Uno studio dell’Happiness Research Institute ha raccolto dati su come Facebook influenza le nostre vite e la nostra felicità. Ma, secondo i risultati, la corsa al like di Fb sarebbe responsabile di diverse forme d’ansia. E non solo.
IN BREVE
Tutti ce lo siamo chiesti almeno una volta: come sarebbe la vita se non ci fossero i social? Uscire a cena senza dover aggiornare lo stato con posizione e album di foto del piatto? Passeggiata sul lungomare al tramonto senza l’obbligatoria diretta Fb? E quel post che volevi pubblicare, ma meglio aspettare le 19 così ha più visibilità, o forse è meglio dopo, anzi lo metti adesso e se non prende abbastanza like in caso lo riposti, e magari con quel tag tattico per farlo notare all’amico dell’amica… Di esempi potremmo farne a migliaia. I social network (Facebook in particolare, ma non solo) ci hanno cambiato la vita. Ma l’hanno cambiata in meglio?
È una domanda veramente ampia, troppo per avere una risposta che sia solo nero o solo bianco. E sulle innovazioni della tecnologia viene già detto di tutto e il contrario di tutto. Ci limiteremo quindi a chiedere qualcosa a cui è più difficile che libri e giornali abbiano la risposta, ma che forse dovremmo domandarci tutti: usare Facebook ci rende felici? Sembra una frase fatta, ma il quesito qualcuno se lo è posto. E per dare una risposta ha effettuato delle ricerche, analizzando la società attuale. Il danese Happiness Research Institute ha condotto un test il cui nome dice tutto: “The Facebook Experiment”.
Si tratta di un esperimento sociologico a cui hanno partecipato 1095 persone divise in due gruppi. I componenti del primo gruppo dovevano condurre normalmente la propria vita ed usare Fb come di consueto (quindi sempre). Ai componenti del secondo gruppo è stato vietato forzatamente l’uso del social network per circa una settimana. Hanno dovuto vivere senza Facebook. Saranno sopravvissuti? Saranno riusciti a resistere alla curiosità di sapere quante notifiche saranno arrivate? Sembrerebbe di si. Addirittura, pare che ci abbiano guadagnato in umore. Spieghiamo perché.
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I ricercatori, dallo studio, hanno dedotto che «piuttosto che concentrarci su ciò di cui abbiamo davvero bisogno, abbiamo l’infelice tendenza a focalizzarci su ciò che hanno le altre persone». Facebook è la vetrina in cui condividere (o forse è meglio dire, esibire) i propri momenti migliori. Inondiamo i social con foto di viaggi e feste, selfie, creazioni culinarie e tanto altro ancora. Noi possiamo guardare le foto di altri, e loro le nostre. Per il 69% delle persone sottoposte all’esperimento, Facebook è il luogo primario dove condividere ricordi di grandi esperienze vissute. Il 61% va anche oltre: il proprio profilo Fb è il mezzo con cui mostrarsi al mondo, il posto dove esporre il lato migliore di sé. Con la certezza di fondo che, da qualche parte, fra amici e conoscenti, abbiamo un pubblico che ci guarda. E che dobbiamo impressionare.
È il mantra di quello che nelle scienze della comunicazione è detto New Web, la nuova rete: “il consumer è anche producer”. L’utente non si limita a guardare quello che fanno gli altri, ma è obbligato a partecipare al flusso di dati che tiene in piedi internet. Come? Pubblicando a sua volta qualcosa che vedranno gli altri. I social rendono sempre più difficile essere solo osservatori, “lurker”, che restano ai margini del network. Se i tuoi amici postano, devi postare anche tu.
È un continuo confronto (quasi una gara, oseremo definirla), in cui il numero di like ha la funzione di marchio di qualità firmato Fb. La nostra vita è costantemente paragonata a quella degli altri e, se non ci si sente “all’altezza”, scatta il fattore di inadeguatezza. E, in ultima istanza, l’invidia. L’Happiness Research Institute ha calcolato che in media 4 persone su 10 provano sincera invidia per i traguardi di successo raggiunti da altra gente e pubblicati su Facebook. E 1 persona su 3 invidia quanto gli altri siano (o sembrino) felici nei loro post sui social. Si fa quindi strada un senso di insoddisfazione della propria vita. Chi usa i social network pare che abbia una probabilità più elevata di sentirsi meno felice, rispetto a chi non lo usa.
Dati alla mano, ecco cosa risulta dalla ricerca. Più della metà dei componenti del primo gruppo (circa il 54%) ha ammesso di sentirsi in uno stato d’animo definito “preoccupato” (contro il 41% del gruppo numero due). Un quarto dei componenti del primo gruppo ha detto di “sentirsi solo” (contro il 16% del secondo). Un dato forse paradossale, visto che stiamo parlando di social network pensati per tenerci in contatto con altre persone. Eppure la competizione sembra isolarci e portarci più preoccupazioni che altro. Al contrario, l’88% del secondo gruppo ha dichiarato di essere semplicemente “felice” (contro l’81% del primo), e il 61% perfino “entusiasta” della vita (contro il 49% di chi ha continuato a usare Facebook). Gli astinenti da Fb hanno anche sostenuto di essere meno arrabbiati (12% vs 20%), depressi (22% vs 33%) o generalmente tristi (22% vs 34%) rispetto a chi è rimasto quotidianamente sui social.
Prima dell’esperimento, alla domanda «In generale, quanto sei soddisfatto della tua vita oggi?», i due gruppi avevano dato valutazioni medie di 7,67 e 7,56 su una scala da 1 a 10. Ma dopo una settimana senza Fb il secondo gruppo ha dato un giudizio medio di 8,12. La rinuncia forzata a Facebook ha incrementato il livello di soddisfazione della vita.
L’assenza di Facebook ha anche permesso ai componenti del secondo gruppo un miglioramento delle attività sociali: non solo è aumentato il tempo dedicato ai rapporti sociali offline, ma anche la qualità delle relazioni. Gli stessi partecipanti hanno sostenuto inoltre di sentirsi “più presenti” e in generale di perdere meno tempo nelle loro giornate. Ne ha beneficiato anche la capacità di concentrazione. Chi è rimasto attaccato a Facebook, invece, si è dimostrato il 55% più propenso allo stress. Quello condotto dall’Happiness Research Institute, ad ogni modo, non è l’unico studio in circolazione. Altri test sviluppati separatamente hanno sottolineato la responsabilità di Facebook negli stati d’ansia delle persone: per esempio, tensione ed emozioni negative provate durante l’uso del social porterebbero in due terzi dei casi a disturbi del sonno. Così pure sarebbe coinvolto in alcune forme di ansia sociale, ovvero disturbi psichici legati alla relazione con altre persone – che viene vissuta in modo molto più oppressivo del dovuto, fino all’estremo della sociofobia.
Un’altra ricerca, su un campione di ragazze fra 18 e 20 anni, ha poi evidenziato come Fb non sia ideale nemmeno per fare nuovi amici: conoscere una persona su Facebook prima che dal vivo sarebbe controproducente per il rapporto, siccome produrrebbe un livello di ansia e nervosismo immotivato (e altrimenti assente) nel momento dell’incontro dal vivo. Si tratta tuttavia di un ramo di studi ancora poco approfondito, che richiederebbe altri test in un ambiente meno artificiale.
Un ultimo campo che viene esplorato è quello del rapporto fra social network e autostima. Sembrerebbe infatti che gli effetti di Facebook di cui abbiamo parlato siano più profondi in chi ha una bassa stima di sé e di conseguenza tende a dare più valore ai meccanismi di Fb. Per esempio cancellando e ri-pubblicando lo stesso post se non ottiene abbastanza like. O avendo cura di filtrare una ad una le tag e le informazioni che gli altri vedrebbero sul profilo, per rendere impeccabile l’immagine data di sé. In questi casi, l’ansia da competizione pare influire in modo più grave sull’utente. E, dove le aspettative di like non sono soddisfatte, deteriorare ancora più l’autostima.
Voi riuscireste a stare senza Facebook? Quante volte guardate il vostro smartphone credendo che vi sia arrivata una notifica? Caricate sui social tutte le vostre foto? Insomma: siete Facebook addicted? Analizzate un attimo i vostri comportamenti, magari provate a vivere una settimana di digiuno da Fb. E avrete una risposta.
Fonte
- The anxiety of Facebook
PsychCentral - The Facebook Experiment
Happiness Research Institute