In questo articolo approfondiremo un metodo per immagazzinare energia grazie alla fotoluminescenza del legno, ottenuta con l’inserimento quantum dots di Carbonio e PEG nel materiale delignificato. Il legno rappresenta uno dei materiali più utilizzati dall’uomo ed è attualmente oggetto di ricerca in diversi ambiti come l’ingegneria e le scienze dei materiali, che si adoperano per favorirne lo sviluppo tecnologico.
IN BREVE
Indice
COME OTTENERE LA FOTOLUMINESCENZA DEL LEGNO
Prima di approfondire la fotoluminescenza del legno è necessario introdurre una classe di materiali detti a cambiamento di fase (PCM). I PCM sono capaci di accumulare grandi quantità di energia mantenendo la loro temperatura costante. Inoltre, questi materiali sfruttano l’energia termica latente scambiata durante i passaggi di fase, come la solidificazione e la liquefazione, ma devono essere caratterizzati anche da basso costo, elevata disponibilità sul mercato, non tossicità, elevato calore di transizione e temperature di fusione attorno ai 25°C. Attualmente, sembra che il maggiore svantaggio dei PCM, sfruttati principalmente nell’edilizia, sia la perdita di liquido durante il cambiamento di fase. Per questo motivo, sono stati selezionati dei materiali di supporto caratterizzati da un’ elevata porosità (aerogel e MOFs) che spingono i ricercatori a concentrarsi sullo sviluppo di materiali di densità e porosità ideali. In questo contesto, il legno rappresenta un materiale di supporto piuttosto valido per la sua porosità, biodegradabilità, resistenza meccanica, costi contenuti e abbondanza. Grazie alla sua bassa densità, il materiale legnoso migliore sembra essere la balsa delignificata, ovvero privata della lignina, un polimero organico complesso. La lignina possiede delle caratteristiche interessanti: ha una struttura ricca di gruppi aromatici e carbonio, pertanto costituisce un precursore ideale per i nanomateriali basati su questo elemento. In particolare, utilizzando la lignina, è possibile ottenere dei quantum dots di carbonio che, se stimolati da luce UV o visibile, sono capaci di emettere luce (fluorescenza) a diverse lunghezze d’onda a seconda della loro geometria.
Quantum dots: alla base della fotoluminescenza del legno
La teoria dei semiconduttori assume un’espansione dei livelli energetici degli atomi e ciò permette di identificare delle bande energetiche, un fenomeno dovuto alla periodicità del reticolo atomico tipico delle strutture cristalline. La formazione delle bande energetiche contenenti un quasi-continuum di stati permette di riconoscere una banda di conduzione, ovvero la prima non completamente priva di elettroni, e una banda di valenza immediatamente al di sotto. Nella teoria quantistica dei semiconduttori, in particolare, si considera che la banda di conduzione sia prevalentemente occupata da lacune (i vuoti, positivamente carichi, causati dalla mancanza degli elettroni e trattati come quasi-particelle). Un’ulteriore caratteristica dei semiconduttori è che le bande di conduzione e di valenza sono sempre separate da una banda proibita agli elettroni. Nei semiconduttori, in seguito all’aumento di temperatura sopra lo zero assoluto di Kelvin, la banda di conduzione subisce un aumento degli elettroni che vengono promossi dalla banda di valenza, rendendo il materiale conduttivo. Tuttavia, per eccitare gli elettroni a livelli energetici più alti in modo controllato è preferibile utilizzare una sorgente, ad esempio un laser (leggi anche Tecnologia laser), che invia fotoni (luce) ad una lunghezza d’onda (energia) tale da renderne possibile l’assorbimento da parte del materiale in analisi. I quantum dots sono dei nano-cristalli di materiale semiconduttore prodotti dall’uomo, nello specifico furono teorizzati nel 1970 e sperimentati per la prima volta negli anni ’80, pertanto vengono considerati dei nanomateriali recenti. Grazie alle loro dimensioni ridotte, i quantum dots sono capaci di mostrare effetti quantistici a differenza dei semiconduttori ordinari. Questi nanomateriali mostrano infatti una divisione in stati energetici piuttosto che in bande, e se eccitati da un fotone proveniente dalla sorgente luminosa adatta, producono un eccitone che testimonia l’avvenuto assorbimento del fotone stesso attraverso un evento di ricombinazione non radiativa. L’eccitone, nello specifico, è una coppia elettrone-lacuna separata da una distanza al massimo uguale al così detto EBR (exciton Bohr radius), un fattore che dipende dalle caratteristiche del materiale e si avvicina alla costante di periodicità del quantum dot. Nel caso in cui il fotone incidente, invece, provocasse il rilassamento di un elettrone dalla banda di conduzione fino alla banda di valenza, il quantum dot emetterebbe un fotone coerente per dare luogo a un fenomeno di ricombinazione radiativa: in questo caso parliamo di fluorescenza.
Non ci resta che capire come individuare la presenza degli eccitoni, ad esempio si potrebbero raccogliere delle misure spettrofotometriche del campione e rappresentare i dati con un grafico Assorbanza-Energia. Attraverso questo grafico si possono riconoscere gli eccitoni prodotti, che corrispondono ai picchi di assorbimento. Prendendo come riferimento il primo picco ricavato dal grafico, si possono poi utilizzare gli spettri di fluorescenza per valutare l’emissione di luce in seguito ai fenomeni di ricombinazione radiativa. Tra gli effetti quantistici osservabili con i quantum dots bisogna menzionare il confinamento quantistico, ovvero il fenomeno per cui gli stati energetici del sistema in analisi si ritrovano ad essere di numero finito: ciò è dovuto alle relazioni che intercorrono fra gli stati energetici, la geometria superficiale e il raggio del quantum dot. Questo effetto è di enorme importanza perché permette di variare le proprietà ottiche del nanomateriale attraverso modifiche strutturali. In particolare, dimensioni gradualmente più piccole dei quantum dots modificano la lunghezza d’onda della fluorescenza, che passa dal rosso al blu. La maggior parte dei quantum dots può essere eccitata solamente da luce ultravioletta, che tuttavia risulta dannosa e poco abbondante rispetto alla luce visibile. Per risolvere questo problema, il materiale in legno fotoluminescente e fototermico per l’accumulo di energia prevede l’utilizzo di quantum dots di Carbonio che possono essere attivati anche dalla luce visibile.
FOTOLUMINESCENZA DEL LEGNO ED ENERGIA TERMICA
La base che costituisce questo nuovo materiale è il legno delignificato, dove la lignina viene rimossa e utilizzata come precursore per per la fabbricazione di quantum dots di carbonio. Questi vengono successivamente miscelati ad un materiale a cambiamento di fase, il Polietilenglicole (PEG) e impregnati nel legno delignificato, dando vita ad un materiale fotoluminescente e fototermico in grado di immagazzinare energia. Lo studio pubblicato nel Chemical Engineering Journal all’inizio del 2021 propone dei quantum dots di carbonio fotoluminescenti nel rosso e nel NIR in presenza di fotoni coerenti, emessi da una sorgente laser alla lunghezza d’onda di 580 nm (visibile). La proprietà fototermica del nuovo materiale a base di legno, che prevede anche la sua fluorescenza, è legata alla capacità della radiazione NIR di diffondere calore. Quest’ultimo viene immagazzinato dal PCM che aggiusta l’ambiente circostante e diminuisce gli sprechi energetici. Il legno delignificato, d’altro canto, viene utilizzato come materiale di supporto per arginare la perdita di liquidi durante il passaggio di fase del PCM: ciò avviene grazie all’effetto capillare e la tensione superficiale del materiale. La lignina rimossa può quindi essere usata come precursore per la realizzazione dei quantum dots e, successivamente, del composto PEG-CQDs, che viene iniettato nel legno delignificato. Il legno fotoluminescente e capace di immagazzinare energia, potrebbe servire in futuro come materiale per l’edilizia, la decorazione di interni e come box protettivo per dispositivi ottici (vedi come esempio “Cos’è la fibra ottica“). La morfologia dei quantum dots proposti dai ricercatori è stata analizzata con Transmission Electron Microscopy (TEM), che ha rivelato una buona dispersione e un diametro medio dei quantum dots di 8.66 nm. Un’ulteriore conferma della struttura cristallina è stata fornita dal TEM ad alta risoluzione, che è stato in grado di valutare uno spazio inter-strato di 0.24 nm per i piani reticolari del grafene. Altre valutazioni da parte dei ricercatori sono state effettuate grazie a diverse tecniche, ovvero l’ X-Ray Diffraction (XRD), l’ X-Ray Photoelectron Spectroscopy (XPS) e lo spettrometro Fourier-Transform Infra-Red (FTIR). Gli spettri di assorbanza dei quantum dots di carbonio hanno mostrato un assorbimento significativo nelle regioni UV e del visibile e una forte emissione di luce rossa-NIR con picchi a 650 e 710 nm di lunghezza d’onda, mantenendo risultati ottimali sotto lo stimolo di luce visibile (580 nm). I ricercatori hanno anche notato come l’aumento nella concentrazione di quantum dots influisce sulla fluorescenza, che come conseguenza aumenta di intensità.
Come si ottiene questo legno particolare?
La struttura che permette di ottenere la fotoluminescenza del legno e l’immagazzinamento di energia è composta da tre parti: il legno delignificato, i quantum dots ottenuti con la lignina rimossa e il materiale a cambiamento di fase (nel caso specifico, PEG2000). Questo materiale, pur essendo composto, è costituito quasi interamente da legno, per lo più delignificato e quindi caratterizzato da elevata porosità e anisotropia. L’inserimento del composto PEG-CQDs nel materiale poroso permette di raggiungere la proprietà termica derivante dal materiale a cambiamento di fase, dove il processo di transizione è determinato dall’intensità della fluorescenza. Infatti, il PEG possiede una temperatura di fusione di 50.48°C, che viene influenzata scarsamente dalla presenza dei quantum dots e del legno delignificato. I ricercatori hanno valutato le abilità fototermiche del composto sottoponendolo a fasci laser di 580 nm [1 W/cm ²] e misurando l’aumento di temperatura con una telecamera termica. In 390 secondi, è stato possibile portare il materiale a 78.5°C grazie all’emissione di luce NIR da parte dei quantum dots. Per verificare che i responsabili fossero proprio i nanocristalli, l’esperimento è stato ripetuto con un composto di soli PEG e legno delignificato, che non ha mostrato picchi di emissione o aumento di temperatura, confermando l’ipotesi dei ricercatori. Inoltre, è stato possibile individuare un plateau tra 49°C e 50°C, riconducibile al passaggio di fase del PCM e all’immagazzinamento dell’ energia termica prodotta. Successivamente allo spegnimento del laser, il gruppo di ricerca ha potuto stimare un rapido calo della temperatura, con un plateau riconducibile alla temperatura di solidificazione del materiale e al rilascio di gran parte dell’energia accumulata per aggiustare la temperatura circostante. Infine, anche il problema della perdita di liquido durante il passaggio di fase del PCM è stato risolto: aumentando la temperatura sopra i 50.48°C non sono state riscontrate perdite sia per il solo PEG che per il composto PEG-CQDs. Il merito di questo risultato va alle caratteristiche del legno delignificato, che sembra in grado di prevenire le perdite grazie alla sua tensione superficiale e all’effetto capillare.
UN MATERIALE PER RIDURRE I CONSUMI ENERGETICI
Come abbiamo già spiegato nei paragrafi precedenti, i materiali a cambiamento di fase (PCM) si rivelano molto utili nel settore dell’edilizia, dove il loro utilizzo può ridurre notevolmente il consumo energetico. Infatti, nelle stagioni più calde, questi materiali aumentano l’inerzia termica degli ambienti accumulando energia durante il giorno, per rilasciarla all’esterno in un secondo momento (solitamente la notte). Nelle stagioni fredde il calore viene sempre accumulato, ma restituito agli ambienti interni degli edifici, per un risparmio complessivo dei costi durante tutto l’anno. Il legno, d’altra parte, è uno dei materiali più abbondanti in natura. Il tessuto vegetale che lo compone è suddiviso in cellulosa ed emicellulosa, racchiuse in una matrice di lignina, la stessa utilizzata dai ricercatori per i loro quantum dots. La fotoluminescenza, infine, è un processo che determina la capacità di alcune sostanze di assorbire fotoni per produrre un’emissione coerente di luce. Questo fenomeno avviene sotto l’influenza di una radiazione elettromagnetica con energia sufficiente per eccitare gli elettroni atomici a livelli energetici più alti. Gli elettroni eccitati possono poi rilasciare l’energia in eccesso in due diversi modi: attraverso la fluorescenza, come nel caso proposto dal Chemical Engineering Journal, o la fosforescenza, caratterizzate da tempi di decadimento diversi. In particolare, la fluorescenza possiede tempi di decadimento molto brevi, che possiamo considerare istantanei. Esistono molti prodotti fotoluminescenti, come tinte o plastiche che per lo più producono fosforescenza, mentre per esempio gli evidenziatori possono contenere tinte fluorescenti. L’insieme di fotoluminescenza del legno e materiali a cambiamento di fase in un unico materiale composto, utile nell’edilizia o nella protezione di dispositivi ottici, rappresenta una grande opportunità per l’abbattimento dei consumi energetici e pone nuove basi per un futuro ecosostenibile. Nonostante ciò, trattandosi di un progetto sperimentale e recentissimo, dobbiamo attendere nuove ricerche e approfondimenti su questo materiale dalle ottime proprietà.
Fonte
- H. Yang et al., Full-Wood photoluminescent and phototermic materials for thermal energy storage, in Chemical Engineering Journal, 403 (2021).
ScienceDirect