Nonostante non esista ancora un movimento dei diritti degli uomini/mascolinità ben conosciuto che non sia per la maggior parte anti-femminista, la questione inerente la mascolinità tossica ha acquisito una grande importanza. Come nasce? Cosa comporta?
IN BREVE
Indice
MASCOLINITÀ TOSSICA: DISTRUZIONE DELLA SENSIBILITÀ
La mascolinità tossica in psicologia, è un atteggiamento assunto dall’uomo all’interno della società patriarcale in cui vive. Le principali dinamiche di questa tossicità legata al proprio ruolo sociale definito dal sesso biologico, comprendono principalmente lo spettro emotivo. Si assiste ad una vera e propria distruzione del lato “umano”, difatti anche le emozioni più comuni vengono soppresse, scaturendo problemi di natura psichica che possono riversarsi sul corpo attraverso l’autolesionismo o l’assunzione di sostanze stupefacenti. Aderire in modo completo alla tossicità degli atteggiamenti definiti comunemente “virili”, altro non comporta che demolire lentamente l’umanità dell’uomo, disgregando il proprio tessuto sociale. È difficile definire se via sia o meno una categoria di uomini più colpita da questo fenomeno, essendo le sue dinamiche prevalentemente derivanti dal tessuto sociale in cui vive.
Le leggi del vero uomo
Ogni essere umano nasce con un proprio copione da seguire, ed il primo da apprendere è strettamente legato al suo stato d’appartenenza sessuale. La mascolinità tossica sorge sin dai primi anni d’età, inconsciamente indotta da genitori, nonni e educatori: il piccolo uomo deve sembrare forte e piangere il meno possibile. I suoi interessi devono concernere gli sport socialmente indicati come “maschili”, le auto da corsa e le figure violente e virili. In particolar modo, nei primi anni d’età viene insegnato il concetto di anti-femminilità, ossia l’obbligo di allontanare da sé tutti gli atteggiamenti socialmente reputati “femminili”, schernendo chi non lo fa. La tossicità di questo obbligo, risiede nello schema comportamentale da eseguire meccanicamente ogni giorno, fin quando da “schema” non diverrà un’abitudine che andrà man mano a disgregare ogni residuo di spontaneità. Crescendo l’uomo apprende altre modalità per sentirsi tale, ed entra nel vasto mondo della sessualità. L’eterosessualità è un dovere primario dell’uomo definito “duro”, e qualsivoglia forma d’avvicinamento all’omosessualità verrà giudicato aggressivamente. La mascolinità dunque risiede nelle leggi sociali che vengono imposte fin dalla nascita, e la difficoltà nel sottrarsi ad esse risiede nel rischio di divenire un outsider, andando ad intaccare le relazioni con gli altri. Prendendo in particolare il termine “uomo duro”, è intuibile quanto sia importante assumere un atteggiamento refrattario di fronte a qualsiasi forma di sentimento, proprio o di altri. Il vero “duro” non si lascia domare dalle emozioni e rifiuta qualsiasi accenno di empatia, applicando una sorta di “austerity” emotiva secondo la quale è obbligatorio non esprimere liberamente le proprie emozioni né in pubblico né in privato. Tutte le caratteristiche descritte appartengono totalmente all’immaginario maschile, basti pensare a quanto normale sia pronunciare il termine “uomo duro”, e a quanto non lo sia parlare di “donna dura”.
VIETATO CHIEDERE AIUTO
Frutto dell’educazione di stampo “anti-femminilità”, l’importanza del chiedere aiuto cede il posto ad una chiusura emotiva deleteria. È evidente che le espressioni facciali dei bambini e delle bambine nei primi mesi d’età non presentino differenze, ma con l’educazione impartita dagli adulti si assiste ad una differenziazione inevitabile. È così che i maschi vengono educati per non diventare femmine, stereotipando entrambi i generi attraverso norme di comportamento privato e pubblico. Il maschio deve rigidamente controllare i muscoli del proprio viso, facendo molta attenzione a non lasciar trapelare troppe informazioni sul suo reale stato d’animo, soprattutto se negativo. La mascolinità tossica, lo diviene realmente quando la società si aspetta che il soggetto in questione faccia o non faccia determinate cose, tra cui chiedere aiuto.
Il rapporto con le emozioni negative
Esprimere emozioni negative è una possibilità che non viene concessa, e man mano che si avanza con l’età, diviene un divieto anche provare quelle emozioni, provocando disfunzioni estremamente dannose. L’uomo “duro” si frammenta lentamente e si dimena nella “bolla di genere” che egli stesso ha contribuito a costruire, rendendola più solida nel corso degli anni e trasformandola in un’ansia sociale. Il dramma più grande è che la possibilità di chiedere aiuto non viene vista di buon occhio nemmeno quando è il fisico a richiederlo, poiché la “durezza” verrebbe compromessa. In questo modo, va a formarsi il senso di invincibilità che l’uomo deve mantenere nel corso della sua vita, mostrandosi sempre coraggioso e disinteressato di fronte a quelle problematiche che potrebbero portarlo ad un rapido deterioramento anche di natura fisica. Quest’ideale tossico spinge dunque gli uomini a rifiutare ogni atteggiamento simbolo di vulnerabilità, poiché si accosterebbe troppo al mondo femminile, respingendo la prevenzione delle malattie e considerando inutile assumere uno stile di vita sano. È così che un uomo che si mostra interessato o preoccupato per le proprie malattie o la propria salute, viene considerato un debole, un ipocondriaco, o identificato con il termine “femminuccia”.
STRESS CORRELATO AL RUOLO DI GENERE
La mascolinità tossica sortisce i suoi effetti psichici a lungo termine aumentando i livelli di stress, e distruggendo la capacità di essere spontanei anche con le persone più care. Sfortunatamente, anche le relazioni amorose risentono di questa dinamica, specialmente a causa dell’idea che si ha delle donne come esseri vulnerabili e bisognosi della protezione maschile. In questo modo, l’uomo si sente obbligato a dover mantenere un tono forte e autoritario, poiché qualsiasi forma di lamentela o ammissione nei confronti di una situazione negativa o problematica, sarebbe vista dallo stesso partner come “poco virile”. Un esempio concreto sono quelle situazioni in cui uomini appartenenti al mondo dello spettacolo, vengono violentati psicologicamente o fisicamente dal proprio partner. Nel momento in cui essi denunciano pubblicamente le violenze subite, vengono sottoposti ad una gogna pubblica, una sorta di “violenza secondaria” nella quale vengono ridicolizzati e considerati uomini privi di virilità, durezza, forza. Da qui si snodano tutti quegli atteggiamenti tipicamente maschili che causano un profondo senso di insoddisfazione personale, tra cui l’infallibilità. L’incontrollabile mania di essere sempre vincenti e di arrivare sempre primi è un requisito fondamentale per essere un “uomo tutto d’un pezzo”, nel mondo del lavoro e dell’istruzione è comune che un uomo si senta de-virilizzato quando non raggiunge i propri obiettivi. Anche il sesso è un aspetto importantissimo, e per quanto rappresenti l’espressione della pura naturalezza umana, è divenuta un’azione eseguita attraverso schemi precisi pur di non perdere il senso di mascolinità. L’uomo è un dominatore, e in quanto tale non può discostarsi da questa realtà. Deve dunque essere ossessionato dal sesso, non sottrarsi mai alla possibilità di avere un rapporto, essere sempre pronto e prestante. Lo stress causato da questi obblighi è principalmente mediato dalla così detta “inconsapevolezza di genere”, una cecità sociale che rende invisibili i privilegi agli occhi di chi li possiede, ma ciò vale anche per gli stereotipi. Se gli uomini si rendessero conto di potersi comportare come esseri umani, senza aderire ad alcun obbligo comportamentale, senza la paura di sentirsi deboli o vulnerabili, riacquisirebbero la loro vera umanità, perdendo il bisogno di mostrarsi indistruttibili e violenti pur di promuovere la loro virilità.
L’inconsapevolezza
Dall’inconsapevolezza, è facile comprendere quanto questa tossicità venga promossa pubblicamente da leader politici, film, pubblicità e programmi televisivi. I classici “non sei un uomo se”, “fai questo, come un vero uomo” sono lo spettro di una società patriarcale e maniacalmente incentrata sull’apparire come gli altri vorrebbero. Si possono trovare diversi esempi di propaganda basata sulla mascolinità tossica in diversi libri di psicologia sociale. Tra questi, vi sono le campagne elettorali di Trump, da sempre definitosi come un super-maschio dominatore, sia con le donne che con gli uomini. Egli ha spesso deriso in modo sessista numerose giornaliste, facendo lo stesso generalizzando nel parlare di donne. Un aspetto interessante è anche lo scontro con gli avversari politici maschi con i quali ha dimostrato di saper utilizzare egregiamente termini stereotipicamente de-virilizzanti come “debole” o “perdente”. La speranza degli psicologi sociali, è un radicale cambiamento della mentalità legata genere che vada a eradicare gli stereotipi, le leggi e gli obblighi ai quali ogni essere umano deve conformarsi per rispettare il proprio ruolo sociale. Coltivare delle qualità positive in quanto esseri umani, anziché in quanto uomini o donne, porterebbe all’inconscio mutamento dell’attuale mentalità, andando automaticamente a distruggere il copione che ogni essere umano è costretto a seguire sin dalla nascita.
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Fonte
- “Uomini duri. Il lato oscuro della mascolinità” di Maria Giuseppina Pacilli
Ibs - “The Myth of Masculinity” di Joseph Pleck
ResearchGate