Mentre sulla Terra siamo abituati ad assistere ad eruzioni di roccia fusa, i criovulcani, presenti sui satelliti dei giganti gassosi del Sistema solare esterno, eruttano ghiaccio d’acqua misto a composti chimici come anidride carbonica e ammoniaca. Lo studio del criovulcanismo non è solo un’occasione per lo studio della geologia di altri corpi celesti ma anche per la ricerca di vita extraterrestre su questi piccoli mondi ghiacciati.
IN BREVE
Indice
CRIOVULCANI DEFINIZIONE
Quando si parla di vulcani, l’immaginario comune è quello di un’eruzione più o meno esplosiva di roccia fusa, oppure lunghe colate laviche che scorrono lungo i versanti dei vulcani. Eruzioni di questo tipo sono la norma sulla Terra, ma su altri pianeti nani e lune di giganti gassosi avviene molto più di frequente il così detto criovulcanismo.
Questo fenomeno è caratterizzato da eruzioni di materiale allo stato liquido o gassoso, come ad esempio acqua ma anche altri tipi di volatili, che congelano istantaneamente una volta raggiunta la superficie (criovulcano definizione di Geissler, 2015). I criovulcani sono tipici di pianeti nani o satelliti di giganti gassosi che hanno il loro guscio più esterno composto da materiale ghiacciato. L’eruzione del “criomagma” rappresenta il corrispettivo di un’eruzione di roccia fusa (che avviene sui pianeti rocciosi) per i corpi ghiacciati del Sistema solare esterno.
Lo studio dei vulcani di ghiaccio è molto complicato, in quanto le loro caratteristiche sono profondamente diverse dai vulcani che siamo abituati a vedere sui pianeti rocciosi come il nostro. Ad esempio, il criomagma è molto più denso nella sua fase liquida piuttosto che nella sua fase solida, per i vulcani terrestri vale l’esatto opposto.
Questa proprietà consente al magma, meno denso delle rocce che lo circondano, di risalire dalle profondità della Terra, grazie alla forza di galleggiamento (un fenomeno analogo a quello che consente all’olio di galleggiare sopra l’acqua), per poi eruttare in superficie o raffreddare lentamente all’interno della crosta. Per i criovulcani questo non può avvenire in quanto la fase liquida, essendo più densa della fase solida, non può risalire verso la superficie. Perciò, il processo che porta all’eruzione dei criovulcani è molto diverso da quello che avviene sulla Terra e va ricercato in fenomeni fisici completamente diversi.
Lo studio dei criovulcani è di fondamentale importanza non solo per arricchire le nostre conoscenze sui corpi del Sistema solare esterno, ma anche per la ricerca della vita extraterrestre. Grazie alle sonde spaziali lanciate negli ultimi decenni, come ad esempio Voyager 1 e 2, la sonda Galileo, Cassini, Dawn e New Horizons, è stato notato come alcuni satelliti dei giganti gassosi (tra cui Europa, Ganimede, Encelado e Tritone) ospitano sotto la loro superficie ghiacciata dei grandissimi oceani di acqua liquida che potrebbero fornire le giuste condizioni per lo sviluppo di forme di vita primitive.
Il criovulcanismo rappresenta una via di comunicazione tra questi oceani sotterranei e la superficie dove delle apposite strumentazioni potrebbero rilevare delle così dette “firme biologiche” di vita extraterrestre.
CRIOMAGMA: COS’È E COME SI FORMA
Il materiale eruttato dai criovulcani è chiamato criomagma ed è composto principalmente da acqua con l’aggiunta di cloruri e solfati di magnesio, sodio ed ammonio ma anche ammoniaca e metanolo. Ma da dove arriva quest’acqua e gli altri composti chimici?
La risposta è stata fornita dalla sonda spaziale Galileo che ha osservato delle proprietà peculiari del campo magnetico di alcuni satelliti di Giove (Europa, Ganimede e Calisto). Questo ha permesso di capire che sotto la superficie ghiacciata di questi satelliti è presente un grande oceano di acqua salata allo stato liquido che fornisce il materiale necessario alle eruzioni. Altre metodologie per verificare la presenza di oceani su altri corpi celesti, prevedono lo studio del campo gravitazionale, l’osservazione di piccoli cambiamenti di forma dei satelliti e variazioni nella velocità di rotazione.
Siccome questi oceani sono stati osservati in satelliti che hanno la loro superficie ghiacciata, ci si è chiesti da dove provenisse il calore necessario per mantenere allo stato liquido questi oceani. Nella maggior parte dei casi questo calore è generato a causa delle forze mareali, dovute all’attrazione gravitazionale che i giganti gassosi esercitano sui loro satelliti producendo delle continue deformazioni interne e quindi calore.
In altri casi (come, ad esempio, su Plutone e Cerere) a questo fenomeno si sovrappone quello del decadimento radioattivo di alcuni elementi che produce moltissimo calore utile a mantenere liquidi gli oceani sotterranei. Quest’ultimo meccanismo rappresenta la principale fonte di calore interna della Terra che guida fenomeni complessi come la tettonica a placche. Inoltre, la presenza di Sali, ammoniaca e metanolo, produce un forte abbassamento del punto di fusione dell’acqua che facilita la sua presenza allo stato liquido (un fenomeno analogo si osserva quando si getta il sale sulle strade per evitare la formazione di ghiaccio).
L’interazione degli oceani con il sottostante strato roccioso consente all’acqua di arricchirsi degli altri composti chimici che, una volta eruttata in superficie ghiaccerebbero istantaneamente dando vita al criomagma. Le caratteristiche ambientali di ogni satellite, unite al fatto che la composizione chimica del materiale eruttato può variare sensibilmente, produce delle forme vulcaniche molto diverse come delle ampie superfici piatte, duomi (forme a cupola) e rilievi di differente altezza.
Come avviene l’eruzione dei criovulcani
Il meccanismo di eruzione dei criovulcani non è completamente chiaro perché non abbiamo evidenze dirette di eruzione (salvo rare eccezioni). Quello che si osserva più di frequente sono delle superfici giovani dei satelliti e delle forme geologiche riconducibili all’attività criovulcanica.
Affinché avvenga un’eruzione di un criovulcano è necessario che venga vinta la forza di galleggiamento negativa (dovuta al fatto che il criomagma è più denso del ghiaccio circostante e quindi tende ad affondare anziché a risalire) e che esista una qualche forma di collegamento tra l’oceano sotterraneo e la superficie.
La forza di galleggiamento negativa può essere vinta se al liquido viene aggiunta una qualche sostanza che renda meno densa la soluzione, oppure tramite l’essoluzione dei volatili che consentirebbe la formazione di bolle e di conseguenza la risalita del fluido (proprio come avviene come quando apriamo una bibita gassata agitata un po’ troppo). Un’alternativa potrebbe essere che nel ghiaccio circostante potrebbero essere presenti dei Sali o dei granuli silicatici che renderebbero più denso il ghiaccio stesso permettendo al criomagma di salire verso la superficie.
Manga e Wang nel 2007 hanno proposto un ulteriore meccanismo di eruzione che prevede la pressurizzazione dell’oceano sotterraneo. In pratica se quest’ultimo comincia a congelare, il fluido si ritrova pian piano costretto in uno spazio sempre più piccolo e la sua pressione aumenta. Questo processo può portare anche alla formazione di fratture nel guscio ghiacciato che rappresenterebbero dei veri e propri condotti in cui il criomagma può risalire (a causa dell’aumento di pressione) ed eruttare.
Altre ipotesi prevedono che le eruzioni possono essere provocate dalle forze mareali che agiscono come una pompa sul criomagma che risalirebbe attraverso delle fessure. A questo può aggiungersi l’effetto del degassamento che favorirebbe ancora il fenomeno. Infine, è stato studiato che anche un impatto di un meteorite può favorire il fenomeno del criovulcanismo, in quanto eliminerebbe localmente lo strato di ghiaccio sovrastante l’oceano, innescando l’eruzione.
CRIOVULCANI PIANETI E SATELLITI
Il criovulcanismo è un fenomeno che interessa moltissimi corpi celesti del Sistema solare ma è completamente assente sulla Terra. In effetti i criovulcani si sono formati principalmente sui satelliti ghiacciati del Sistema solare esterno tra cui: Europa e Ganimede (lune di Giove); Tritone (satellite di Nettuno); Titano, Teti, Dione ed Encelado (lune di Saturno); Miranda e Ariel (lune di Urano). Morfologie di criovulcanismo sono state osservate anche sui pianeti nani Plutone e Cerere, localizzato all’interno della fascia principale tra l’orbita di Marte e quella di Giove.
Tra tutti quelli elencati, le uniche evidenze dirette di criovulcani in attività sono su Europa, Encelado e Tritone in cui le sonde spaziali hanno rilevato con diverse tecniche l’avvenimento di eruzioni. In tutti gli altri casi le eruzioni non sono state osservate direttamente ma sono state osservate le forme geologiche che esse avrebbero prodotto.
Inoltre, i processi eruttivi che portano all’espulsione del criomagma possono essere diversi da satellite a satellite: in alcuni di essi le eruzioni sono favorite dall’effetto mareale esercitato dai grandi giganti gassosi, su altri satelliti sono invece innescate dalle basse temperature che consentono il congelamento dell’oceano e quindi la sua fratturazione e pressurizzazione.
Criovulcanismo Europa , Encelado e Tritone
Tra le prime eruzioni di ghiaccio ad essere osservate c’è quella studiata dalla missione Cassini sul satellite Encelado. La sonda, nei giorni precedenti l’eruzione, aveva rilevato delle variazioni del campo magnetico di Encelado, segno che qualcosa di elettricamente conduttivo al di sotto dello strato di ghiaccio stava perturbando il campo magnetico. Successivamente la stessa sonda aveva osservato un pennacchio (una forma simile ai geyser che si osservano sulla Terra ma molto più alti), composto principalmente da vapore acqueo, CO2, ammoniaca e diversi idrocarburi, in corrispondenza del polo sud di Encelado.
Studi successivi hanno mostrato come il materiale eruttato sia riuscito a sfuggire alla debole gravità del satellite e sia andato ad alimentare l’anello E di Saturno. È stato visto che l’eruzione ha prodotto anche particelle di silice che testimoniano la presenza di attività idrotermale sviluppatasi all’interfaccia tra l’oceano e il nucleo del satellite. Quest’osservazione è di fondamentale importanza perché può dare informazioni notevoli sull’abitabilità di Encelado.
Per quanto riguarda Europa, l’osservazione del criovulcanismo è stata molto più complicata. Le missioni Voyager e Galileo hanno mostrato che la superficie del satellite è geologicamente giovane (tra i 20 e i 180 milioni di anni) segno che la presenza di criovulcani è molto probabile. Le analisi dei dati e delle immagini delle sonde non hanno però portato ad una chiara osservazione dell’eruzione.
Altri tentativi sono stati condotti grazie ad osservazioni con il telescopio Hubble che ha rilevato un’anomala emissione di ossigeno ed idrogeno, interpretati come la presenza di un pennacchio eruttivo di 200 km. Nel 2016 Sparks et al. hanno esaminato delle immagini di transiti di Europa davanti a Giove, trovando delle forme compatibili a pennacchi alti almeno 100 km.
Queste osservazioni sono supportate da rianalisi dei dati della sonda Galileo che hanno mostrato delle anomalie del campo magnetico di Europa, compatibili con episodi di criovulcanismo localizzati nella zona equatoriale del satellite. I dati raccolti con diverse metodologie e strumenti hanno mostrato che il criovulcanismo su Europa è molto più raro e improvviso rispetto a quello che caratterizza Encelado.
Tritone è stato sorvolato soltanto dalla missione Voyager 2 nel 1989, che ha osservato diversi pennacchi dell’altezza di 8 Km. L’origine di questo fenomeno può essere ricondotta all’attività dei criovulcani ma anche ad altri fenomeni di natura diversa. Per capire meglio di cosa si tratta sono necessarie ulteriori missioni che sorvoleranno Tritone. Sul satellite sono state comunque osservate delle morfologie coniche che sono riconducibili all’attività criovulcanica, a cui si accompagna l’osservazione di una superficie relativamente giovane che testimonia la possibile presenza di criovulcani.
Nel prossimo futuro sono previste diverse missioni che esploreranno i giganti gassosi, tra cui Juice, il cui lancio è avvenuto ad aprile 2023 e che esplorerà Giove e le sue lune ghiacciate, la sonda spaziale Dragonfly che raggiungerà la superficie di Titano, e la missione Trident che studierà invece Tritone, satellite di Nettuno. Queste missioni daranno un’importante contributo allo studio del criovulcanismo e più in generale delle caratteristiche di questi mondi lontani.
Fonte
- Cryovolcanism. In: Planetary volcanism across the solar system. FAGENTS, Sarah A., et al., 2022.
ScienceDirect