Per molti la voglia di vivere è un elemento essenziale per stare bene. Ma come non perderla quando le cose vanno male? Diversi fattori, come il temperamento e la biologia, influenzano le oscillazioni del nostro umore. Tuttavia, in casi come il disturbo bipolare, le oscillazioni diventano estreme, al punto che solo i farmaci possono ristabilire la pace dell’animo.
IN BREVE
Indice
VOGLIA DI VIVERE: L’INGREDIENTE DELLO STARE BENE
“La vita è sempre creazione, imprevedibilità […]”
Così Henry-Louis Bergson descrive cosa sia la voglia di vivere. Sono parole incisive e decise, che abbandonano ogni tentativo di definizione e di familiarizzare con un concetto tanto complesso. Non casualmente questa citazione apre il paragrafo. Bergson è il filosofo, e premio Nobel per la letteratura nel 1927, che per primo ha usato l’espressione élan vital, ovvero “slancio vitale”. Élan vital, la forza che imprime movimento alla vita, che dà libertà alla materia, impadronendosene. Al giorno d’oggi la voglia di vivere appare come un ingrediente fondamentale della vita, necessario se si vuole essere felici e stare bene. Parlarne ci fa pensare alla creatività, alla ricerca di entusiasmo, alla vitalità. In poche parole, al buon umore. Ma è possibile mantenere queste attitudini quando le cose vanno male? Non è una questione di volontà personale: il temperamento e la fisiologia del funzionamento mentale non hanno un ruolo secondario quando siamo chiamati ad affrontare una situazione molto stressante. Le prime teorie sul temperamento e sulla sua relazione con le malattie, sono nate nell’antica Grecia. È interessante come quelle idee, datate e acerbe, siano oggi argomento di dibattito tra gli scienziati che si occupano dello studio della mente.
La dottrina dei temperamenti
Sotto l’influsso della teoria umorale di Ippocrate, Galeno (129-201 d.C.) descrisse i quattro temperamenti, a base costituzionale, che governano la psiche e la salute umane. A partire dal temperamento sanguigno, caratterizzato dalla propensione al gioco, all’allegria e alla sessualità. Il suo umore prevalente è il sangue, elemento essenziale per la vita e l’assenza di malattie. L’umore flegma è presente nel temperamento flemmatico, i cui tratti sono soprattutto la passività e la tranquillità. In ultimo, bile nera e bile gialla. Si tratta degli umori ipotizzati da Ippocrate, e che sono alla base dei restanti temperamenti descritti da Galeno: bile nera per il temperamento malinconico e bile gialla per il temperamento collerico. Un eccesso di bile nera determina l’umore triste o depresso, mentre l’eccesso di quella gialla produce collera e irascibilità. Soltanto l’equilibrio fra tutti i quattro umori, senza l’eccesso di nessuno di essi, garantisce all’uomo la vita sana. Il temperamento malinconico è quello che oggi può definirsi depressione, mentre il collerico si identifica, in parte, con gli stati maniacali del disturbo bipolare. Tra questi due estremi opposti, la voglia di vivere subisce pesanti variazioni.

Gli ormoni della felicità
Un cervello compromesso è una preziosa fonte di informazioni. Qualcosa ne altera il funzionamento: una lesione o uno squilibrio chimico, per esempio. Nella storia della psicofarmacologia, anche per mezzo del tentativo di curare la patologia, sono stati identificati gli ormoni che contribuiscono al benessere mentale. Per esempio, è grazie alla cura della depressione che sappiamo quanto sia importante la serotonina per il buon umore: in una buona parte di casi, la serotonina migliora l’umore dei pazienti depressi. Nessuno vorrebbe, poi, un cervello privo di dopamina: tutti dicono che sia l’ormone del piacere e della gratificazione. Ugualmente importante è l’ossitocina, conosciuta come l’ormone dell’amore. Tuttavia, dovremmo chiederci se queste definizioni sono riduttive. Vero, il rilascio di dopamina aumenta dopo una gratificazione, ma accade anche quando siamo sotto stress o ci muoviamo. Giusto, la serotonina migliora l’umore depresso, ma se bastasse questo non ci spiegheremmo come mai alcuni pazienti non traggono nessun beneficio dai farmaci ad azione serotoninergica. I neurotrasmettitori non sono ingredienti magici: più processi sono al servizio di un fenomeno psicologico e alcuni elementi, seppur necessari, da soli non possono cambiare il funzionamento mentale.
OLTRE LA SOGLIA: PIÙ CHE UNA GRANDE VOGLIA DI VIVERE
“La vita è sempre creazione, imprevedibilità e, nello stesso tempo, conservazione integrale e automatica dell’intero passato”
È in questo modo che si concludono i versi introduttivi di questo articolo, con i quali Bergson ci tramanda una delle più celebri frasi sulla voglia di vivere. Ma c’è un momento in cui la conservazione del passato si interrompe, lasciando spazio a più che un semplice star bene: euforia ingiustificata, iperattività, loquacità eccessiva, smisurata propensione al gioco o alla seduzione. La rottura è netta e improvvisa: il soggetto è collerico e eccessivamente vivace. Nei casi più gravi, le parole si succedono senza nessi logici, i pensieri sono così rapidi da bloccare le funzioni coscienti – stupor maniacale -, ci sono allucinazioni e deliri – può pensare di avere poteri speciali, o di fare miracoli. È quello che si definisce episodio maniacale. Più che semplice voglia di vivere, considerato che una persona può arrivare a camminare su un tetto nel tentativo di imitare il volo degli aerei, come accade nel film Mr. Jones (1993). Poi, nel giro di giorni, settimane o mesi, l’umore torna normale o, peggio, sprofonda in uno stato depressivo, vero segno della fine delle risorse fisiche e mentali. Già Areteo di Cappadocia, medico greco del II secolo a.C., notò la “bipolarità” di alcuni pazienti che transitavano da uno stato melanconico a uno maniacale. Oggi, questi estremi umorali, rappresentano due stati caratteristici del disturbo bipolare.

Episodio maniacale: perché è dannoso
Un paziente in stato di mania nella maggior parte dei casi non è consapevole della sua malattia: è convinto di stare bene e può reagire in modo aggressivo a qualsiasi tentativo di cura. Sotto la spinta dell’eccitazione, è alto il rischio di:
- Comportamenti socialmente non accettabili, come denudarsi in pubblico;
- Impulsività, come fare grossi investimenti o guidare in modo spericolato;
- Aggressività rivolta a oggetti o persone e tentativi di suicidio.
Al punto che l’ospedalizzazione è l’unico rimedio possibile. Non sempre il quadro è così grave: esiste una forma di anormale elevazione dell’umore, chiamata ipomania, che per definizione non è caratterizzata da sintomi psicotici e non richiede l’ospedalizzazione. È vero che il soggetto in fase ipomaniacale è instancabile e distratto più del solito, tuttavia non c’è una evidente compromissione della vita di tutti i giorni e i sintomi, spesso, sono scambiati per un normalissimo periodo di elevata produttività. I soggetti maniacali dormono molto poco – anche due ore per notte -, sentendosi perfettamente riposati. Dall’altro lato, è importante che tengano un corretto ritmo sonno/veglia, perché le notti insonni possono scatenare un episodio di mania o ipomania.
Al di sotto della soglia: sentirsi senza voglia di vivere
L’ipotesi, ancora non del tutto confermata, è che il cervello del paziente maniacale rilasci abbondanti quantità di dopamina, al punto che i recettori di questo neurotrasmettitore, costretti a lavorare molto, diminuiscono – down-regulation dei recettori. La diretta conseguenza è la fase depressiva. Immediata, dopo la mania, oppure ritardata di qualche tempo, dopo un periodo di umore più o meno normale. In ogni caso, il soggetto sprofonda in uno stato vitale opposto. Le forze sono azzerate, le giornate sono passate nel letto e le motivazioni sono perse. Quella del disturbo bipolare è una depressione ad origine organica, diversa in questo dalla depressione unipolare, legata a una perdita importante per la persona e caratterizzata da assenza di speranza e male di vivere. Così come nella fase di mania, anche nella depressione bipolare sono presenti disturbi del sonno. Una fetta consistente di pazienti, per esempio, soffre di ipersonnia: la sonnolenza è eccessiva e le ore passate a dormire aumentano. Nonostante ciò, è frequente che al risveglio la persona non si senta riposata. Complessivamente, nel disturbo bipolare la depressione non è inferiore all’episodio maniacale in termini di compromissione quotidiana. In genere i soggetti passano la maggior parte della loro malattia con una sintomatologia depressiva, il che ha ricadute importanti sul funzionamento sociale e psicologico.
Le caratteristiche del disturbo bipolare
Abbiamo esplorato le due facce di questo disturbo mentale, esaminandone sintomi e stati. In termini più diagnostici, una distinzione importante viene operata tra disturbo bipolare I e disturbo bipolare II. Nel primo, c’è l’alternanza ciclica di fasi maniacali – le prime a comparire nella storia della malattia – e depressive, o la sola presenza di episodi di mania. Nel disturbo bipolare II le fasi depressive, invece, si alternano con episodi ipomaniacali. L’ipomania, per le alterazioni non francamente patologiche che produce, è più difficile da identificare per il clinico. La conseguenza più pericolosa è che al paziente venga diagnosticata la depressione unipolare e che inizi un trattamento con antidepressivi, i quali, nel contesto della bipolarità, possono indurre rapida ciclizzazione dell’umore e resistenza agli opportuni trattamenti successivi. Una ulteriore diagnosi è quella di disturbo ciclotimico, caratterizzato da numerosi episodi ipomaniacali e depressivi con sintomi non marcati. I tratti peculiari del disturbo sono l’incoerenza, la lunaticità e l’imprevedibilità. Esistono, infine, pazienti affetti dal disturbo che non mostrano nessuna sorta di orientamento esclusivo verso l’una o l’altra polarità dell’umore. A questo proposito si parla di stati misti: i sintomi di depressione e di eccitazione sono compresenti a lungo.

CONTROLLARE LA VOGLIA DI VIVERE, TRA SANITÀ E PATOLOGIA
La bipolarità è la dimensione in cui si osservano le oscillazioni più evidenti della voglia di vivere e dell’umore. Esistono modi molto efficaci di controllare le fluttuazioni, che non possono prescindere dall’assunzione di farmaci. È vero, però, che gli effetti della farmacoterapia sono ancora più potenti se il paziente è seguito da uno psicoterapeuta. In questo modo, non soltanto l’attività chimica e funzionale del cervello concorrono al miglioramento della salute mentale e aumentano le probabilità che i progressi osservati diventino duraturi nel tempo. Spesso la sola psicoterapia è sufficiente in questo senso, per esempio con le persone che soffrono di depressione maggiore unipolare non grave. E non è detto che la terapia debba essere rivolta solo a chi esperisce una forma di disagio mentale. La stessa importanza dovrebbe essere attribuita alla sanità clinicamente intesa, ovvero il momento in cui la malattia può essere prevenuta. L’occasione per potenziare le capacità individuali di reagire allo stress, di lasciarsi andare alle emozioni positive e di allontanarsi dalle situazioni o dalle persone che impediscono al sé di realizzarsi.
Stabilizzare l’umore
I farmaci possono essere una scelta obbligata e soprattutto efficace e risolutiva, specie nel caso del disturbo bipolare. Nella quasi totalità dei casi ciò di cui ha bisogno il paziente è il litio. Non precisamente noto il meccanismo di azione dei suoi sali, ma ha un’efficacia decisamente maggiore delle terapie placebo nel ridurre le recidive. In virtù della sua azione antimanicale nelle fasi acute della mania e della capacità di prevenire le successive crisi, viene definito stabilizzatore dell’umore. Nonostante la sua azione terapeutica, le resistenze all’approvazione del farmaco sono state numerose, evidentemente dovute agli effetti collaterali che produce. Tra i più comuni:
- Ipotiroidismo
- Lievi disturbi gastrointestinali
- Tremore, maggiormente evidente durante i movimenti fini
- Rallentamento psichico (difficoltà di memoria o di concentrazione)
In considerazione di ciò, è molto importante individuare il corretto dosaggio per ogni persona ed, eventualmente, modificarlo. Comunque, viste le conseguenze negative causate dal disturbo, il rapporto costi/benefici è a favore dei benefici: il litio può essere un vero salvavita.

La psicoeducazione e la psicoterapia
È difficile immaginare che il supporto fornito a una persona in difficoltà possa limitarsi alla sola somministrazione di farmaci. Inoltre, quando gli effetti collaterali aumentano particolarmente, o quando il paziente in depressione ricorda quanto fosse eccitante la vita nella fase maniacale, aumenta il rischio che i farmaci non siano assunti con regolarità. È importante, allora, diminuire il più possibile le possibilità di nuove crisi. A questo fine è molto utile la psicoeducazione: ha l’obiettivo di aumentare la coscienza della malattia, di evitare l’abuso di sostanze come autocura e di aiutare la persona a riconoscere le imminenti ricadute, soprattutto a ridurre la frequenza delle stesse regolarizzando lo stile di vita. Per esempio, notti insonni e caffeina andrebbero evitate. È, in pratica, quello che si fa anche nella gestione di malattie come il diabete o l’ipertensione. E, come nel caso di queste malattie, è desiderabile prevenire. Nell’ambito della salute mentale significa ricercare attivamente il supporto di un terapeuta, non con il fine di curare, ma di riconoscere i propri limiti e allontanare relazioni e situazioni tossiche, aumentando le capacità di gestione dello stress.
Fonte
- Manuale di Psichiatria
A. Siracusano (2014) - Integrated neurobiology of bipolar disorder
Frontiers in Psichiatry