TMS è l’acronimo di Transcranial Magnetic Stimulation, Stimolazione Magnetica Transcranica in italiano. Trattasi di un recente trattamento clinico per i disturbi mentali che sfrutta l’induzione elettromagnetica per modificare attivamente e direttamente la comunicazione tra neuroni in alcune particolari aree cerebrali target. Ne derivano un’inibizione o un potenziamento dell’area stimolata.
IN BREVE
Indice
TMS: COS’È? UNO STRUMENTO PER MODIFICARE IL CERVELLO
TMS è l’acronimo di Transcranial Magnetic Stimulation, Stimolazione Magnetica Transcranica in italiano. Trattasi di un recente trattamento clinico per i disturbi mentali che sfrutta l’induzione elettromagnetica per modificare attivamente e direttamente la comunicazione tra neuroni in alcune particolari aree cerebrali target. Parliamo di plasticità sinaptica. Il nostro cervello è in continua modifica, tende costantemente ad adattarsi alle richieste ambientali, non solo dal punto di vista cognitivo, ma anche da una prospettiva strettamente elettrochimica. Dobbiamo immaginare la macchina cerebrale come il più grande e complesso dei circuiti, all’interno del quale sono presenti componenti chimiche e tessuti biologici. I messaggi che partono dal sistema nervoso centrale (SNC) e quelli che vengono captati dall’ambiente, viaggiano nel nostro corpo sotto forma di segnali elettrici, più o meno frequenti, ripetuti, intensi, a seconda del tipo di informazione da trasmettere.
Nel SNC ogni neurone possiede un corpo e delle braccia (assoni), come fossero cavi elettrici con cui si collega alle altre cellule. All’apice distale delle braccia vi sono le cosiddette sinapsi, degli elementi cellulari che contengono le molecole utilizzate dal neurone per comunicare con le unità biologiche circostanti. Tali molecole prendono il nome di neurotrasmettitori, sono impacchettate in quanti e vengono rilasciate a seconda dell’informazione elettrica ricevuta dalla sinapsi. In pratica il segnale elettrico viaggia lungo l’assone, quando raggiunge la sinapsi le comunica di rilasciare il neurotrasmettitore che viene poi utilizzato per «parlare» con gli altri neuroni o con gli organi effettori (ad esempio i muscoli nel caso del movimento). Pensieri, credenze, azioni, immagini mentali sono codificati da segnali elettrici di intensità e frequenza differenti, come fosse un codice morse, a cui seguono rilasci quantali variabili.
Plasticità sinaptica
Coscienza e memoria sembrano essere conseguenze di questi processi elettrochimici di base. Difatti l’autoconsapevolezza dell’uomo si sviluppa in funzione dell’apprendimento, e quest’ultimo dal punto di vista molecolare coincide con il processo di plasticità sinaptica: secondo la legge di Hebb, utilizzare un circuito cerebrale lo fortifica, e rende più probabile il suo utilizzo automatico in futuro (non è questa l’unica legge che governa l’apprendimento, ma per il momento è sufficiente). Per questa ragione i musicisti sono particolarmente bravi nel suonare in modo automatico e spontaneo il loro strumento, gli artisti marziali nel contrattaccare in maniera efficace, i fobici nell’avere paura (perché in effetti anche il circuito della paura si plasma sulla base dell’apprendimento). Dopo una seduta di psicoterapia, oppure quando assumiamo psicofarmaci, andiamo ad interferire con l’elettrochimica del SNC nel tentativo di riportare l’omeostasi in un sistema squilibrato. La psicoterapia lavora sulle cognizioni: modificandole, si modifica la plasticità alla base; il farmaco lavora direttamente sulla chimica aumentando o diminuendo la quantità di neurotrasmettitore in circolo; la TMS lavora sull’elettricità, a cui segue una modifica nel rilascio dei quanti.
- Psicoterapia: modifica le cognizioni – modifica l’elettricità – modifica la chimica
- TMS: modifica l’elettricità – modifica la chimica
- Farmaco: modifica la chimica
Il sistema è interconnesso, la modifica di una componente porta alla modifica di tutte le altre: ad una modifica della chimica (che avviene in tutti i casi) a sua volta segue una modifica delle cognizioni, che di conseguenza modificano l’elettricità e nuovamente la chimica…
Il meccanismo sinaptico è locale, ma anche globale, dopotutto la memoria è un fenomeno associativo che funziona anche sulle grandi distanze per mezzo di potenziali d’azione, ioni e molecole. Generalmente l’effetto del farmaco coinvolge un intero sistema neurotrasmettitoriale (da qui dipendono gli inevitabili effetti collaterali), la TMS punta invece ad essere molto più specifica. Vi sono persone in cui il cablaggio assonale subisce delle modificazioni abnormi, come nel caso del disturbo depressivo dove vi sono degli squilibri nel sistema sinaptico. È possibile inoltre che nel cervello di ciascuno si creino associazioni problematiche da cui possono dipendere patologie come il PTSD o l’ansia. Se l’effetto sulla chimica è ancora troppo generale, l’azione sull’elettricità può essere ben più circoscritta, il circuito target della stimolazione TMS può essere specifico. Ovviamente la visione d’insieme deve essere mantenuta, ma forse la soluzione per alcuni disturbi mentali non è nella connettomica macroscopica, bensì nella microcircuiteria di base.
Prime comparse dell’elettricità in psicologia
Giovanni Aldini nell’Ottocento fu il primo ad utilizzare l’elettricità per trattare disturbi mentali come la depressione tramite l’utilizzo della pila di Volta (nonché il primo a far muovere i corpi morti tramite l’utilizzo di elettricità, un po’ come il Dr. Frankenstein). Tempo dopo le ricerche mostrarono che il paziente sia epilettico che schizofrenico, nel momento della crisi di grande male, perdeva ogni caratteristica della schizofrenia. L’epilessia altro non era che un «cortocircuito» al livello del SNC, sembrava dunque che questo sbalzo elettrico in qualche modo impattasse sulla plasticità sinaptica abnorme della componente schizofrenica e che ne riducesse temporaneamente l’effetto. Sulla base di questa intuizione, Ladislas Meduna utilizzò svariate sostanze chimiche per indurre attacchi epilettici controllati, generati da una condizione di ipercapnia e dal successivo innalzamento del ph sanguigno. Notò che i sintomi psichiatrici si ridimensionavano. Ugo Cerletti nel 1938 propose dunque l’elettroshock, la terapia elettroconvulsivante (TEC) come terapia per i disturbi mentali. La filmografia la disegna come una cosa terribile, ma nel paziente depresso grave in cui non funziona nulla, la TEC in anestesia ancora oggi viene spesso utilizzata per bloccare i comportamenti suicidari, almeno per un po’, salvando delle vite. Senz’altro la tecnica di Cerletti era brutale, ma via via il processo è stato perfezionato. Ad oggi l’anestesia non porta neanche ai sintomi motori del grande male indotto, solo alla crisi epilettica elettrica, inevitabile ma funzionale. Il miglioramento con la TEC era ed è rapido, a differenza degli psicofarmaci che generalmente richiedono almeno due-quattro settimane per mostrare il loro effetto.
Il principio di Faraday e la macchina per la TMS
Faraday nel 1831 pensò che se un campo elettrico era in grado di generare un campo magnetico, allora forse un campo magnetico era in grado di generare un campo elettrico. Oggi sappiamo che così è. La corrente richiesta per l’induzione non è stazionaria, bensì ripetuta; il circuito elettrico deve essere in grado di chiudersi ed aprirsi ripetutamente, solo in questo modo porta alla produzione di un campo magnetico, che a sua volta può andare ad interferire con altri circuiti elettrici. È questo il meccanismo di funzionamento della TMS, spesso chiamata rTMS, dove la r sta per ripetuta. Il più delle volte i pazienti sono spaventati dallo strumento per la TMS, ma attraverso la conoscenza dei principi fisici dell’apparecchio, è possibile vederlo in modo critico, senza misticismi o credenze errate. Un campo magnetico è emesso dal coil, una bobina che sfrutta la legge di Faraday per generare delle correnti elettriche in un conduttore, ad esempio l’acqua encefalica.
Nel coil non vi è altro che un cavo elettrico avvolto su sé stesso. Il passaggio della corrente al suo interno, crea il campo magnetico, che emesso nelle vicinanze di un corpo conduttore, a sua volte induce un campo elettrico. Il meccanismo di funzionamento è molto simile a quello utilizzato dai caricatori wireless. Il campo magnetico quando raggiunge la superficie del cranio, induce un campo elettrico che va a perturbare l’attività cerebrale spontanea. Se lo si posiziona sull’area di Broca mentre la persona legge un libro, questa smette di leggere; se lo si posiziona sull’area motoria, la persona si muove involontariamente. La forma e la dimensione del coil possono variare. Può essere circolare, a farfalla, a farfalla su piano inclinato o di altri tipi. La forma del coil determina l’esito della terapia e dipende dalla necessità del paziente. Diverse forme coinvolgono diverse aree e producono diversi tipi di stimolazione, ad esempio un coil circolare genera un campo magnetico ben poco focale, molto ampio; un coil a farfalla su piano inclinato è molto più focale e genera un campo magnetico che riesce a scendere più in profondità. La somma delle linee di campo, va a generare uno stimolo molto più «appuntito», come fosse un’intersezione tra due normali. Ne deriva una stimolazione molto più focale.
Come identificare le aree cerebrali target?
Non è necessario di volta in volta compiere calcoli astrusi per identificare le aree target, per buona parte delle macchine vi sono strumenti di navigazione assistita che identificano le aree al posto del clinico. Se occorre però vi sono diversi metodi per raggiungere l’area della stimolazione. Il sistema 10/20 viene utilizzato per individuare la posizione precisa dell’area target. Il 10/20 identifica 21 posizioni encefaliche. Con un metro viene misurato lo spazio cranico dal nasion all’inion e viene diviso a metà, poi la stessa cosa viene fatta tra il trago destro e il trago sinistro. Il punto di incrocio tra queste due metà viene detto CZ. A partire da CZ vengono tracciate le altre linee craniche trasversali a formare una griglia: per il distanziamento viene utilizzato il 20% della misura tra il nasion e l’inion. Le piccole porzioni di spazio che avanzano dopo la divisione a livello del nasion e l’inion vanno a formare dei punti a sé. I punti sulla linea centrale prendono la lettera identificativa Z, quelli a sinistra numeri dispari, quelli a destra pari. L’identificativo viene sempre fatto precedere dall’iniziale dell’area: T = Temporale, F = Frontale, P = Parietale, C = Centrale, O = Occipitale. Cosa vuol dire 10/20? Se il sistema 10/20 ha un’interlinea del 20%, il sistema 10/10 ha un’interlinea del 10%: il reticolo sarà più fitto, il numero di aree identificate sarà maggiore. In fase preparatoria è sempre importante andare a stimolare l’area motoria al fine di identificare l’intensità minima (soglia motoria) per generare un MEP (potenziale evocato motorio). Sia la stimolazione che la posizione del coil sono tarate ad hoc sul paziente, questo perché tra maschi e femmine vi è una differenza nell’eccitabilità corticale, così come tra più anziani e meno anziani, ma anche tra soggetti molto simili dal punto di vista dell’età e del sesso.
LA TERAPIA ELETTROMAGNETICA FUNZIONA, COME?
Le terapie magnetiche funzionano, forse Franz Anton Mesmer quando parlava di magnetismo animale non era pazzo. Egli era convinto che i disturbi mentali fossero causati da uno squilibrio del «fluido magnetico» contenuto nei corpi umani; la sua terapia stravagante tentava di riequilibrarlo per mezzo di magneti e strumenti avanguardistici (per l’epoca) come il celebre baquet. Oggi sappiamo che i piccioni riescono a trovare la strada di casa perché nella ghiandola pineale hanno delle minuscole componenti che consentono loro di percepire il campo magnetico terrestre; a volte il fisioterapista utilizza un magnete per riorientare i cristalli contenuti nelle ossa e che spesso si disorganizzano quando il tessuto si danneggia… Anche la TMS utilizza il magnetismo per la clinica. Per la legge di Hebb, se due neuroni si co-attivano, le sinapsi tra questi si rafforzano. Stimolando la corteccia, si induce plasticità anche alle aree collegate. Il modello di Hebb ha comunque alcuni limiti:
- Non prevede la possibilità di indebolire I circuiti, anche se è evidente che le persone «dimenticano». In che modo?
- Non prevede un livello massimo di potenziamento;
- Non prevede un meccanismo di facilitazione per le sinapsi «indebolite» quando queste vogliano recuperare il territorio perduto. In pratica le sinapsi deboli non hanno possibilità di rivalsa. «The winner takes it all» direbbero gli Abba. Sappiamo invece che anche le sinapsi deboli possono con il tempo tornare quelle di un tempo, se così non fosse farmaci e soprattutto psicoterapie non avrebbero effetto.
Questi limiti vengono superati dal cosiddetto modello BMC che prevede un indebolimento dei circuiti se la stimolazione è debole (bassa frequenza nel caso della TMS, quindi basso grado di co-attivazione), e un rinforzo sinaptico in caso di incremento della stimolazione. Più i neuroni sono deboli, più la soglia di potenziamento e bassa, quindi è facile ripotenziarli; più le sinapsi sono forti, più la soglia di depotenziamento è molto alta, quindi è difficile indebolirli con una corrente debole, potenzialmente però è sempre possibile desensibilizzare delle sinapsi il cui collegamento ormai è ben consolidato. Come si traduce tutto questo nella clinica?
Stimolazione Magnetica Transcranica nella clinica
La stimolazione TMS può essere:
- Singola: lavora sull’ampiezza dell’area ed è utilizzata per applicazioni neurologiche (ad esempio per vedere se il nervo conduce nel modo corretto);
- Ripetitiva: richiede altri parametri come numero di stimoli, le pause, la frequenza di ripetizione in Hertz (numero di stimolazioni in un secondo), la lunghezza del treno di stimoli (per quanto tempo stimoliamo ripetutamente). È il tipo di stimolazione utilizzato in clinica. La stimolazione a meno di 1 Hz viene definita low frequency e va a ridurre l’eccitabilità corticale (aumenta l’inibizione); al di sopra di 5 Hz, tipicamente 10, si parla invece di high frequency TMS: va ad aumentare l’eccitabilità corticale.
Ne derivano differenti protocolli di stimolazione. Il paziente riceve sempre una precisa dose di stimolazione. Per la depressione è stato approvato il protocollo che prevede la stimolazione della DLPFC (corteccia dorso-laterale prefrontale) sinistra, a 5 Hz per 3 minuti con il cosiddetto protocollo Theta Burst, oppure una stimolazione per 37 minuti con il protocollo standard. Il protocollo Theta Burst prevede una stimolazione leggermente differente da quella classica: il singolo stimolo è una tripletta le cui componenti sono a distanza di 20 ms l’una dall’altra; ad esso segue una pausa di 200 ms; dunque uno stimolo a 5Hz equivale ad uno stimolo 5×3. I protocolli TMS sono stati approvati dall’FDA per la dipendenza da sostanze, alcol, gambling, social, sesso, a patto che il paziente sia piuttosto grave, che quindi non riesca a pensare ad altro se non all’oggetto della tossicodipendenza. Per il DOC (Disturbo Ossessivo-Compulsivo), la terapia prevede invece duemila impulsi e la verifica della soglia motoria sull’arto inferiore, non su quello superiore. L’efficacia della macchina viene definitiva da «livelli» che si basano sui risultati scientifici. La TMS è di livello A (il più alto) per la depressione e lo stroke, ad esempio, quindi pare funzioni molto bene come terapia antidepressiva o neuroriabilitativa. Altre categorie mediche sono di livello più basso non perché la tecnica non sia efficace, ma perché non ci sono sufficienti ricerche scientifiche in merito che ne dimostrino la validità. Trattasi infatti di una tecnica recente, la TMS in Italia è arrivata da poco e spesso neanche se ne sente parlare in clinica, se non per quei disturbi per cui ha una particolare importanza.
Neuromodulazione come trattamento polispecialistico
Non immaginiamo la TMS come una terapia a sé stante; funziona come segmento di un percorso di cura multifattoriale e multicentrico che prevede un’accuratezza diagnostica ed un buon livello di integrazione comunicativa tra i terapeuti. È un trattamento di stampo biopsicosociale orientato ai bisogni della persona, individuati con un assessment polispecialistico. Richiede la valutazione della storia genetica e ambientale famigliare, degli eventi di vita, di come il paziente li ha affrontati. Il medico di medicina generale è senz’altro quello che meglio conosce la storia di vita del paziente, ma quando il quadro si fa grave, il soggetto deve necessariamente raggiungere gli specialisti: psichiatra, neurologo, psicoterapeuta, educatore, infermiere, assistente sociale. La qualità dell’intervento dipende dall’interazione tra tutte queste figure. Più gli specialisti si incontrano per discutere, parlare e confrontarsi, più l’esito della terapia è positivo. Ad oggi il disturbo del paziente viene ancora trattato settorialmente, ma il prospetto non è realistico. Visita psichiatrica, colloqui psicologici, testistica psicodiagnostica e neuropsicologica, valutazione del contesto famigliare, lavorativo e sociale, tutto deve convergere in un piano terapeutico il più individualizzato possibile. Il punto è che senza interazione tra figure non può esserci individualizzazione. Il farmaco ideale non esiste, né la psicoterapia ideale. Esiste però la terapia ideale se le componenti terapeutiche vengono combinate. Psicoterapia e farmaci non si escludono e non si devono escludere a vicenda. Dovrebbero essere somministrati insieme, ed insieme ad essi la TMS.
La nuova frontiera della psicoterapia
L’approccio innovativo in psichiatria è un approccio integrato, sia dal punto di vista delle figure, sia dal punto di vista dalle tecniche quali farmacologia moderna (Litio, Prozac, SSRI, Sertralina), psicoterapia moderna (EMDR), terapie della terza ondata (mindfulness, MCT), terapia della luce, DBS (Deep Brain Stimulation), VNS (Vagal Nerve Stimulation), NIBS (Non-Invasive Brain Stimulation Tecniques) tra cui rientra anche la TMS. Una volta si curava la mente, oggi si curano la mente e il cervello, le due cose sono diventate inscindibili. Per il terapeuta classico il paziente è solo una persona che manifesta un disagio, per il terapeuta biologico, il paziente è anche una persona con una malattia organica. Se il soggetto è particolarmente difficile, l’integrazione può essere ottimale, ma la terapia può non funzionare ugualmente. È il caso della depressione resistente al trattamento farmacologico e/o psicoterapeutico, dei pazienti con DOC grave, delle dipendenze gravi, della sindrome di Tourette, dei pazienti che presentano reazioni avverse ai farmaci (ipotensione, nausea, vertigini, dolori addominali), che presentano patologie che controindicano i farmaci, che presentano una personale contrarietà alle terapie classiche. Per tutti questi soggetti la neuromodulazione è potenzialmente un salvavita. Gli operatori coinvolti sono medici, tecnici di neurofisiologia, psicologi e infermieri. Altri disturbi che possono essere trattati con la stimolazione TMS sono schizofrenia, disturbi d’ansia, DCA, Alzheimer, dolore cronico e Parkinson.
I protocolli di utilizzo differiscono per patologia e riguardano aree cerebrali differenti. Il craving, nel caso dell’addiction, viene immediatamente abbattuto dalla TMS, in questo modo il ricovero diventa molto più fattibile e gestibile; i sintomi ansiosi e depressivi diminuiscono notevolmente e il tono dell’umore migliora. Ovviamente tutto è da intendere in combinazione con il trattamento farmacologico e psicoterapeutico. Anche nel caso della depressione vi è un notevole miglioramento della sintomatologia, ma solitamente dopo tre settimane, come nel caso del farmaco, probabilmente perché il meccanismo di base è lo stesso. Anche il farmaco inibisce immediatamente il reuptake della serotonina, ma comunque è richiesto un cambiamento sinaptico duraturo affinché vi sia un esito sul lungo termine. La plasticità richiede tempo, in ogni caso, a meno che il trattamento sia per il sintomo acuto com’è per il craving.
TMS: effetti collaterali
TMS, testimonianze negative ne abbiamo? In realtà no, oppure così poche da non essere scientificamente significative. La TMS può essere utilizzata con una frequenza di 5 Hz o più, che determina una depolarizzazione di membrana, a cui segue un’eccitazione neuronale; oppure con una frequenza di 1 Hz, che determina una iperpolarizzazione di membrana, a cui segue un’inibizione neuronale. Non ci sono eventi avversi particolari che potrebbero ostacolare l’uno o l’altro processo, quelli che ci sono estremamente limitati. Non si tratta di una tecnica invasiva, è molto efficace anche se ancora è in fase di sperimentazione e validazione. Non è dolorosa, ma presenta comunque alcuni criteri di esclusione:
- Epilessia (i pazienti con bassa soglia convulsivante potrebbero entrare in grande male) e gravidanza;
- Inserti metallici endocranici, impianti cocleari, biostimolatori;
- Dispositivi per la microinfusione di farmaci;
- Neurostimolatori cerebrali;
- Pacemaker.
Come possibili (ma improbabili) effetti collaterali abbiamo:
- Induzione di una crisi epilettica di grande male. Rarissima ma possibile; ognuno di noi ha una soglia epilettogena. Siamo in grado di sviluppare una crisi anche se non siamo epilettici tramite farmaci o altre sostanze;
- Cefalea media o moderata che passa da sola dopo la seduta;
- Fastidio cutaneo;
- Piccole mioclonie.
Più che avere degli effetti collaterali, la strumentazione della stimolazione magnetica transcranica sembra avere una discreta convenienza. È così efficace perché lavora direttamente sulla capacità dei nostri neuroni di essere reshaped grazie all’apprendimento e all’esperienza. La macchina della TMS ha un costo di circa 70.000€, meno della metà rispetto ad una risonanza magnetica che si aggira intorno ai 150.000€. Per il Sistema Sanitario Nazionale è un investimento: meglio fare due mesi di TMS che avere in carico un paziente cronico da trattare con farmaci e psicoterapia per tutta la vita. Anche i costi di mantenimento sono contenuti. Per giunta lo strumento è mobile, può essere spostato ed eventualmente portato a casa del paziente, davvero comodo per i soggetti con disturbo depressivo grave o non deambulanti che passano le loro giornate allettati.
POTENZIARE IL CERVELLO CON LA TMS
Fino ad ora abbiamo parlato principalmente di clinica, in realtà le applicazioni della TMS non si limitano esclusivamente alla terapia. Se la si utilizzasse per potenziare determinate aree del cervello? L’intuizione sarebbe corretta, ad esempio la si potrebbe utilizzare per renderci più intelligenti, ma in questo caso non si parlerebbe di un potenziamento, bensì di una disattivazione corticale. Come può l’intelligenza essere associata ad una disattivazione più che ad un’attivazione? In verità alla disattivazione di una particolare area cerebrale, segue sempre una compensazione (quindi un potenziamento) a carico di un’altra area. La persona cieca, sarà molto più abile di altre nell’utilizzare gli altri quattro sensi, questo perché al livello cerebrale le aree legate all’elaborazione visiva si atrofizzeranno, mentre quelle legate agli altri sensi si espanderanno per prendere il loro posto.
Cos’è l’intelligenza?
La domanda contenuta nel titolo di questo paragrafo è tanto breve quanto complessa. Non c’è una risposta univoca, e anche la più semplice delle risposte richiederebbe una trattazione più lunga di questo articolo. Sappiamo che essa è frutto dell’intersezione tra caratteristiche biologiche del soggetto, esperienze uniche ambientali ed «occasioni» dettate dall’epoca storica; soggetti ritenuti estremamente intelligenti nel passato potrebbero non esserlo anche oggi. Forse Einstein di questi tempi non sarebbe stato in grado di regalarci nessuna scoperta innovativa, per mancanza di occasioni accademiche o per aver vissuto delle esperienze di vita differenti… ci limiteremo a dire che dal punto di vista anatomico, la super-intelligenza tipica dei soggetti savant pare sia collegata ad una ipofunzione dell’emisfero cerebrale sinistro, in particolare della corteccia temporale anteriore ed orbitofrontale. L’emisfero destro sarebbe estremamente più preciso e creativo del sinistro, quest’ultimo avrebbe invece un ruolo di controllo. Una ipofunzione o una lesione delle aree sinistre porterebbe ad una sovraespressione del talento naturale destro (Miller et al., 1998).
Guida pratica per diventare geniali (circa)
A partire da queste considerazioni, Allan Snyder utilizzò la TMS per disabilitare temporaneamente la corteccia frontotemporale sinistra di undici soggetti sperimentali. Nessuno mostrò abilità savant, ma alcuni di loro migliorarono in diversi compiti di lettura (Snyder at al., 2003). Tempo dopo R. L. Young somministrò a diciassette soggetti sani una specifica batteria neuropsicologica costruita appositamente per rilevare le abilità savant. Cinque di loro mostrarono un miglioramento dopo la stimolazione TMS (Young, Ridding & Morrell, 2004). Se da un lato questi risultati sembrano deludenti visti i numeri piuttosto bassi, dall’altro lasciano aperta la porta della speranza. Dobbiamo tenere conto che le attuali sonde per la TMS vanno a stimolare aree specifiche del cervello, ma pur sempre comprensive di più microcircuiti. Il loro effetto è ancora troppo generale; può darsi che nel tentativo di disattivare il microcircuito senza il quale ci sarebbe un aumento delle abilità, se ne disattiva anche un altro senza cui non è possibile che queste aumentino. Forse in futuro quando la tecnica scenderà ancor più nel particolare si potrà pensare di auto-rendersi savant per un periodo di tempo limitato, ma per il momento dobbiamo ancora contare sullo studio e sull’esercizio continuo.
Fonte
- Miller, B. L., Cummings, J., Mishkin, F., Boone, K., Prince, F., Ponton, M., & Cotman, C. (1998). Emergence of artistic talent in frontotemporal dementia.
Neurology - Young, R. L., Ridding, M. C., & Morrell, T. L. (2004). Switching skills on by turning off part of the brain.
Taylor & Francis Online - Snyder, A. W., Mulcahy, E., Taylor, J. L., Mitchell, D. J., Sachdev, P., & Gandevia, S. C. (2003). Savant-like skills exposed in normal people by suppressing the left fronto-temporal lobe.
Journal of Integrative Neuroscience - Polania, R., Nitsche, M. A., & Ruff, C. C. (2018). Studying and modifying brain function with non-invasive brain stimulation.
Nature Neuroscience