Il diminuire delle precipitazioni nevose ad alta quota ha spinto gli scienziati a condurre rilevazioni nelle stazioni sciistiche alpine. I risultati sono allarmanti. Ecco come il riscaldamento globale farà sparire la neve dalle nostre montagne.
IN BREVE
Di questi tempi veder nevicare sulle strade o nelle sconfinate catene alpine pare sia diventato un miraggio. La neve sta diventando merce rara. Purtroppo a causa dei cambiamenti climatici, le temperature si sono innalzate e su tutto l’arco alpino, per poter utilizzare delle stazioni sciistiche, specialmente quelle francesi, bisogna mettere da parte quelle che si trovano ad altitudini medio-basse e preferire quote sempre più elevate
Quando nevica tutto il mondo si trasforma e lo sanno bene i bambini che guardano quei fiocchi di neve scendere dal cielo e rendere candido ogni cosa su cui si posa. I più grandi ricorderanno l’indissolubilità del binomio che c’era fino a qualche decennio fa tra le neve e il Natale ma, come ben sappiamo, oggi non è più così. Le temperature sembrano essere più elevate durante i mesi più impensabili e più basse quando dovrebbe fare caldo. Ormai non è più solo un discorso di “mezze stagioni che non ci sono più” ma stiamo assistendo ad una vera e propria ridistribuzione delle fasce climatiche.
Il surriscaldamento globale sta diventando un problema serio e non soltanto per la diminuzione della neve e, quindi, per la possibilità di sciare ma soprattutto perché il calo delle temperature potrebbero avere dei risvolti drammatici sulla vita di ognuno di noi. Si pensi che se dovessero sciogliersi tutti i ghiacciai della Groenlandia gli oceani aumenterebbero il loro livello di 7 metri. E di tutto ciò risente anche la neve.
Uno studio condotto da un gruppo di ricerca a Grenoble nel febbraio 2015, firmato dal Cnrs e diretto dal glaciologo Jérôme Chappellaz, ha confermato la diminuzione molto marcata dell’innevamento: secondo l’esperto, ciò dipende direttamente dall’aumento della temperatura media globale, che in 55 anni ha provocato un calo dell’altezza media della coltre in inverno, da 150 a 120 centimetri.
Le conseguenze dirette del riscaldamento del clima si registrano nel processo di congelamento delle precipitazioni. Ecco come si forma la neve: ad alta quota, temperature tendenti agli 0°C portando il vapore acqueo dell’atmosfera a brinare, cioè passare direttamente dallo stato gassoso a quello solido, attorno a dei nuclei di congelamento, i cosiddetti germi cristallini. Le basse temperature infatti da sole non bastano, è necessario un fulcro solido (come microparticelle di polvere) per dare il via il processo, che altrimenti richiederebbe circa -40°C per far gelare ogni singola goccia.
Formati i cristalli ad alta quota, perché la neve cominci a cadere serve che siano soddisfatte alcune condizioni. Tanto per cominciare, il peso dei singoli cristalli deve essere maggiore della spinta di galleggiamento che li mantiene in aria. La temperatura al suolo non può superare i 2°C, e negli strati intermedi dell’atmosfera deve mantenersi sugli 0°C o la neve rischia di fondere in pioggia.
Forse è un processo più complicato di quello che normalmente si crede – non bastano acqua e freddo per fare la neve, già – ma è evidente quanto un minimo cambiamento di temperatura può drasticamente ridurre le precipitazioni. Ed è quello che sta succedendo.
Secondo il rapporto del Cnrs, che si è concentrato sulle rilevazioni nelle principali località sciistiche, a subire visivamente questo calo sono state circa 100 stazioni francesi. Ma non solo. Entro uno o due decenni, avverte lo scienziato, le piste da sci al di sotto dei 1800 metri saranno condannate. A confermare questi dati sono le cronache delle settimane bianche appena trascorse: nel periodo di Natale addirittura all’Halpe d’Huez, solo 30 piste su 130 sono state aperte. Inoltre secondo l’agenzia Meteo France, in tutte le Alpi francesi l’innevamento è stato molto debole rispetto ai valori medi della stagione, raggiungendo un deficit nelle Alpi meridionali dell’ 80% .
Se ci spostiamo in Italia, a Madonna di Campiglio, per consentire l’apertura della stagione sciistica, sono stati utilizzati addirittura 400 mila metri cubi di neve artificiale, ma la produzione di quest’ultima, oltre ad avere un costo molto alto, ha uno spreco di energia non indifferente, nonché un impatto ambientale considerevole. Infatti la neve artificiale ha un alto contenuto di acqua liquida, circa il 15-20% rispetto al 7-10% della neve naturale, e si deposita sul terreno con maggiore densità. Avendo un peso superiore causa il congelamento del suolo impedendo il passaggio d’ossigeno e provocando l’asfissia del manto vegetale sottostante, il quale può essere soggetto a morte e putrefazione.
Con questo metodo in Val Gardena, la coppa del mondo di sci, che si è svolta a metà dicembre, si è potuta disputare grazie ai fiocchi artificiali. In modo analogo è successo a Hochfilzen il 13 dicembre per la prova di biathlon. Ma la neve artificiale porta con sè alcuni problemi tra cui il fatto che per crearla c’è bisogno di un grande quantitativo di energia e acqua. I cannoni sparaneve pare siano anche imputabili per alterazioni del terreno e, dunque, per la biodiversità vegetale e animale. Questo dipende dal fatto che la neve artificiale ha un contenuto di acqua maggiore rispetto a quella naturale, un peso più elevato e una capacità di isolamento termico più basso tra il suolo e l’atmosferma. La diretta conseguenza di ciò è il congelamento del terreno con riduzione di passaggio di ossigeno e, dunque, asfissia degli organismi viventi sottostanti, morte e putrefazione.
Il pianeta sta cambiando, ormai è sotto gli occhi di tutti e nascondere il problema con questi stratagemmi senza un’adeguata regolamentazione, potrebbe solo essere un modo, forse, per sfuggire dalle nostre responsabilità oltre al fatto che in questo modo si rischia di peggiorare ancora di più la situazione. Impariamo a conoscere e rispettare il mondo che ci circonda e questo ci ripagherà con tante meraviglie, tra cui la magia della neve.
Fonte
- Lyon: Cent stations de ski déjà condamnées?
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