. Mentre il fitoplancton si accumula, questo si aggrega o viene catturato in altri aggregati, i quali accelerano il tasso di affondamento poiché l’aggregato aumenta il suo peso. La maggior parte delle componenti organiche della neve marina è consumata da microbi, organismi zooplanctonici e altri animali filtratori nei primi 1000 metri della loro discesa. Per questo la neve marina costituisce un fattore ecologico fondamentale e può essere considerata la base degli ecosistemi mesopelagici e bentonici delle acque più profonde: poiché la luce solare non può raggiungere questi strati, gli organismi che abitano le profondità oceaniche dipendono fortemente dalla neve marina come fonte di energia.
La piccola percentuale di materiale organico non consumato entra a far parte di quella fanghiglia melmosa che ricopre il fondale oceanico: questa andrà incontro a decomposizione grazie all’azione dei microorganismi bentonici che popolano i fondali. I batteri e gli altri microorganismi che popolano le acque oceaniche sembrano essere coinvolti in un sistema di rapido riciclaggio dei nutrienti. Il fitoplancton si è mostrato essere capace di ottenere i nutrienti essenziali anche laddove la concentrazione di materia organica è molto limitata, sfruttando il particolato organico costituito in parte da materia fecale zooplanctonica, in parte dai prodotti della decomposizione batterica. Non appena gli aggregati di particolato della neve marina raggiungono il fondale, i numerosi microorganismi che vi risiedono entrano a far parte del ciclo microbico, in inglese microbial loop. Il ciclo microbico descrive una via trofica nella rete alimentare microbica marina in cui il carbonio organico disciolto (DOC) viene restituito a livelli trofici più elevati attraverso la sua incorporazione nella biomassa batterica e accoppiato alla catena alimentare classica costituita dalla triade fitoplancton-zooplancton-nekton. Il termine ciclo microbico è stato coniato da Farooq Azam, Tom Fenchel e altri collaboratori per includere il ruolo svolto dai batteri e dagli altri microorganismi nei cicli del carbonio e dei nutrienti dell’ambiente marino. Gli aggregati che compongono la neve marina cominciano a formarsi a partire dalla frazione colloidale delle acque oceaniche, che in genere contiene particelle di dimensioni comprese tra 1 nm e diversi micrometri. Questa ha una massa totale molto più elevata rispetto al fitoplancton o ai batteri, ma non è facilmente disponibile a causa delle caratteristiche dimensionali delle particelle rispetto ai potenziali consumatori.
Effetto zavorra
Gli aggregati che affondano più rapidamente sul fondo dell’oceano hanno maggiori possibilità di esportare carbonio verso il fondo del mare profondo. Più lungo è il tempo di permanenza nella colonna d’acqua maggiore è la possibilità che questi siano erosi da agenti biotici o abiotici. Gli aggregati formati in aree ad alta densità di polveri sono in grado di aumentare la loro densità poiché si arricchiscono di materiale litogenico che ne aumenta il peso specifico e ne permette uno sprofondamento più rapido. Gli aggregati che sono in grado di aumentare la loro densità sfruttando questo effetto zavorra, apparentemente, possono farlo solo nelle acque più superficiali: studi sperimentali hanno sfatato la possibilità di un ulteriore accumulo di minerali una volta iniziata la discesa degli aggregati di neve marina verso le profondità oceaniche.
Microorganismi associati
Una volta che gli aggregati hanno raggiunto dimensioni di diversi micrometri di diametro, cominciano ad accumulare batteri, dal momento che vi è spazio sufficiente per l’alimentazione e la riproduzione. La prova di ciò è stata trovata da Alldredge e Cohen nel 1987 che hanno trovato prove sia di respirazione che di fotosintesi all’interno degli aggregati, suggerendo la presenza di organismi sia autotrofi che eterotrofi. Inoltre, è stato osservato che durante la migrazione verticale dello zooplancton l’abbondanza di aggregati è aumentata, mentre la distribuzione delle dimensioni è diminuita. Sono stati trovati aggregati nell’addome dello zooplancton che indicano che il loro pascolo frammenta aggregati più grandi. I batteri associati alle particelle sono spesso difficili da studiare, perché gli aggregati di neve marina sono spesso di dimensioni comprese tra 0,2 e 200 μm e gli sforzi di campionamento sono enormi. Questi aggregati sono punti caldi per l’attività microbica. I batteri eterotrofi sono gli organismi più abbondanti negli aggregati, seguiti da cianobatteri e nanoflagellati. La variabilità stagionale può avere un effetto sulle comunità microbiche degli aggregati di neve marina, con concentrazioni più alte durante l’estate. Le comunità microbiche che si formano sugli aggregati variano dalle comunità nella colonna d’acqua. Le concentrazioni microbiche sono in genere di diversi ordini di grandezza maggiori rispetto a quelle riferite ai microbi liberi. Inoltre, sembrerebbe che colture batteriche isolate abbiano un’attività enzimatica fino a 20 volte superiore entro le prime due ore dall’attracco alla superficie dell’aggregato, dimostrazione di come questi aggregati di particolato organico e inorganico siano di importanza trofica fondamentale per i microorganismi marini. Diversi esperimenti hanno dimostrato che le comunità che si formano durante l’aggregazione rimangono associate all’aggregato e qualsiasi cambiamento di comunità è associato all’attacco dell’aggregato da parte di altre specie planctoniche più grandi o alla sua frammentazione.
UTILITÀ DELLO STUDIO DELLA NEVE MARINA
L’oceano profondo ospita più del 98% del pool di carbonio inorganico disciolto (DIC). È ancora da risolvere l’effetto dei microbi sul ciclo globale del carbonio. Gli studi dimostrano che i microbi negli oceani profondi non sono dormienti, ma sono metabolicamente attivi e devono partecipare al ciclo dei nutrienti non solo da eterotrofi ma anche da autotrofi. Inoltre, sembra che ci sia una discrepanza tra la domanda di carbonio microbico negli oceani profondi e l’esportazione di carbonio dalla superficie dell’oceano. A causa dei lunghi tempi associati alla circolazione termoalina dell’oceano, il carbonio trasportato come neve marina negli oceani profondi dalla pompa biologica può rimanere fuori contatto con l’atmosfera per più di 1000 anni. Cioè, quando la neve marina viene infine decomposta in nutrienti inorganici e anidride carbonica disciolta, questi sono effettivamente isolati dalla superficie oceanica per scale di tempo relativamente lunghe legate alla circolazione oceanica. Di conseguenza, l’aumento della quantità di neve marina che raggiunge gli oceani profondi è alla base di diversi sistemi di geoingegneria per migliorare il sequestro del carbonio da parte dell’oceano. L’aumento delle temperature oceaniche, un indicatore previsto del cambiamento climatico, può comportare una diminuzione della produzione di neve marina a causa della stratificazione della colonna d’acqua. La crescente stratificazione diminuisce la disponibilità di fitoplancton come nitrati, fosfati e acido silicico, e potrebbe portare a una diminuzione della produzione primaria e, quindi, delle nevi marine. La neve marina ha anche cominciato a suscitare interesse da parte dei microbiologi, a causa delle comunità microbiche ad essa associate. Ricerche recenti indicano che i batteri trasportati possono apparentemente essere ricombinanti rispetto al genoma di popolazioni isolate di batteri che abitano l’estensione del fondo oceanico.
Fonte
- What is marine snow?
National Ocean Service