Con ottime probabilità, l’origine del mito del Philadelphia Experiment nasce ai tempi della Seconda Guerra Mondiale.
La situazione nell’Atlantico era davvero critica.
La Germania nazista non solo decimava i trasporti merci e personale via nave, utilizzando i micidiali sommergibili U-Boat: aveva, inoltre, tappezzato le rotte di mine navali.
La mina navale è un oggetto poco difficile da realizzare, molto efficace e tremendamente cost-effective.
Le mine potevano essere sganciate da navi oppure aeroplani, erano in grado di rimanere inattive per anni, per poi mietere la propria vittima al momento opportuno.
Esistevano diversi tipi di mine: alcune venivano azionate con il semplice contatto, mentre altre avevano dei sistemi di innesco molto più raffinati, come ad esempio quelle magnetiche.
Se, da una parte, gli alleati avevano trovato le contromisure per le mine tradizionali, quelle magnetiche rappresentavano una vera e propria spina nel fianco.
Quando una grossa nave passa nel campo magnetico terrestre, infatti, esso tende a disporsi attorno al suo scafo.
Con un misuratore di intensità del campo magnetico, quindi, la mina è in grado di accorgersi del passaggio di una grossa massa: captando l’improvvisa concentrazione magnetica, infatti, decide di esplodere.
Posate sui fondali bassi, erano in grado di distruggere le navi con la loro imponente onda d’urto.
Frustrati da questo tipo di battaglia subdola, gli alleati nel 1939 continuavano a non trovare una soluzione valida alle mine magnetiche… fino ad un vero e proprio dono dal cielo.
Nel corso di un raid su Londra, un aereo posa mine magnetiche sbagliò il lancio, facendone cadere una sulle rive sabbiose del Tamigi. Gli inglesi la recuperarono, la smontarono e la studiarono, tramite ingegneria inversa.
Finalmente nacque una soluzione al problema.

Fu sviluppata la tecnica del Degauss: il nome deriva dall’unità di misura del campo magnetico, ovvero il Gauss, scala su cui erano tarate le mine tedesche.
La tecnica consisteva nell’avvolgere di cavi lo scafo della nave, quando si trovava ormeggiata nel porto e senza equipaggio, e fare passare al loro interno una corrente violentissima.
Questo tipo di procedura faceva sì che, dopo il passaggio di corrente, la nave avesse perso quasi del tutto la sua magnetizzazione: passando nel raggio di azione della mina, quindi, riusciva a risultare invisibile!
Il Degauss iniziò ad essere adottato come procedura di routine, eseguita su ogni nave alleata in partenza per l’Atlantico.
Poiché il campo magnetico terrestre, alla lunga, tendeva a far decadere questa caratteristica acquisita, la procedura veniva ripetuta dopo ogni andata-ritorno.
Cosa c’entra tutto questo con il Philadelphia Experiment?
Durante la procedura di Degauss la forte scarica di corrente tagliava l’aria, creando una nuvola verde dall’odore acre.
Eccoci arrivati, abbiamo il punto di partenza.
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