La grafologia è una tecnica che si dice in grado di definire la personalità di un individuo a partire dal suo modo di scrivere. Scienza o bufala? Mentre il dibattito sull’affidabilità continua, ecco alcuni segreti sull’interpretazione della grafia.
IN BREVE
Fan di Sherlock Holmes? Se avete presente i romanzi originali di Conan Doyle, o anche i riadattamenti per il grande schermo con Robert Downey Jr., ricorderete che fra gli interessi dell’investigatore c’è anche una particolare branca della psicologia, che gli consente di ricavare indizi sulle persone a partire dalla loro scrittura a mano: la grafologia. Giudicando stile, spaziature e dimensioni nella grafia di qualcuno, il detective di Baker Street è in grado di tracciare all’istante il profilo psicologico della mano che ha scritto. Nella realtà le cose sono un po’ meno immediate, anche per una grande mente analitica, ma è possibile ricavare i tratti essenziali di una personalità in base al suo modo di scrivere. Vediamo come.
Una scienza della grafia?
Prima di prendere in mano carta e penna è necessaria una precisazione. La grafologia, o psicologia della scrittura, non è una scienza esatta. Siamo ancora lontanissimi da una piena comprensione della psiche umana, quindi non bisogna considerare le indicazioni della grafologia come leggi sempre valide e inconfutabili. Sono piuttosto frutto di analisi empiriche, vale a dire rilevazioni fatte su un gran numero di casi e che tendono a mostrare legami fra certi tipi di personalità e certi tipi di grafia. Questo carattere è spesso valso alla grafologia l’etichetta di pseudoscienza, ma è ancora aperta la questione del rapporto fra costituzione psichica e grafia di un individuo: uno studio condotto in India su 30 bambini fra 8 e 12 anni ha mostrato come i risultati ottenuti dalla loro analisi grafologica coincidessero con quelli ricavati dal test CPQ, un questionario comunemente usato per studiare la personalità dei ragazzi. La definizione di scienza empirica rende forse più giustizia alla disciplina. Ad ogni modo, leggete tenendo a mente le origini particolari degli assunti, quindi la loro invalidità scientifica e la possibilità di eccezioni, e soprattutto che i metodi di analisi che vedremo possono sì essere applicati sulla vostra scrittura, ma una vera indagine grafologica è qualcosa di molto più complicato e può essere chiesta solo a un professionista.
Ah e già che ci siamo per favore chiariamo un’altra cosa: grafia e calligrafia non sono sinonimi. Qui si parlerà di grafia in quanto si intende in generale la maniera di rappresentare le parole nella scrittura. La calligrafia è l’arte dello scrivere in modo elegante. Tuttavia può capitare di sentir parlare di “bella (o brutta) calligrafia” e, cosa accettata nell’uso comune, è ormai solo uno sgarro etimologico che può costarvi al massimo l’amicizia di un purista della lingua. Accademia della Crusca dixit.
La grafologia matematica
Fra le diverse correnti di grafologia, consideriamo quella nata dagli studi del frate marchigiano Padre Girolamo Moretti (1879-1963), che con le sue ricerche ha aperto una nuova strada nei precedenti studi della grafia. Moretti fissò una serie di principi metodologici, che in pratica scompongono la scrittura in una combinazione di segni – la parola non va presa alla lettera, perché non indica solo i tratti grafici ma in generale tutti i fattori influenzanti, quindi ad esempio anche spazi tra parole e fluidità del gesto. Ciascun segno ha di per sé un significato, ma ne può assumere altri nelle diverse combinazioni. Il modo in cui i diversi segni si influenzano è regolato da una divisione in tre categorie: i segni sostanziali sono l’espressione delle caratteristiche psicologiche fondamentali dell’Io, la sua costituzione genuina e inconscia (qualcosa di simile all’Es di Freud). I segni modificanti interagiscono con i sostanziali accentuando e riducendo il significato, temperano le forze istintive (come il Super-Io). Infine i segni accidentali sono una mediazione fra i primi due all’interno di una personalità matura e servono a rendere meglio le sfumature della persona (l’Ego freudiano). Tutti i segni devono essere misurabili di grado su una scala da 1 a 10 e il segno che risulta predominante in una scrittura è detto segno principe. Ora queste definizioni possono sembrare molto nebulose, ma un po’ di pratica con i segni chiarirà tutto. Metterli alla prova è facilissimo.
Prendete una lettera che avete scritto in passato. Ancora meglio sarebbe averne due o più a disposizione, in modo da confrontarle per evitare tutti i possibili errori di valutazione dovuti ai particolari sentimenti di quando si scriveva, piuttosto che alla fretta, alle condizioni fisiche e altre variabili accidentali. Una lettera formale a una azienda o una persona importante potrebbe essere troppo curata, quindi preferite qualcosa di spontaneo come un messaggio scritto a mano per un amico. È importante che sia in corsivo, stesa a penna o matita e su un foglio bianco, senza margini, né righe o quadretti. La grafologia morettiana si basa su un numero enorme di segni, alcuni talmente precisi da richiedere strumenti appositi per essere misurati. Ecco quelli più comuni.
Inclinazione naturale
L’orientamento verticale dei caratteri può dire molto di una persona. È anche uno dei segni più facili da misurare, basta guardare come sono inclinate le aste superiori (ad esempio nelle t, l o f) e inferiori (p, q e g). Se la direzione assiale tende verso destra siamo di fronte alla cosiddetta grafia pendente, che in gradi inferiori mostra apertura e attitudine all’assimilazione, un certo bisogno di stare con gli altri ma ancora temperato da un giusto senso critico. Nei gradi maggiori (scrittura molto pendente) rivela una necessità di considerazione da parte di chi sta intorno, e si può manifestare in una tendenza all’affettività di abbandono. Una grafia che tende verso sinistra è detta rovesciata ed è indice di una personalità complessa, difficile da interpretare, talvolta con comportamenti scontrosi e in alto grado perfino asociali. Se invece non solo tutte le aste sono verticali, ma anche gli assi delle singole lettere sono perpendicolari al rigo di base, si ha una grafia dritta, segno di compostezza e autocontrollo. In alto grado, quando la scrittura appare rigida e perfettamente allineata, può indicare freddezza nei sentimenti e inflessibilità nei giudizi.
Dimmi dove firmi…
Avete finito di comporre la vostra lettera. Dove lasciate la firma? La posizione può dire molto sul vostro rapporto con gli altri. La firma a destra dimostra socievolezza, o meglio un bisogno di entrare in relazione con il mondo esterno. La firma al centro denota una costrizione nello slancio sociale e nell’entusiasmo del soggetto, mentre la firma a sinistra esprime un malessere interiore, una situazione di disagio nei confronti della società.
Questioni di un certo spessore
La pressione grafica è uno dei tratti più evidenti, ma anche dei più ingannevoli. Lo spessore del segno, infatti, può essere condizionato dallo strumento che si usa per scrivere, dal tipo di carta o dalla superficie su cui si appoggia il foglio. Per questo diventa essenziale confrontare il testo con altri scritti per poterlo giudicare. In linea di massima, una scrittura poco calcata, che appare sottile e in gergo è definita filiforme, rivela una personalità sensibile, delicata, di grande profondità ma al tempo stesso anche molto vulnerabile. Può avere difficoltà nei rapporti a causa dell’umore variabile, che cercherà di tenere nascosto, e della paura di ferire sé stessa e gli altri. Al contrario una grafia grossolana è segno di un carattere forte e diretto, ma poco sensibile e piuttosto materialista. Dice le cose come stanno, senza mezzi termini, a volte esagerando nei toni e col rischio di offendere chi gli sta intorno. Esistono poi molte variabili particolari: segni trasversali marcati (come le stanghette delle t) indicano energia vitale, o perfino aggressività, mentre ricalcare i cerchi delle vocali è segno di un’emotività calda, impulsiva e partecipativa. Grande importanza in grafologia ha anche la scelta della penna: dal momento che ognuno di noi è sollecitato inconsciamente a ottenere visibilmente quello che vuole comunicare, preferire una matita, un pennarello o una sottilissima penna a sfera è già di per sé un dato significativo.
Aste, linee e sensazioni
Abbiamo parlato del valore che hanno le aste per distinguere una grafia più o meno inclinata, ma il loro significato non si ferma lì. Le aste superiori sono segno di grande immaginazione quando sono gonfie o piene – è facile da notare nelle b e nelle d, quando la linea verticale torna su se stessa a formare un’asola molto marcata. Al contrario, indicano ragionamento e autocontrollo se si limitano a un’asta sobria. Le aste inferiori si trovano nella zona sensoriale: se arrotondate o gonfie significano bisogno di godimento nel campo dei sensi, mentre se sono a bastone indicano un freno alla sensualità.
Quando tutto sembra andare storto
Abbiamo tutti in mente cosa succede a scrivere una frase lunga sulla lavagna. Possiamo metterci tutto l’impegno del mondo per andare diritto, ma quando alla fine faremo un passo indietro per ammirare l’opera quello che avremo davanti sarà una deludente forma parabolica. È normale su una superficie così ampia, su cui non abbiamo piena padronanza, ma può succedere anche sul foglio – per questo è necessario che sia senza righe. Un andamento che naturalmente cala verso il basso (discendente) può essere segno di una personalità piuttosto influenzabile e pessimista, mentre una scrittura ascendente rivela un carattere pieno di entusiasmo e passione, ma che rischia di sfociare nella presunzione. Per quanto raro, è possibile avere anche un caso di perfetto andamento orizzontale. Se il soggetto mantiene il rigo è generalmente dotato di fermezza di carattere e tenuta psichica. Una variabile interessante è la cosiddetta scrittura tentennante, che si ha quando la direzione assiale cambia di continuo, fra un gruppo di parole e l’altro o persino all’interno della stessa parola. Si tratterebbe di un indice di insicurezza di fondo, che nella pratica si manifesta come variabilità negli atteggiamenti e difficoltà nel concludere le cose.
Ai margini della grafologia
Gli spazi a lato contano – anche quando non ci sono. La psicologia della scrittura valuta sia la presenza di margini lasciati ai due lati del foglio, sia la loro assenza. Un margine di sinistra largo indica desiderio di espansione, estroversione e iniziativa, mentre la sua mancanza bisogno di riflessione e temporeggiamenti prima di prendere decisioni. Il margine di destra esprime apertura verso il futuro, e quando è scarso rivela insicurezza e preoccupazione per l’avvenire.
I ricci della verità
Sono i tratti grafici aggiunti involontariamente all’inizio o alla fine delle lettere. Sono difficilmente controllabili da chi scrive, quindi possono rivelare le manifestazioni più genuine dell’inconscio – anche in qualcuno che cerca di cambiare la propria grafia per non lasciar trapelare la sua vera natura. I ricci della flemma si vedono nei trattini finali della a e della o, quelle lineette in alto o in basso quando la vocale sta a fine parola, come ci insegnavano alle elementari. Questi ricci sono segno di bontà, ma accompagnata da una tendenza a tirarsi indietro e rifiutare le responsabilità. I ricci della sobrietà si hanno quando i trattini di fine lettera (soprattutto nelle a e nelle e) sono corti e appena accennati. Indicano dignità, compostezza e autocontrollo. I ricci della sciatteria, al contrario, ci sono quando si tende ad allungare le lettere finali, disegnando una specie di onda verso l’alto, e sarebbero segno di volontà di piacere per sedurre gli altri. I ricci della spavalderia infine si manifestano quando le linee verticali dei caratteri alti si curvano molto verso sinistra, e sono indice di sicurezza di sé e spericolatezza, ma anche senso di superiorità. La grafia di Gabriele D’Annunzio, per esempio, mostrava ricci della spavalderia molto evidenti.
Questi erano solo alcuni tratti essenziali della grafologia morettiana. Dalla loro combinazione, insieme a molti altri segni, si potrebbe delineare un profilo psicologico completo di una persona – sempre che la si creda una tecnica affidabile: come abbiamo già detto, la grafologia non possiede i requisiti per essere definita una scienza vera e propria. Se da un lato può mostrare successi come test psicologico, dall’altro non è assolutamente valida come metodo diagnostico, per esempio nei processi o nei colloqui di assunzione. È un campo che richiede cautela, e che può facilmente cadere nella speculazione più che nella scienza. Ma resta un tentativo – forse fantasioso, di certo affascinante – per dare uno sguardo in più a quello scrigno di segreti che è la psiche umana.
Fonte
- Handprints of the Mind: Decoding Personality Traits and Handwritings
NCBI - Manuale di grafologia
M. Zerbi - Definizioni di grafologia
Istituto Grafologico Internazionale Girolamo Moretti