Con il termine pensieri intusivi intendiamo tutti quei pensieri che irrompono nella nostra mente senza un apparente motivo: pensieri improvvisi, che arrivano senza sapere perché né con quale obiettivo e che a volte si trasformano in pensieri negativi incontrollabili. La loro presenza, frequenza ma soprattutto la capacità di sopprimerli dipende da molti fattori individuali e le recenti ricerche sostengono che la qualità del sonno giochi un ruolo importante della gestione di questa condizione.
IN BREVE
Indice
COS’E’ UN PENSIERO?
Di certo non è facile definire un pensiero. Il termine pensiero fa parte del linguaggio comune di tutti noi eppure se ci focalizziamo bene sul significato di questa parola, non è poi così scontato riuscire a definirlo appropriatamente. La treccani definisce il termine pensiero come l’attività psichica mediante la quale l’uomo acquista coscienza di sé e della realtà che egli considera come esterna a sé. In generale, il pensiero è un insieme di immagini, parole e significati capaci di inferire sulla nostra vita e sulle quali ci basiamo nel momento in cui ci troviamo a dover decidere delle nostre azioni. La capacità di pensare, ovvero la facoltà relativa alla formazione di contenuti mentali, è la capacità principale che distingue l’uomo dagli animali e il pensiero in quanto tale è il vero e proprio atto della ragione, che acquisisce poi anche un accezzione immaginativa, emozionale e mnemonica.
PENSIERI E PENSIERI INTRUSIVI
Ma cosa distingue un pensiero intrusivo da un normale pensiero? E per quale motivo lo chiamiamo così? Una comune definizione di pensiero intrusivo è un pensiero o una immagine che percepiamo come esterno e che non riconosciamo come parte di noi; qualcosa che si è introdotto forzatamente, contro la nostra volontà, nella nostra mente e che facciamo fatica a scacciare. La loro presenza, o meglio la loro “irruzione” incontrollata a rende questi tipi di pensieri particolarmente dolorosi e invalidanti al punto di influenzare negativamente molte delle principali sfere della vita di ognuno di noi, soprattutto quella sociale. La sfera sociale infatti è particolarmente colpita nella vita delle persone che sperimentano questo tipo di pensieri poiché spesso questi hanno a che fare con false credenze relative al mondo interpersonale, intaccando direttamente il funzionamento relazionale e l’autostima. Il pensiero, in generale è il più meraviglioso e funzionale strumento che abbiamo per progettare la nostra vita ma nel momento in cui perdiamo il controllo su questo, può diventare disfunzionale: modalità di pensiero come l’overthinking o, appunto, la impossibilità di scacciare i pensieri intrusivi ci distraggono dal momento presente, ci paralizzano in una modalità rimuginativa impedendoci di procedere all’azione.
Pensieri intrusivi: non solo pensieri negativi
Tali pensieri non sono necessariamente negativi: “Avrò abbastanza cibo per preparare la cena?”, “Mi sono ricordato di chiamare il mio collega?”, “A che ora chiude la lavanderia?” sono esempi di pensieri che potrebbero improvvisamente comparire nella nostra mente mentre siamo nel pieno dello svolgimento di un’altra attività nonostante la loro natura non particolarmente negativa o fastidiosa. Pur non essendo esempi di pensieri svalutanti essi irrompono nel nostro spazio mentale interrompendo per un attimo ciò che stavamo facendo e occupando la nostra mente senza il nostro permesso e contro la nostra volontà. Nonostante questo non abbia in realtà causato in noi nessun particolare disagio, se non quello di averci distratto dal nostro impegno, l’occupazione della nostra mente è effettivamente avvenuta e questo potrebbe in alcuni casi causare danni. I pensieri intrusivi infatti diventano un problema non solo quando ci causano sofferenza ma anche quando rischiano di ingombrare la nostra mente invalidando la nostra concentrazione per tutto il giorno e sopratutto quando questi diventano motivo di perdite di tempo e procastinazione, causando quindi distrazione durante le nostre attività diurne, calando in performance nei nostri compiti e non essendo totalmente presenti.
RELAZIONE CON IL TRAUMA
Nell’ambito del disturbo da stress post traumatico, la presenza di pensieri intrusivi risulta essere un sintomo cardine. Infatti, le persone che soffrono di condizioni psichiatriche come il disturbo da stress post-traumatico (PTSD) e il disturbo depressivo maggiore (MDD) sperimentano tipicamente un numero sproporzionato di intrusioni di ricordi indesiderati relativi a traumi passati oltre che sperimentare grande difficoltà nel limitare la durata e la ricorrenza di queste intrusioni. L’umore delle persone affetta da questi disturbi è ovviamente invalidato dalla presenza di questi pensieri intrusivi che aggravano in questo modo la deregolazione affettiva tipica di queste condizioni. Nel caso dei disturbo post traumatico da stress questi pensieri possono essere anche chiamati flashback, nel momento in cui il contenuto è relativo alla memoria traumatica. Durante i flashback la persona traumatizzata viene immediatamente trasportata indietro nel tempo, trovandosi di fronte a frammenti e pezzi del trauma o addirittura si trovano a confrontarsi con l’intera esperienza. Tuttavia, l’aspetto maggiormente invalidante e negativo di questa tipologia di pensieri intrusivi trauma-related non risulta essere il pensiero in sé ma le forti emozioni che la persona esperisce insieme a questi. Le emozioni e le sensazioni che un pensiero intrusivo può suscitare infatti può portare la persona a spaventarsi profondamente vedendola costretta a interrompere le sue attività apportandole problemi sul lavoro, nelle relazioni familiari e, in generale, nel normale funzionamento personologico.
PENSIERI INTRUSIVI, QUALITA’ DEL SONNO E CAPACITA’ DI ELIMINARLI
I pensieri automatici intrusivi, siano essi relativi a esperienze traumatiche o meno, non solo sono indesiderati, ma sono difficili, se non impossibili, da eliminare dalla nostra mente. La capacità di fronteggiare i pensieri intrusivi deriva infatti da molti fattori che contribuiscono nell’avere effettivamente successo nel processo di soppressione del pensiero. In generale, ognuno di noi ha una sua modalità per scacciare i pensieri indesiderati e le tecniche utilizzate per sopprimere tali intrusioni dalla memoria variano ampiamente da caso a caso; tuttavia, i fattori che regolano la capacità di soppressione sono poco conosciuti. La ricerca nell’ambito delle neuroscienze si sta infatti dirigendo verso la formulazione di alcuni paradigmi che possano aiutare gli esperti a comprendere maggiormente i meccanismi alla base della soppressione dei pensieri intrusivi in quanto, maggiori conoscenze in questo campo, potrebbero apportare notevoli benefici sia alla popolazione comune che alla popolazione clinica vittima di questo fenomeno. La capacità di controllare ricordi e pensieri intrusivi infatti può essere studiata in laboratorio misurando il successo delle persone nel sopprimere il recupero di memoria associata ad un determinato stimolo. Ad esempio, un’attività ampiamente utilizzata in laboratorio, nota come paradigma think/no-think (TNT), richiede ai partecipanti di impegnarsi attivamente (pensare) o sopprimere (non pensare) il recupero di un ricordo quando viene presentato uno stimolo associato, soprattutto relativo ad immagini avverse. L’intrusione si verifica quando i tentativi dei partecipanti di sopprimere il recupero durante le prove nella condizione non-pensare falliscono e lo stimolo innesca un recupero involontario della memoria associata.
La relazione con la qualità del sonno
Per comprendere quale sia il ruolo del sonno nell’ambito dei pensieri intrusivi è necessario fare un passo indietro. Si ritiene che la capacità di soppressione del recupero sia intrinsecamente legata al controllo inibitorio. Secondo l’ipotesi del deficit inibitorio, le differenze individuali nella regolazione dei ricordi intrusivi derivano dalla variazione della funzione di inibizione sottostante. Questa ipotesi prevede che le condizioni che sollecitano il controllo inibitorio siano le stesse che regolano la capacità di sopprimere i pensieri indesiderati. Negli adulti sani, la privazione del sonno compromette il funzionamento cognitivo, in particolare il controllo esecutivo, rendendo la perdita di sonno un importante fattore candidato nella mediazione delle fluttuazioni nel controllo del pensiero. Le reti del lobo temporale prefrontale-mediale (MTL) coinvolte nella soppressione del recupero sono infatti interrotte nelle condizioni di deprivazione del sonno e questo suggerisce che avere dei ritmi di sonno irregolari possa aumentare la vulnerabilità delle persone ai pensieri intrusivi e anche alla scarsa capacità di sopprimerli. Inoltre, nella maggior parte delle condizioni psichiatriche caratterizzate dalla presenza di pensieri intrusivi vi sono anche alterazioni dei ritmi sonno veglia, sottolineando ancora una volta la relazione tra la qualità del sonno e i pattern tipici dei pensieri intrusivi.
Qualità del sonno: le basi neuroscientifiche
Alla luce di quanto evidenziato fino ad ora, sono stati eseguiti vari studi a supporto della tesi che la qualità del sonno abbia effettivamente un legame con la presenza di pensieri intrusivi e la capacità di sopprimerli. Questa relazione è stata indagata attraverso varie tipologie di paradigmi sperimentali applicati a soggetti sleep-deprived e non sleep-deprived, con la finalità di cogliere le differenze tra i due gruppi sperimentali. In generale, i risultati che si trovano in letteratura vanno tutti nella stessa direzione confermando come la deprivazione del sonno comprometta non solo la vulnerabilità ma anche la capacità di soppressione di pensieri indesiderati. Un recente studio dell’università di York, infatti, ha apportato ulteriori conferme a questa tesi: in questo studio venivano testati attraverso il paradigma THINK-NO THINK due diversi gruppi sperimentali di soggetti suddivisi sulla base della qualità del sonno. Il gruppo dei sleep-deprived ha subito un aumento proporzionale delle intrusioni di quasi il 50% rispetto al gruppo caratterizzato da una buona qualità del sonno, rivelando come un controllo carente della memoria possa essere predetto da una scarsa qualità del sonno. Coerentemente con un controllo inibitorio carente, privare i partecipanti del sonno ha interrotto significativamente la loro capacità di sottoregolare i pensieri intrusivi sui blocchi rispetto ai partecipanti che avevano dormito, come si evince dai punteggi di pendenza di intrusione inferiori.
COSA POSSIAMO FARE PER DIMINUIRNE LA PRESENZA
In sintesi, le recenti scoperte scientifiche sottolineano come una bassa qualità del sonno comprometta notevolmente la capacità di impedire ai ricordi indesiderati di entrare nel pensiero cosciente. Mentre la soppressione dei ricordi negativi dopo una appropriata quantità di riposo rende soggettivamente e psicofisiologicamente meno vulnerabili, lo scarso controllo delle intrusioni a seguito della privazione del sonno nega questo beneficio. Insieme a una comprensione sempre più specifica del meccanismo neurale alla base della soppressione e del recupero, questi risultati indicano il meccanismo neurocognitivo che collega i problemi del sonno alla patogenesi e al mantenimento di condizioni psichiatriche caratterizzate da sintomi intrusivi legato al controllo inibitorio. Come abbiamo visto, i pensieri intrusivi sono sintomi discreti che caratterizzano sia condizioni psichiatriche che non e possono effettivamente impattare la qualità della vita di ogni persona soggetta alla loro presenza: il ruolo attivo della qualità del sonno in questi processi sia a livello neurologico che a livello concreto ci indica una strada percorribile per sfuggire a questa tipologia di pensiero estremamente invalidante. Migliorare l’ambiente di risposo, porre particolare attenzione al mantenimento di cicli circadiani regolari e tentare di dormire almeno otto ore a notte sono alcuni accorgimenti che possono davvero fare la differenza nel momento in cui ci rendiamo conto di essere tediati dai pensieri intrusivi.
Fonte
- Harrington MO, Ashton J. Losing Control: Sleep Deprivation Impairs the Suppression of Unwanted Thoughts. (2020).
APS association for psychological science - Warman D. M. Decision-making about intrusive thoughts: Relationships to attitudes towards them. (2020).
Pubmed - Freeston, M. H., Gagnon, F. Health-related intrusive thoughts. (1994).