L’Oceano Meridionale è stato ufficialmente riconosciuto dalla National Geographic Society e dal NOAA come quinto oceano della Terra. Qui vivono organismi marini tipici della zona che sono minacciati dal cambiamento climatico e della pesca intensiva. Riconoscere questo nuovo oceano permette una sua migliore salvaguardia e una maggior consapevolezza della fragilità degli ecosistemi marini.
IN BREVE
Indice
OCEANO MERIDIONALE: UN PROBLEMA GEOGRAFICO
Sin dai primi anni di scuola elementare è stato insegnato a tutti noi che il pianeta Terra ha quattro oceani: l’Atlantico, il Pacifico, l’Indiano e l’Artico. Tuttavia, osservando una carta geografica o un mappamondo, è possibile notare come tutti gli oceani sono collegati l’uno all’altro come se fosse un unico grande bacino d’acqua. In effetti la divisione in diversi oceani è una convenzione in cui i confini di ognuno sono stabiliti dai continenti che li circondano. Questa suddivisione è stata adottata nel 1953 dall’Ufficio Idrografico Internazionale, un organismo intergovernativo con sede nel Principato di Monaco, che si occupa delle tematiche dell’idrografia.
Recentemente questo “dogma” è stato abbattuto ed un nuovo oceano è sbucato nelle più recenti carte geografiche: l’Oceano Meridionale, anche chiamato Oceano Antartico oppure Oceano Glacial Antartico (nell’immagine in basso: Oceano Antartico mappa). Questa “new entry” non deriva dalla creazione fisica di un vero e proprio nuovo oceano (come avviene nel fenomeno della tettonica a placche), ma da anni di discussioni riguardanti le acque intorno al continente antartico.
Vari organi che si occupano della creazione di carte geografiche e nomenclatura dei corpi idrici hanno a lungo pensato se questa regione di mare può essere considerata come un nuovo oceano oppure come una semplice confluenza dell’Atlantico Meridionale, del Pacifico Meridionale e dell’Oceano Indiano. In effetti, rispetto a tutti gli altri oceani, quello Antartico non è circondato da nessun continente, ma circonda egli stesso un continente come un gigantesco salvagente.
PERCHÈ UN NUOVO OCEANO?
Come potete vedere dalla figura in alto (Oceano Antartico cartina) e come descritto in precedenza, l’Oceano Meridionale non ha dei confini ben netti; perciò, potrebbe venire in mente la domanda: “ma questo Oceano Antartico dove si trova di preciso?”. Esso è localizzato tutto intorno all’Antartide e si estende fino ai 60° sud di latitudine. L’indipendenza dagli altri oceani, nonostante le varie formalità, è già da molto tempo riconosciuta dagli scienziati di tutto il mondo che studiano gli ecosistemi di quest’area. In effetti l’Oceano Antartico ha delle caratteristiche tipiche e anche una vera e propria “barriera” che lo separa dagli altri: la Corrente Circumpolare Antartica (abbreviata in ACC). Tale corrente scorre da ovest verso est in flussi che raggiungono circa i 60° sud di latitudine, per questo il parallelo corrispondente è stato scelto come confine di questo nuovo oceano.
La Corrente Circumpolare isola queste acque da 34 milioni di anni, a seguito della separazione del continente antartico da quello sudamericano. Il ruolo dell’ACC, e di conseguenza dell’Oceano Meridionale, è molto importante nel sistema di mitigazione del clima di tutto il pianeta: essa fa parte e alimenta il sistema di correnti che attraversa tutto il globo chiamato “grande nastro trasportatore”. Inoltre, a causa delle sue caratteristiche fisiche peculiari (temperatura e salinità), le acque su cui agisce la Corrente Circumpolare Antartica sprofondano verso il fondale oceanico producendo sia un rimescolamento dei nutrienti sia un immagazzinamento dell’anidride carbonica, gas serra responsabile dell’attuale cambiamento climatico.
Le acque antartiche hanno una loro “impronta chimica” specifica che le distingue da quelle di tutti gli altri oceani: la loro salinità è più bassa rispetto a quella degli altri, che di media hanno una salinità del 34‰ (ovvero 34 grammi di Sale per 1 Kg di acqua), livelli di ossigeno più alti e grandi quantità di nutrienti come nitrati e fosfati. L’utilizzo di dati satellitari e termometri ha permesso di studiare le temperature dell’Oceano Glacial Antartico. Questi dati testimoniano come ci sia una grande variabilità spaziale: essa varia sia con la latitudine sia con la profondità. In generale le acque superficiali variano tra i -1.5°C vicino il continente antartico e i 4°C a latitudini più elevate (temperature Oceano Meridionale molto variabili). Le acque più profonde invece hanno temperature al di sotto di 1°C, con rare eccezioni.
Oltre alle caratteristiche chimico-fisiche, l’Oceano Glacial Antartico può essere distinto dagli altri grazie alle forme di vita che colonizzano questa regione. Secondo Enric Sala, della National Geographic Society, l’Oceano Antartico “comprende ecosistemi marini unici e fragili che ospitano creature meravigliose come balene, pinguini e foche”. Riconoscere tale oceano come una regione ben distinta dalle altre permetterà, secondo la National Geographic Society, la conservazione e la protezione di questi fragili ecosistemi, soprattutto grazie all’insegnamento nelle scuole dell’importanza di questo ambiente e dei fenomeni (antropici e naturali) che lo minacciano.
BIOLOGIA DELL’OCEANO GLACIAL ANTARTICO
Nonostante l’Oceano Glacial Antartico appaia come un ambiente estremamente inospitale, le sue acque sono molto più ricche di vita rispetto a quello che potremmo aspettarci. Tuttavia, le nostre conoscenze sulle specie che vivono in questo ambiente sono molto scarse a causa dell’inaccessibilità dell’area. Per questo motivo sono state avviate diverse campagne scientifiche al fine di effettuare dei censimenti degli organismi che vivono nelle acque dell’Oceano Meridionale. Tali ricerche sono coordinate dal Network SCAR-MarBIN, che si occupa di raccogliere ed unificare tutti gli studi riguardanti la biosfera dell’Oceano Antartico.
Questo network ha già censito circa 8.200 specie, ma gran parte delle ricerche sono localizzate nelle acque meno profonde e più vicine alle basi scientifiche del continente antartico. A causa dell’inaccessibilità dell’area si conosce davvero molto poco delle zone più remote e dei tratti di oceano più profondi. Tuttavia, negli ultimi anni, l’impiego delle nuove tecnologie come droni, navi rompighiaccio più efficienti e la possibilità di effettuare foto e video sott’acqua, ha permesso la scoperta di nuove specie più velocemente rispetto al passato.
Sin dalle prime spedizioni nell’Oceano Glacial Antartico, come Challenger, Belgica e Discover, ci si è resi conto che alcune specie sono molto più diffuse di altre: briozoi, spugne e anfipodi sono molto diffusi; specie come bivalvi e gasteropodi sono meno presenti o completamente assenti come nel caso di alcuni gruppi di pesci e crostacei decapodi. È molto complesso capire quali specie marine siano state ben catalogate; tuttavia, è chiaro che alcune specie siano molto più studiate di altre: tra i cordati ad esempio i pinguini, balene e albatros (definiti come specie “carismatiche”, ovvero che fanno molta presa sull’opinione pubblica) sono ben catalogati all’interno di SCAR-MarBIN, mentre altri come vari tipi di pesci e le ascidie (organismi microfagi filtratori) sono molto meno studiati.
All’interno del registro delle specie marine antartiche sono presenti poco più di 8.800 specie ma, secondo una ricerca di Gutt nel 2004, solo in corrispondenza delle zone dell’oceano meno profonde (zone di piattaforma) sono presenti almeno 17.000 specie diverse. Rimangono ancora molte specie da descrivere, sia nelle zone inaccessibili che in quelle già molto studiate. Tra le zone che sono state scarsamente studiate ci sono il Mare di Amundsen, il mare occidentale di Weddel (guarda l’immagine in alto: Oceano Glacial Antartico mappa) e le acque su cui galleggiano grandi blocchi di ghiaccio, che rendono molto complicato il campionamento di diverse forme di vita.
Le minacce alla biodiversità dell’Oceano Antartico
La principale attività umana, che minaccia direttamente gli ecosistemi di queste acque, è la pesca che ha sfruttato per molti anni le specie acquatiche dell’Oceano Meridionale. La pesca massiccia di krill, piccoli crostacei che compongono lo zooplancton, ha serie conseguenze non solo sulle riserve stesse di questi crostacei ma anche sulle altre specie, come le balene, che si nutrono principalmente di questi organismi.
Per tale motivo è nata una commissione chiamata CCAMLR (Commission for the Conservation of Antarctic Marine Living Resources) che regola le attività di pesca all’interno dell’Oceano Antartico. Nonostante gli sforzi nella conservazione di alcune specie come il krill, merluzzi patagonici e antartici e sgombri, il principale problema per la CCAMLR è rappresentato dalle attività di pesca illegali che sfruttano eccessivamente questi ambienti.
Le fonti di inquinamento dell’Oceano Glacial Antartico derivano principalmente da sversamenti localizzati di olio e acque reflue, tuttavia, anche sostanze tossiche prodotte nel resto del pianeta possono raggiungere queste acque e minacciare le diverse forme di vita. Microplastiche e sostanze organiche persistenti come ad esempio il famoso DDT, si sono diffuse a scala planetaria e sono ormai presenti anche nelle zone più remote della Terra.
Anche il riscaldamento globale minaccia le comunità marine dell’Oceano Antartico in quanto le acque a nord-est e a ovest della Penisola Antartica sono tra le zone marine in cui la temperatura sta aumentando maggiormente. Questo aumento di temperatura porta ad un conseguente rapido cambiamento degli ecosistemi marini, rappresentando una minaccia per tutte le forme di vita che attualmente colonizzano l’Oceano Meridionale.
Inoltre, l’aumento della concentrazione di anidride carbonica in atmosfera si traduce nel fenomeno dell’acidificazione degli oceani, che rende più complicato per gli organismi marini la sintesi di carbonato di calcio e aragonite. Questa è una minaccia a tutti quegli organismi che producono gusci e scheletri calcarei come coralli e molluschi planctonici che non riusciranno di conseguenza ad adattarsi a questo nuovo ambiente. La minaccia al plancton marino è un problema per tutti gli altri organismi (compreso l’essere umano), in quanto essendo alla base della catena alimentare, la sua forte riduzione può produrre una grave carenza alimentare.
Ulteriori studi riguardo le specie viventi nell’Oceano Meridionale, permetteranno di stabilire con maggior precisione gli effetti potenziali del riscaldamento globale in questa regione. Inoltre, a causa dell’accrescimento dei ghiacci durante la stagione invernale e del peggioramento delle condizioni ambientali, si conosce ben poco del comportamento degli organismi durante questo periodo dell’anno. L’utilizzo di droni può essere un punto di svolta nel comprendere meglio questo ambiente e nell’attuare politiche in grado di tutelare questo misterioso e delicato ecosistema.
Fonte
- Antarctic marine biodiversity–what do we know about the distribution of life in the Southern Ocean? GRIFFITHS, Huw J. 2010.
PLOS ONE - There’s a new ocean now—can you name all 5? Sarah Gibbens, 2021.
National Geographic