I vaccini a mRNA sono vaccini contenenti RNA messaggero che porta al suo interno le istruzioni per produrre una determinata proteina virale per scatenare la risposta immunitaria. Sono la nuova frontiera della medicina?
IN BREVE
Vaccini a mRNA: cosa sono?
I vaccini a mRNA sono vaccini contenenti RNA messaggero (mRNA) che porta al suo interno le istruzioni per produrre una determinata proteina virale. Una volta all’interno delle cellule del nostro corpo, l’mRNA fa sì che la proteina virale venga da loro prodotta, fungendo da “stampo” (è importante sottolineare che i soggetti che ricevono un vaccino a mRNA non sono esposti al virus, né possono essere infettati dal virus tramite il vaccino). La proteina virale verrà dunque rilasciata nel sangue e riconosciuta come “estranea” dal sistema immunitario che, di conseguenza, produrrà anticorpi specifici in grado di aggredire tutto il virus, in caso di necessità. Questi anticorpi persistono solo temporaneamente nel sangue (tra 4 e i 6 mesi). Tuttavia, il nostro corpo ricorda come difendersi da successive infezioni grazie a cellule immunitarie definite proprio “cellule della memoria”. Per quanto riguarda gli Sati Uniti, come tutti i vaccini, quelli a mRNA richiedono l’autorizzazione o l’approvazione della Food and Drug Administration (FDA) prima di poter essere utilizzati. Attualmente i vaccini per la COVID-19, la malattia causata dal coronavirus SARS-CoV-2, sono gli unici vaccini a mRNA autorizzati o approvati. Questi vaccini utilizzano mRNA che indirizzano le cellule a produrre copie di una proteina all’esterno del coronavirus nota come “proteina spike”. I ricercatori stanno studiando come l’mRNA possa essere utilizzato per sviluppare vaccini per altre malattie. Il concetto di utilizzare l’mRNA per codificare le proteine per la vaccinazione o la sostituzione delle proteine ha ricevuto la prima convalida in vivo nel 1990, quando Wolff et al. dimostrarono la produzione di una proteina target dopo un’iniezione intramuscolare nel topo. Ci sono voluti diversi decenni prima che la promessa di questa tecnologia venisse convalidata clinicamente. Nel frattempo, i potenziali vantaggi dell’mRNA come vaccino (di cui si parlerà a breve) ha fatto sì che un ristretto numero di accademici continuassero a lavorare su questo acido nucleico a singolo filamento.

Vaccino a mRNA o a vettore virale?
Potrà sorgere spontanea una domanda: quali sono le differenze tra un vaccino a mRNA ed uno a vettore virale (quello tradizionalmente utilizzato, per intenderci)? I vaccini a vettore virale sfruttano, come il nome stesso suggerisce, la versione meno aggressiva di un virus per fornire in sicurezza alle nostre cellule istruzioni sotto forma di codice genetico. Grazie a tali istruzioni, pe quanto riguarda i vaccini per la Covid-19, ad esempio, il corpo è in grado di produrre un elemento del tutto innocuo del coronavirus: la proteina spike. Con questo tipo di vaccino il sistema immunitario “familiarizza” con tale proteina e, in caso di infezione, è in grado di neutralizzare il coronavirus e prevenire la malattia. È importante sottolineare che I vettori virali utilizzati nei vaccini non modificano il DNA né interagiscono con esso. Il viaggio di un vaccino a vettore virale all’interno del nostro organismo richiede diverse tappe. Nella prima, in seguito all’iniezione, l’adenovirus (virus a DNA in grado di causare, nell’uomo, infezioni generalmente lievi) che trasporta le istruzioni per la creazione di proteine spike penetra nelle cellule. Il corpo allora procede con la creazione della proteina spike. Il sistema immunitario, a questo punto, riesce ad individuare le proteine estranee ed a produrre anticorpi ed immunociti in grado di attaccarle. Solo allora il corpo si libererà rapidamente dell’adenovirus e delle informazioni genetiche in esso contenute. Dunque, in caso di infezione da coronavirus, il sistema immunitario può individuare le proteine spike e distruggere, così, il virus. Dunque, i vaccini come Vaxzevria di Astrazeneca e Johnson&Johnson, al contrario dei vaccini ad mRNA, utilizzano come vettore virale adenovirus, ovverosia dei virus, molto comuni, responsabili del raffreddore e della faringite, che vengono inattivati, quindi sono incapaci di replicarsi e di infettare l’organismo ricevente. In particolare:
- Vaxzevria utilizza un adenovirus tipico degli scimpanzé;
- Janssen (vaccino a vettore virale di Johnson&Johnson) adenovirus umano (Ad26).
Poco dopo aver svolto la sua funzione, il virus vettore presente nel vaccino viene, ad ogni modo, eliminato dall’organismo.
Come già accennato, la principale differenza tra vaccino a vettore virale ed a mRNA consiste nel fatto che gli ultimi utilizzano delle molecole di RNA messaggero (mRNA) modificato che, come dice l’espressione stessa, consegnano alla cellula un “messaggio” per produrre, nel caso specifico, la proteina Spike del Sars-Cov-2. Entrato nella cellula, anche in questo, il vaccino fornisce a questa le istruzioni necessarie per la sintesi della Spike, attivando i linfociti T del sistema immunitario, che a loro volta trasmettono ai linfociti B il comando per la sintesi degli anticorpi. Anche stavolta, in seguito alla “consegna” del messaggio, l’mRNA si degrada naturalmente. Tra i vaccini ad mRNA si annoverano il Comirnaty/Pfizer e Moderna. L’Aifa (Agenzia Italiana del Farmaco) ha valutato questi vaccini ad mRNA come equivalenti.
Ci sono differenze in termini di efficacia tra vaccini a vettore viralee vaccini con RNA messaggero? Per quanto riguarda Vaxzevria, complessivamente l’efficacia dimostrata nella prevenzione della malattia sintomatica si aggira attorno al 60%. Nei soggetti cui dopo 12 settimane è stata somministrata la seconda dose, a 14 giorni da questa, la cifra sale all’ 82% ca. Per lo Janssen, nelle forme più gravi il vaccino arriva fino ad una copertura del 77% dopo 14 giorni dalla somministrazione e dell’85%, dopo 28 giorni da questa. Per quanto concerne l’efficacia dei vaccini a mRNA, il vaccino Comirnaty/Pfizer, invece, è stato dimostrato prevenire al 95% ca. il numero dei casi della malattia sintomatica da Covid-19. Simile l’efficacia del Moderna.

Come vengono prodotti i vaccini a mRNA?
I sistemi di trasporto virale, quali i vettori basati su adenovirus, sono ben collaudati ed il loro uso per la veicolazione di vaccini e terapie geniche è stato approvato già da diverso tempo. Nonostante siano diffusamente utilizzati, tali sistemi possono comportare problemi di immunogenicità ed effetti indesiderati sistemici più frequenti rispetto ad altri approcci. Inoltre, il processo di produzione può risultare complesso e le applicazioni di terapia genica richiedono quantitativi elevati. Al contrario, i sistemi di veicolazione non virali dovrebbero garantire un profilo di sicurezza migliore e un processo produttivo semplificato. Inoltre, offrono la possibilità di standardizzare i processi. Come già detto, la tecnologia a mRNA si avvale di sistemi di veicolazione non virali e offre una grande versatilità. Il rilascio di un mRNA nel citosol di una cellula può indurre la sintesi di una proteina target, la quale può funzionare come agente terapeutico o di profilassi, agire da antigene per innescare una risposta immunitaria a scopi vaccinali, sostituire una proteina difettosa o attivare una risposta antitumorale. Lo sviluppo e la produzione di mRNA a fini terapeutici e vaccinali sono processi relativamente semplici, scalabili e con tempistiche rapide. Considerato il breve arco temporale richiesto per il passaggio dallo sviluppo agli studi clinici e quindi all’approvazione, la tecnologia a mRNA risulta molto promettente non solo in risposta a eventuali epidemie di malattie infettive e a pandemie, ma anche per lo sviluppo di nuovi approcci terapeutici per affrontare malattie con necessità terapeutiche ancora senza risposta. L’mRNA è prodotto attraverso un processo enzimatico di sintesi in vitro, che abbrevia i tempi evitando le lunghe fasi di clonaggio ed amplificazione del materiale genetico richieste dalla classica espressione in vivo di proteine. Essendo un processo di sintesi in vitro, inoltre, offre il vantaggio di non dover rimuovere le cellule o le proteine della cellula ospite. Questo processo di produzione semplificato utilizza gli stessi reagenti e recipienti di reazione per qualsiasi target, consentendo agli impianti che osservano le GMP (Buone Pratiche di Fabbricazione o Good Manufacturing Practice) di convertire la produzione ad una nuova proteina target in tempi brevissimi, con minimi adattamenti del processo e della formulazione. Dunque, la produzione di vaccini a mRNA inizia con un DNA plasmidico (pDNA) stampo contenente un promotore per la RNA polimerasi DNA-dipendente, enzima responsabile della sintesi del filamento stesso di RNA, e la sequenza genica indispensabile per la costruzione dell’mRNA stesso. Dato il ruolo centrale del costrutto del pDNA, la sua progettazione e la sua purezza sono fattori cruciali per ottimizzare la produzione del vaccino a mRNA. Tuttavia, la produzione e la purificazione del pDNA comportano una serie di inconvenienti quali le grandi dimensioni dell’acido nucleico e la sua elevata viscosità, nonché la sua suscettibilità alla frammentazione e la presenza di impurezze. Il pDNA viene quindi amplificato all’interno di cellule batteriche, tipicamente Eschierichia coli, e grazie alle successive fasi di purificazione si ottiene un pDNA circolare, puro e concentrato, che viene poi linearizzato per fungere da stampo per la RNA polimerasi che trascrive l’mRNA desiderato. Questa reazione enzimatica utilizza i normali elementi del processo di trascrizione che sono l’RNA polimerasi e i nucleotidi trifosfati. Al termine della fase di trascrizione in vitro, l’mRNA viene purificato dalle impurezze e dai materiali utilizzati nelle fasi precedenti tra cui endotossine, RNA a doppio filamento (dsRNA) immunogenico, DNA stampo residuo, RNA polimerasi ed impurezze elementari.

Vaccini a mRNA: la terza dose
Nel corso della pandemia, il Ministero della Salute ha legiferato l’obbligo di una dose booster o terza dose per alcune categorie di persone. Ne è stata, inoltre, raccomandata la somministrazione a tutti i soggetti con più di 12 anni. La terza dose deve essere effettuata trascorso un intervallo minimo di almeno quattro mesi (120 giorni) dall’unica/ultima dose o dalla diagnosi di infezione da Covid-19. Ma non finisce qui: dal 14 aprile 2022, il Ministero della Salute ha raccomandato anche una quarta dose per persone a partire dai 60 anni e categorie cosiddette “fragili”, sempre dopo un intervallo minimo di almeno quattro mesi (120 gg) dalla prima dose di richiamo o dall’ultima infezione (data del tampone positivo).
Anche l’età di somministrazione dipende dalla tipologia del vaccino:
- Pfizer per persone in età pari o superiore ai 5 anni.
- Moderna per adulti in età pari o superiore a 12 anni;
- Janssen si utilizza per i soggetti a partire dai 18 anni.
- Astrazeneca si utilizza, in ciclo completo, per i soggetti a partire dai 60 anni.
Come si comportano i vaccini a mRNA con le nuove varianti?
Il gruppo consultivo tecnico dell’OMS sulla composizione del vaccino COVID-19 (TAG-CO-VAC), riunito il 16 e 17 marzo scorso a Muscat in Oman aveva sostanzialmente uno scopo: rivalutare le evidenze scientifiche sulle prestazioni dei vaccini COVID-19 aggiornati che incorporano lignaggi discendenti di Omicron (BA.1 e successivi lignaggi) come dose di richiamo. Le conclusioni a cui sono giunti gli esperti derivano dagli ultimi studi epidemiologici osservazionali pubblicati sulle stime dell’efficacia assoluta e relativa dei vaccini contro le diverse varianti utilizzati come dose di richiamo contro malattie sintomatiche e gravi; Ciò che emerso è che le dosi di richiamo dei vaccini a mRNA bivalenti contenenti BA.1 o BA.4/5 diminuisce nel tempo. Tuttavia, la protezione dalla malattia grave viene mantenuta più a lungo della protezione dall’infezione sintomatica. Rispetto ai vaccini a vettore virale, le dosi di richiamo di vaccini mRNA bivalenti contenenti BA.1 o BA.4/5 possono aumentare ma in maniera modesta l’efficacia del vaccino contro la malattia sintomatica, mentre altri piccoli studi che valutano solo gli esiti gravi mostrano stime paragonabili tra le due tipologie di vaccino. Entrambi i vaccini mRNA bivalenti contenenti BA.1 e BA.4/5 aumentano l’entità della risposta immunitaria (incluse quelle cross-reattive alle varianti SARS-CoV-2) se usati come dose di richiamo, rispetto ai vaccini a vettore virale. I vaccini mRNA bivalenti, infatti, hanno indotto titoli anticorpali neutralizzanti più elevati contro le varianti più recenti di Omicron rispetto ai vaccini mRNA bivalenti contenenti BA.1, se usati come dose di richiamo.
I robusti risultati preliminari ottenuti con i vaccini a mRNA utilizzati per combattere lo stato pandemico dovuto al SARS-CoV-2, hanno implicazioni che vanno ben oltre l’attuale pandemia. Gli studi effettuati, infatti, fanno ben sperare e gli sforzi della ricerca saranno diretti verso l’utilizzo di tali tecnologie per sconfiggere altre patologie di interesse globale tra cui il cancro, le malattie cardiache ed altre malattie infettive.

Fonte
- A Comprehensive Review of mRNA Vaccines
International Journal of Molecular Sciences - Efficacy of a Fourth Dose of Covid-19 mRNA Vaccine against Omicron
The New England journal of medicine