Probabilmente non sono solamente i soldi che ci rendono felici, ma scientificamente parlando contribuiscono a rendere le famiglie più tranquille. D’altra parte, il bambino che nasce nella famiglia dallo status socioeconomico elevato potrebbe facilmente adagiarsi sulla comodità di questa condizione, trascurando lo studio e la crescita personale…
IN BREVE
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EFFETTI DELLO SVANTAGGIO SOCIOCULTURALE
Per rispondere alla domanda che intitola questo articolo: dipende. Probabilmente non sono solamente i soldi che ci rendono felici, ma scientificamente parlando contribuiscono a rendere le famiglie più tranquille, di conseguenza meno predisposte alle conflittualità e alle difficoltà, il che le rende potenzialmente meno problematiche, dunque più felici. D’altra parte, il bambino che nasce nella famiglia dallo status socioeconomico elevato potrebbe facilmente adagiarsi sulla comodità di questa condizione, trascurando lo studio e la crescita personale, credendo di avere i mezzi per sopravvivere. In questo modo correrebbe il rischio di non vivere le esperienze formative autoconoscitive dei coetanei e, arrivato il periodo dell’età adulta, potrebbe sentirsi vuoto e senza scopo. Ricco, ma senza ambizioni, o con ambizioni incongrue rispetto al suo modo di essere: sarebbe felice? D’altro canto, le famiglie che vivono in condizioni di povertà tendono ahimè a crescere nello svantaggio socioculturale, dal momento che l’insegnamento, le università e le scuole sono fuori budget, di conseguenza i posti di lavoro più remunerativi vengono loro preclusi. Si instaura un circolo vizioso di povertà e trascuratezza che purtroppo tende a perdurare di generazione in generazione. Vedremo nelle prossime righe come lo status socioeconomico è un fattore di rischio per la patologia mentale, dal momento che plasma il cervello in modo tale da renderlo particolarmente sensibile agli stressor.
Status socioeconomico: definizione ed esempio
«Status socioeconomico» non indica il semplice «ceto sociale», è frutto della sommatoria tra svantaggio socioculturale e povertà. Difatti le due condizioni non sempre coincidono: può capitare ad esempio che una persona molto istruita (alto vantaggio socioculturale) perda il lavoro e di conseguenza perda anche soldi e alloggio (condizione di povertà). Lo svantaggio socioculturale indica il ridotto livello di risorse educative e sociali nel contesto famigliare, mentre la povertà descrive la permanenza prolungata al di sotto di un livello critico di risorse economiche. A grandi linee, lo status socioeconomico rappresenta la combinazione tra questi due elementi. In verità non è altrettanto facile dare una definizione accurata di status socioeconomico in sociologia, vi è un problema metodologico alla base che rende difficile la misurazione del suddetto costrutto. Come quantificarlo? Tra i possibili indicatori abbiamo:
- Il livello occupazionale e di istruzione dei genitori;
- Il reddito;
- Le condizioni di abitazione (ambiente rurale-urbano).
Altri indicatori sono quelli utilizzati dall’indice di Hollingshead: il livello educativo/culturale e il lavoro svolto. Il livello educativo è misurato su una scala a 7 gradi così costituita (per il campione italiano): 1. Scuola primaria; 2. Scuola secondaria di I grado; 3. 2/3 anni di scuola secondaria di II grado; 4. Diploma; 5. Qualche anno di Università; 6. Laurea; 7. Corsi/Specializzazione post-università. Il tipo di lavoro viene invece classificato per mezzo di una scala a 9 punti, da mansioni «povere» e socialmente poco qualificanti ad occupazioni economicamente rilevanti o socialmente più importanti. Ai fini della ricerca vi è un secondo indice dello status socio-economico-culturale (ESCS), usato per statistiche internazionali OCSE-PISA. Si basa su tre nuovi indicatori: status occupazionale dei genitori, livello di istruzione dei genitori, possesso di alcuni specifici beni materiali (posto tranquillo per studiare con computer, scrivania, enciclopedia, camera privata…). Sebbene le variabili descritte sembrano spiegare il costrutto in modo ottimale, il problema della definizione in modo univoco resta. Ciò che accomuna tutte le misurazioni sono le seguenti condizioni:
- Reddito stabilmente sotto soglia critica
- Malnutrizione/malattie
- Condizioni abitative critiche
- Basso livello di istruzione proprio e dei genitori
- Inadeguatezza sociale/educativa della famiglia
Più l’intensità di questi fattori è elevata, minore sembra essere lo status socioeconomico dei bambini e delle famiglie.
Fattori biologici legati alla condizione di povertà
Dobbiamo immaginarci come parte di un sistema, al variare di un parametro, gli altri si modificano a loro volta. Per questa ragione i problemi delle famiglie «povere» purtroppo non si limitano alla sfera economica, pensiamo alle possibili conseguenze sulla salute dovute ad un basso status socioeconomico:
- Scarso accrescimento intra-uterino causato dalla malnutrizione della madre durante la gravidanza;
- Conseguente sviluppo cognitivo inferiore (visibile anche a 2-3 anni);
- Maggior frequenza di problemi comportamentali in adolescenza;
- Malnutrizione a cui seguono 1. una riduzione del QI e del rendimento scolastico (anche in adolescenza); 2. una possibile carenza di iodio che può portare ad ipotiroidismo e disabilità intellettiva; 3. carenza di ferro con effetti negativi non solo su sviluppo intellettivo, ma anche socio-emotivo; 4. maggior rischio di infezioni con possibili effetti su sistema nervoso e sullo sviluppo cognitivo.
Il modo con cui si sviluppa il cervello non è di certo la prima preoccupazione quando si parla di status sociale. Tuttavia, se pensiamo che le traiettorie di sviluppo sono plasmate anche dall’agiatezza, il discorso cambia. Un’evidente dimostrazione dell’evoluzione cerebrale in funzione dei differenti parametri ambientali è data dall’input linguistico. Il modo con cui i genitori parlano ai bambini è influenzato da una serie di variabili, fra le quali la presenza/assenza di svantaggio socioculturale e la presenza/assenza di elevati livelli di stress genitoriale. Sono stati osservati:
- Diversi codici linguistici in relazione alla classe sociale: codice ristretto associato allo svantaggio economico; codice elaborato associato alla condizione base;
- Utilizzo di diverse funzioni comunicative, ad esempio, più direttive nelle situazioni di maggiore stress;
- Diverse caratteristiche prosodiche. Pare vi sia una minore modulazione del contorno intonazionale nei genitori più stressati.
Coscienza, come funziona? Stando agli studi evoluzionistici, è anche grazie allo sviluppo della funzione linguistica che siamo diventati animali razionali ed autoconsapevoli. Tutt’ora il linguaggio è il primo passo per iniziare ad allenare il cervello: più è complesso, più sono complesse le rappresentazioni astratte che va a definire nella mente di chi lo usa e le connessioni tra di esse. Ne derivano maggiori abilità di elaborazione cognitiva e comportamenti più razionali. Da uno studio di Rowe del 2008 sull’effetto dello status socioeconomico sull’input rivolto a bambini di 30 mesi è emerso che le madri con minore livello di educazione e reddito più basso:
- Tendono ad utilizzare un vocabolario meno variegato;
- Producono frasi più brevi e meno complesse;
- Producono una percentuale superiore di direttive («gioca con il cane» anziché «guarda che bel cagnolino! Bau Bau, hai voglia di giocarci?»);
- Hanno una minore conoscenza dello sviluppo del bambino. Questa variabile è un mediatore della relazione tra status socioeconomico e input perché, non sapendo cosa fa bene e cosa fa male al bambino, non si preoccupano delle conseguenze, perciò tendono a trascurarlo dal punto di vista socioaffettivo.
Fattori psicosociali
Non finisce qui, pensiamo alle conseguenze psicosociali dovute alla condizione di povertà. Innanzitutto le funzioni genitoriali sono a rischio: la disciplina tende ad essere più aspra, talvolta legata a una maggiore conflittualità famigliare, con elevata frequenza di punizioni fisiche e di un controllo educativo autoritario; la coerenza nel far rispettare le norme è scarsa e l’atteggiamento nei confronti dell’emotività del figlio è di tipo trascurante; la sorveglianza risulta essere inadeguata e spesso invadente. Ne conseguono maggiori influenze negative dal gruppo di coetanei e propensione verso l’esperienza di strada. I legami di attaccamento risultano essere più deboli, specie nei casi in cui vi è un sovraccarico di stress dovuto alla difficoltà economica. Nelle famiglie in difficoltà sono stati osservati:
- Una maggiore frequenza di depressione materna;
- Una minore qualità delle cure legata a disturbi dell’attaccamento. Dal video sottostante è evidente come socializzare con un genitore che non reciproca crea enorme disagio e minimizza l’apprendimento di risposte adeguate ai contesti;
- Minore accesso a stimoli e servizi adeguati all’età: minore accesso ai servizi di salute mentale per via di stigmatizzazione e povertà, minore accesso ai servizi di cura in generale, minore accesso alla stampa, maggiore esposizione alla violenza a partire dalla semplice violenza domestica;
- Disturbo post-traumatico da stress, problemi attentivi;
- Tendenza al persistere della povertà, ovvero difficoltà anche per le generazioni successive ad uscire dalla situazione. Fa sì che il circolo vizioso non venga interrotto.
I risultati a breve e lungo termine del English and Romanian Adoptee Study dimostrano l’effetto della deprivazione ambientale sullo sviluppo dei bambini (emotivo, cognitivo, affettivo). Trattasi di uno studio iniziato negli anni ‘90 su bambini che hanno vissuto i primi mesi di vita in orfanatrofi all’insegna della trascuratezza, per poi essere adottati da famiglie inglesi benestanti. Le condizioni degli orfanatrofi erano caratterizzate da scarsa igiene, poca cura individuale, sotto-stimolazione cognitiva e sociale. I bambini sono stati valutati in follow-up condotti a 6, 11, 15 anni e recentemente a 22-25 anni (Sonuga-Barke et al., 2017). I piccoli esposti per meno di 6 mesi all’ambiente deprivante non hanno mostrato conseguenze negative a lungo termine, quelli esposti per più di 6 mesi hanno mostrato conseguenze a livello cognitivo e sociale anche in adolescenza e in età adulta. Spesso le conseguenze della trascuratezza sono visibili sul lungo termine, per questa ragione associazioni come l’Albero della Vita ONLUS hanno come scopo quello di aiutare un bambino oggi per rendere migliore (e felice) un adulto domani.
STATUS SOCIOECONOMICO E POVERTÀ: FATTORI PROTETTIVI
Non tutte le rose crescono ricche di spine, una significativa percentuale di bambini vissuti in condizioni di elevata povertà mostrano uno sviluppo sociale e cognitivo positivo. Quali sono i fattori protettivi? Tra le cause interne al sistema famigliare abbiamo:
- Una buona comunicazione in famiglia;
- Uno stile genitoriale funzionale;
- Valori educativi positivi;
- Resilienza spontanea contro le circostanze avverse.
Tra le cause esterne:
- Reti di supporto personale e sociale (amici oppure un buon vicinato). Più c’è supporto sociale (per il genitore), più il genitore è soddisfatto del proprio ruolo, di conseguenza si comporta in modo migliore con i figli e sviluppa un migliore attaccamento;
- Qualità del sistema di educazione extra-familiare nei primi anni;
- Mescolanza sociale nel contesto di vita (quartiere e scuola), dunque il fatto di essere circondati non solo da altre persone povere (cosa he creerebbe «l’effetto ghetto»), ma anche da benestanti.
Sulla base di queste evidenze vi sono alcune accortezze che potrebbero bypassare il problema del basso status socioeconomico:
- Favorire la comunicazione in famiglia rendendo il bambino un partner «attivo»: chiedergli cosa desidera, anziché dargli solo qualcosa senza domandarsi cosa preferisca;
- Negoziare le regole spiegando il perché di alcune condizioni. In adolescenza è facile avviare una discussione matura: «secondo te qual è l’orario migliore per rincasare la notte?». È più difficile che il ragazzo lo rispetti se questo viene dato con rigore, senza transigere;
- Fare in modo che il bambino prenda parte alle discussioni, zittirlo in quanto bambino è controproducente.
I suddetti suggerimenti hanno valenza generale, per tutte le famiglie, anche le più agiate, dove spesso e volentieri la comunicazione in famiglia viene a mancare tanto quanto nelle famiglie con basso status socioculturale. Tuttavia, in particolar modo nelle ultime, si riscontra uno stile genitoriale aspro e minaccioso, agli antipodi rispetto allo stile educativo descritto nei tre punti succitati. Intervenire sullo stile genitoriale può essere molto utile per rendere la famiglia più funzionale nonostante le difficoltà:
- Sviluppare nel genitore la capacità di mettersi in discussione;
- Favorire l’adozione di uno stile meno rigido (meno punizioni e minacce)
- Supportare i genitori per evitare atteggiamenti trascuranti;
- Lavorare sulle gratificazioni che non possono essere solo «materiali». Frequente nei casi di svantaggio culturale è l’uso dell’oggetto piuttosto che l’esperienza
A supporto di queste famiglie vi sono svariati interventi dal punto di vista psicoeducazionale, il parent training è uno di questi.
L’importanza dell’educazione
Per quanto riguarda l’educazione, è stato dimostrato che ad un maggior investimento economico (nei bambini) in età prescolare, è associata una minore problematica in età adulta. Difatti la plasticità cerebrale è decisamente maggiore nei bambini più piccoli, perciò uno stesso stimolo «buono» in età prescolare può avere un effetto più significativo rispetto a quello che potrebbe avere lo stesso stimolo in età adulta. Tra le prime ipotesi vi era quella secondo cui l’asilo nido creava dei deficit nel bambino, ma con il tempo è stato visto che l’asilo, al contrario, va a compensare molto l’ambiente carente del contesto familiare, quando questo è carente (ipotesi compensatoria); quando non lo è, allora l’effetto non è particolarmente significativo. Affinché vi sia una compensazione è ovvio che l’istruzione deve avere una certa qualità. Quali sono le variabili che intervengono sulla «qualità» di una struttura educativa prescolare?
- Rapporto numerico educatrici/bambini. La ricerca suggerisce tante educatrici, ma stabili, non variabili;
- Livello di istruzione delle educatrici;
- Caratteristiche fisiche dell’ambiente e ordine generale;
- Programmazione delle attività didattiche. Un caso esemplare è quello dell’associazione Nati per leggere che invita i genitori a leggere libri e storie a voce alta con prosodia adeguata all’età.
Il cosiddetto progetto Abecedarian Project dimostrò quanto fosse effettivamente valida l’educazione nei primi anni di vita. 111 bambini svantaggiati all’età di 3 mesi vennero assegnati in modo casuale alla condizione sperimentale (Istruzione basata su centri di alta qualità ) oppure a quella di controllo (allevato a casa o nella varietà di strutture di assistenza all’infanzia utilizzate da famiglie locali a basso reddito). Entrambi i gruppi vennero seguiti fino all’età adulta. Il gruppo di intervento mostrò:
- Uno sviluppo cognitivo più elevato da 18 mesi in poi;
- Una maggiore competenza sociale nella scuola materna;
- Migliori risultati scolastici;
- Maggiore frequenza all’università;
- Ritardo nella gravidanza;
- Migliore occupazione;
- Meno fumo e consumo di droghe.
Le estese sperimentazioni longitudinali hanno dimostrato come l’intervento educativo precoce costituisca un mezzo efficace per ridurre le conseguenze dello svantaggio socioeconomico. Per tornare alla domanda del titolo, i soldi fanno la felicità? Forse no se considerati in quanto variabili autonome, ma tendenzialmente contribuiscono a crearla se visti come parte del sistema socioeconomico. Eppure è difficile considerarli variabili autonome dal momento che, per definizione, sono strumenti creati appositamente dall’uomo tramite atti linguistici per la regolazione del sistema sociale…
Fonte
- Psicologia dei legami familiari, Il mulino.
Scabini E. & Iafrate R. (2019) - Ecologia dello sviluppo e individualità, Raffaello Cortina Editore.
Varin D. (2005) - Sonuga-Barke, E. J., Kennedy, M., Kumsta, R., Knights, N., Golm, D., Rutter, M., … & Kreppner, J. (2017). Child-to-adult neurodevelopmental and mental health trajectories after early life deprivation: the young adult follow-up of the longitudinal English and Romanian Adoptees study.
ScienceDirect - Campbell, F. A., Pungello, E. P., Burchinal, M., Kainz, K., Pan, Y., Wasik, B. H., … & Ramey, C. T. (2012). Adult outcomes as a function of an early childhood educational program: an Abecedarian Project follow-up.
APA PsychNet