Nel corso della seconda ondata il ritmo dei contagi è stato molto più serrato rispetto alla precedente, causando numerose difficoltà ai laboratori ed alle ASL, che non riescono gestire con celerità il volume di esami. Nella migliore delle ipotesi bisogna aspettare all’incirca 5 giorni per ottenere il risultato al tampone, talvolta generando ancora più ansia nel soggetto. Per questo motivo si sta cercando di sviluppare un test rapido coronavirus. Tra le più promettenti tecnologie vi sono i biosensori che tramite un’analisi rapida riescono a rivelarne la presenza anche nelle persone asintomatiche.
IN BREVE
Indice
CORONAVIRUS: GENERALITÀ SUL COMPORTAMENTO D’ATTACCO
Perchè vi è un bisogno urgente di trovare di un test rapido coronavirus? Il Sars-CoV-2 è un virus che attacca il sistema respiratorio legandosi a una particolare proteina presente nei polmoni, l’Ace2, provocando diversi sintomi che si manifestano in maniera diversa a seconda dell’individuo. Nei casi più gravi si manifesta con complicanze respiratorie, associate a problemi diffusi al cuore, cervello, reni o al metabolismo. Una peculiarità dei virus è il loro spirito di adattamento a diversi ambienti, e di conseguenza la capacità di mutarsi continuamente. Infatti, anche il coronavirus è mutato dall’inizio del contagio e ad oggi non sembra aver sviluppato mutazioni “vantaggiose” al patogeno. Inoltre, la nostra proteina spike avrebbe reso il virus più contagioso. Tale elemento è risultato decisivo nell’aumento esponenziale dei contagi, in questa seconda ondata, nella maggior parte dei paesi.
Sorge quindi spontanea la domanda su cosa sia questa proteina spike, e sull’importanza che questa riveste in questo momento. In prima istanza, prima di rispondere a questa domanda iniziamo con il dire che; un betacoronavirus ha un genoma di RNA a filamento positivo singolo. I genomi di CoV codificano per quattro proteine strutturali: spike (S), busta (E), matrice (M) e nucleocapside (N). La famiglia di betacoronavirus che attaccano il genere umano e non quello animale, in realtà, non risultano così sconosciuti. Nel corso degli ultimi due decenni abbiamo già affrontato gravi epidemie causate prima dalla SARS-CoV (2003) e poi dal MERS-CoV (2012). Anche loro causavano sindromi respiratorie gravi, ma sebbene la patogenesi virale di SARS-CoV-2 sia sconosciuta, essa risulta molto affine al SARS-CoV. Studi recenti hanno riportato che il virus tramite la sua proteina spike(S), si lega con elevata attinenza all’enzima convertitore dell’angiotensina (ACE 2) e lo sfrutta come recettore di ingresso cellulare.
Il problema della rivelazione del virus nei test
Per i patogeni emergenti, il mezzo principale di diagnosi è la reazione a catena della DNA-polimerasi in tempo reale (RT-PCR) tramite trascrizione inversa. Attualmente, la RT-PCR è il metodo utilizzato per il rilevamento (tamponi). La diagnosi molecolare in tempo reale richiede almeno 3 ore, inclusa la preparazione dell’RNA virale, che influisce sull’accuratezza della diagnosi. Il SARS-CoV-2 è altamente contagioso e si è diffuso rapidamente in tutto il mondo. Attualmente il tasso di trasmissione di COVID-19 è molto più veloce di quelli di SARS e MERS. Questo anche perché il contagio avviene tramite un contatto stretto con la persona infetta o attraverso il contatto con delle superfici infette. Il numero di riproduzione di base stimato (R0) è di circa 2,2. Cosa significa questo numero? Che in media ogni paziente diffonde l’infezione a 2,2 persone. Inoltre, come abbiamo menzionato prima, esistono anche casi di trasmissione asintomatica di COVID-19. Un soggetto asintomatico, però, è lo stesso un potenziale portatore di infezione. Pertanto, metodi diagnostici immunologici altamente sensibili, che rilevano direttamente antigeni virali in campioni clinici senza passaggi di preparazione del campione, risulta necessario un test rapido e accurato per il coronavirus.
I BIOSENSORI: COSA SONO?
Tra i metodi diagnostici attualmente disponibili rivestono una particolare posizione i dispositivi di rilevamento biologico su transistor ad effetto di campo (FET). Un biosensore è un dispositivo che utilizza la risposta di un riconoscimento biologico (enzimi, DNA, RNA, antigeni) con il contatto diretto con un trasduttore, per convertirla in un segnale misurabile. Il metodo di rivelazione di tale segnale dipende dalla tipologia di trasduzione che avviene, che a sua volta dipende dal tipo di reazione che avviene sul sensore. Nel nostro caso si sfrutta l’amperometria, che è basata sulla misurazione della corrente elettrochimica della corrente derivante dall’ossidoriduzione.
Essi presentano numerosi vantaggi, inclusa la capacità di effettuare misurazioni istantanee, e sono altamente sensibili utilizzando piccole quantità di analiti. Per quest’ultima particolare caratteristica, biosensori basati su FET sono considerati potenzialmente utili nella diagnosi clinica, nei test point-of-care e nel rilevamento in loco. Ma allora perché non sono già sfruttati? Uno degli svantaggi è che non presentano un’area superficiale, essendo nanotecnologie, che facilità l’alta sensibilità e il riconoscimento della risposta unica dell’evento biochimico. Per aumentare la sensibilità si cerca di aumentare il rapporto segnale-rumore, ossia di aumentare la potenza di segnale. rispetto quella di rumore. Ogni dispositivo è affetto di rumore, il primo di tutti è quello termico.
Fabbricazione e caratterizzazione del dispositivo
Per questi biosensori FET è stato utilizzato il grafene. Il grafene si ottiene trattando la grafite con una soluzione di acido solforico e nitrico. È un foglio bidimensionale di atomi di carbonio disposti in modo esagonale, tutti esposti sulla sua superficie. Inoltre, è dotato di ottima versatilità, resistenza al calore e soprattutto un elevata conduttività elettronica. I biosensori FET a base di grafene possono rilevare i cambiamenti circostanti sulla loro superficie e fornire un ambiente di rilevamento ottimale per il rilevamento ultrasensibile e a basso rumore. La scelta del grafene, quindi, va ad eliminare gli svantaggi superficiali sopracitati ed inoltre spinge ancora di più la conduzione elettronica date le sue proprietà.
Come abbiamo già accennato il SARS-CoV-2 codifica per quattro proteine strutturali: spike, busta, matrice e nucleocapside. Tra questi, la proteina spike è più adatta per l’uso come antigene diagnostico perché è una delle principali proteine transmembrana del virus ed è altamente immunogenica. Inoltre, la proteina spike mostra diversità di sequenza amminoacidica tra i coronavirus, consentendo il rilevamento specifico di SARS-CoV-2. Pertanto, si sfrutta l’anticorpo spike SARS-CoV-2 come recettore per rilevare questo virus. L’anticorpo spike SARS-CoV-2 è stato immobilizzato sul dispositivo fabbricato attraverso l’estere N-idrossisuccinimide dell’acido 1-pirenebutirrico (PBASE).
Prima di immobilizzare l’anticorpo spike SARS-CoV-2 sul FET, si è anche verificato le prestazioni dell’anticorpo mediante saggio di immunoassorbimento enzimatico (ELISA). I risultati hanno rivelato che l’anticorpo si lega alla proteina spike SARS-CoV-2 ma non alla proteina spike MERS-CoV o all’albumina sierica bovina (BSA). Queste osservazioni confermano che l’anticorpo è specifico per la proteina spike SARS-CoV-2 ed è quindi adatto per rilevare SARS-CoV-2.
ATTIVAZIONE DEL BIOSENSORE
Per indagare sulla trasduzione della presenza dell’anticopo spike sulla superficie del grafene in segnale, si prepara un FET coperto con una soluzione tampone salino tamponato con fosfato (PBS;PH=7,4), per mantenere un efficiente effetto gating. Come possiamo vedere dalla figura 3a, il FET dovrebbe rilevare la presenza della proteina in base ai cambiamenti nel potenziale della superficie del canale e ai corrispondenti effetti sulla risposta elettrica. Si effettuano quindi tali test.
I dati riportati nelle figure b,c,d mostrano i vari comportamenti di tensione, corrente e trasferimento energetico del FET dopo ogni processo di modifica. Tra quelle di maggiore importanza sottolineiamo la 3C che mostra le curve corrente-tensione (I – V) del dispositivo al grafene in un intervallo da −0,1 a +0,1 V prima e dopo il fissaggio dell’anticorpo. Si nota che dopo l’immobilizzazione dell’anticorpo sul canale del grafene, le pendenze (d I / d V) sono diminuite. Questa differenza di pendenza indica il successo dell’introduzione dell’anticorpo spike SARS-CoV-2.
Dai test effettuati in laboratori, in ambienti che simulavano il comportamento reale della proteina nel sangue il sensore si è mostrato altamente stabile, con una risposta immediata, buona selettività.
Comportamento del sensore in un terreno di trasporto universale
Per determinare se il sensore FET potesse essere utilizzato sul campo, si è studiata la sua risposta alle proteine spike in UTM. In clinica, la diagnosi di COVID-19 viene eseguita utilizzando tamponi nasofaringei sospesi in terreno di trasporto universale (UTM). L’UTM contiene vari reagenti che possono influire sulle prestazioni del sensore FET, come i sali bilanciati di Hank e la BSA. Pertanto, abbiamo valutato la risposta del sensore FET agli antigeni in UTM. I risultati hanno rivelato che il test rapido per il coronavirus potrebbe rilevare con successo le proteine dell’antigene spike SARS-CoV-2 a partire da una concentrazione abbastanza basse. Ciò indica che il sensore FET COVID-19 è in grado di rilevare gli antigeni nei campioni clinici senza alcuna preparazione o preelaborazione. Per indagare ulteriormente sulla sensibilità normalizzata del sensore FET COVID-19, i cambiamenti di sensibilità in funzione della concentrazione della proteina dell’antigene SARS-CoV-2. La curva di risposta normalizzata era lineare per un range di concentrazione abbastanza vasto e quindi tale sensore ha il potenziale per essere utilizzato per la diagnosi COVID-19.
Rilevazione del virus SARS-CoV-2 da campioni clinici
In conclusione, è stata testata le prestazioni di rilevamento del sensore FET COVID-19 utilizzando campioni clinici. A tal fine, sono stati raccolti campioni di tampone nasofaringeo da pazienti COVID-19 e soggetti normali e li abbiamo conservati in UTM. Prima di aggiungere i campioni dei pazienti al dispositivo, si è valutato dei campioni di tamponi nasofaringei da soggetti normali per determinare il segnale basale. Il test rapido per il coronavirus discrimina chiaramente tra campioni infetti e campioni normali. Dato che UTM include vari reagenti e genera segnali di rumore, consideriamo il LOD del sensore FET COVID-19 sufficientemente basso per l’uso pratico. Questo perché, come abbiamo trattato nella sezione di vantaggi e svantaggi, dobbiamo cercare di massimizzare il rapporto segnale/rumore. Il grafene anche se ci aiuta a spingere la reazione non risulta sufficiente a compensare questo svantaggio. Inoltre, aggiungiamo anche che dato il recente interesse sul grafene, attualmente, ne fa un materiale pregiato e di difficile reperimento, che arriva a costare fino a 60 volte degli attuali materiali equivalenti, ma certamente più impattanti. Tuttavia, lo sviluppo di nuovi materiali del sensore FET per UTM dovrebbe essere necessario per un rilevamento più accurato riducendo i segnali di rumore e rendendolo il metodo di rivelazione più veloce ed accurato.
Conclusioni test rapido coronavirus tramite sensori
Nel loro insieme, i risultati mostrano che il nostro test rapido per il coronavirus ha rilevato con successo il virus SARS-CoV-2 da campioni clinici senza alcuna preelaborazione e con un ampio intervallo dinamico, sempre più importante. I ricercatori sono riusciti a sviluppare un test rapido per il coronavirus in cui l’anticorpo spike SARS-CoV-2 è coniugato a un foglio di grafene, che viene utilizzato come area di rilevamento. Il sensore è stato in grado di rilevare il virus SARS-CoV-2 in campioni clinici, l’antigene SARS-CoV-2 nell’uso pratico. tampone standard, terreno di trasporto e virus SARS-CoV-2 coltivati. Inoltre, il dispositivo non ha mostrato reattività crociata misurabile con l’antigene MERS-CoV.
Fonte
- Rapid Detection of COVID-19 Causative Virus (SARS-CoV-2) in Human Nasopharyngeal Swab Specimens Using Field-Effect Transistor-Based Biosensor
ACSNANO